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Recensione : THE DEVILS – LET THE WORLD BURN DOWN

THE DEVILS – LET THE WORLD BURN DOWN

Appena usciti dal delirio del circo sanremese (a proposito… se lagggente italica pensasse a risolvere i gravi problemi che flagellano l’Italia con la stessa attenzione maniacale e lo stesso fanatico trasporto emotivo, quasi da guerra santa religiosa, con cui si occupano del festivàl di Sanscemo, il nostro Paese sarebbe il posto migliore al mondo dove vivere) gli italiani devono (o almeno, dovrebbero…) disintossicare orecchie e cervelli. E un buon modo per farlo glielo fornisce un duo proveniente da Napoli.

No, Napoli non è solo “Un posto al sole”, “Gomorra”, “Il castello delle cerimonie”, “Mare fuori”, disagiati semianalfabeti diventati “star” sui social network e altro trash mediatico/televisivo/telenovele/fiction stereotipate. Napoli, quando vuole, dalle sue viscere sa anche partorire figli che sanno offrire al mondo del sano e genuino rock ‘n’ roll, e i Devils ne sono un ottimo esempio. Dal 2015 a oggi, infatti, Erica “Switchblade” Toraldo (batteria e voce) e Gianni “Blacula” Vessella (chitarra e voce) hanno esportato un lato diverso (e, per certi versi, “insolito”) del capoluogo campano, “blasfemo”, selvaggio e alternativo ai soliti luoghi comuni partenopei sulla comicità/ospitalità (e soprattutto sulla piaga della musica neomelodica in odore di malavita organizzata) suonando in giro per i palchi italiani ed europei (e con qualche data anche in Canada) esibendosi in oltre cinquecento concerti. Questi ragazzi se ne fottono della solarità/empatia meridionale e del trademark napoletano pizza/cibo/mare/sole/ammmore/mandolino e quando salgono on stage ti sbattono in faccia uno spettacolo crudo, fragoroso, scorbutico e iconoclasta, con un immaginario che si nutre di b-movies, sonorità punk/blues/fuzz/noise, tanta sconceria e caos pagano.

Erica e Gianni, dismessi ormai da qualche tempo i travestimenti in “abiti talari” da suora invasata e prete deviato (perché – come ci hanno spiegato in una nostra intervista – prima credevano che la genesi del male fosse la Chiesa cattolica con la sua farsa della divinità, mentre ora hanno scelto di colpire direttamente alla matrice: l’umano, cioè colui che ha partorito l’idea di dio perché il suo nemico non è il peccato ma la morte, e Dio è solo il marchio dell’impostura e della stupidità umana che oltraggia l’unica cosa realmente onnipotente, la Natura, e le religioni sono come le lucciole: per risplendere hanno bisogno dell’oscurità) non hanno certo ammorbidito la ragione sociale del loro moniker, ne hanno solo modificato i dettagli, ampliando il loro ventaglio sonico verso lidi heavy/psych rock (frutto della collaborazione col noto musicista e produttore Alain Johannes nel loro precedente long playing, “Beast must regret nothing“, datato 2021, che poteva vantare anche un featuring del compianto Mark Lanegan in un brano) affiancando, oltre alla tensione sessuale “scandalosa” dello show carnale sul palco, anche il concettuale disgusto per il genere umano, avversione esemplificata anche nel titolo del loro nuovo full length, “Let the world burn down“, quarto studio album complessivo dei nostri, nonché secondo pubblicato su Go Down Records (includendo anche il disco dal vivo “Live at maximum festival“, uscito lo scorso anno) dedicato espressamente “ai fratelli e alle sorelle che si sono rotti il cazzo della razza umana“.

Devils - The Devils - Let The World Burn Down

Let The World Burn Down” è il quarto capitolo di questa “saga demoniaca” che vede confermato il sodalizio artistico tra i Devils e il navigato Johannes (molto apprezzato per il suo approccio versatile alla musica, e che in studio ha dato modo ai ragazzi di apprendere e sperimentare) che riesce ancora una volta a potenziare il sound del duo senza snaturarlo. Le nuove canzoni – come ha rivelato il power duo – sono nate dopo l’esperienza del lockdown pandemico, quando si temeva che non ci sarebbero più stati spazi per organizzare concerti e occasioni per suonare dal vivo, e al conseguente sconforto dovuto a questa probabile prospettiva (per fortuna scongiurata) Gianni ed Erica avevano reagito tuffandosi a capofitto nella composizione di nuovi brani, spinti dalla voglia di allargare i propri orizzonti musicali e traendo energia e ispirazione dall’ascolto di tanto blues e soul, genere omaggiato nella cover – riarrangiata alla Devils maniera, cioè rumorosa e fracassona – di “Big City Lights” (Wilkerson Brown). E non è l’unico rifacimento, perché i nostri mettono mano anche a un singolone rockabilly come “Teddy Girl Boogie” (col titolo riadattato da “Teddy Boy Boogie” di C. Grogan & L. Needs) con ottimi risultati. Ma il cuore del disco resta la conferma della formula adottata nel precedente full length: un mosaico sonoro compatto, smussato degli angoli più estremi del loro distorto muro di suono, che privilegia una maggiore messa a fuoco dei brani, arrangiati (sotto la sapiente guida di Johannes) e bilanciati in modo da far coesistere melodia e marciume. Questo processo coinvolge praticamente tutti i dieci pezzi dell’Lp, a cominciare dal singolo apripista “Divine is the illusion“, che parte cadenzato per poi deflagrare nei suoi dream beats tribali e il suo riffone blues imbevuto di heavy rock che riecheggia stilemi che hanno fatto le fortune di formazioni come Black Rebel Motorcycle Club e Queens of the Stone Age, e la successiva “Killer’s kiss” resta su lidi heavy/psych à la QOTSA/Blue Cheer corretto White Stripes. Le scorribande garage/glam/blues punk di “Mr Hot stuff“, “Shake ‘em” e del quasi-strumentale “Roar II” (che si ricollegano ai suoni più grezzi e feroci dei primi due album) sono mitigate dalla malinconica bluesy ballad “Til life do us part” (ma niente spazio alla tenerezza da lenti sentimentali, qui parliamo di passione che brucia le budella e, se chiedete alla band di essere più smielata, Erica potrebbe prendere un machete e tagliarvi la testa, così come raffigurato nella truculenta copertina del long playing, in cui a “farne le spese” è stato Gianni). La penultima traccia “The last rebel” lascia il posto alla conclusiva “Horror and desire“, autentica highlight dell’opera, col canto a due voci e la partecipazione attiva di mister Johannes con un azzeccato assolo di chitarra e le desert rock vibes qui sono garantite.

Questi ragazzi continuano a flirtare con le fiamme dell’inferno e raramente deludono le aspettative, con “Let the world burn down” alzano ancora di più l’asticella diabolica e con la loro grinta, cazzimma e verace attitudine rock ‘n’ roll possono legittimamente aspirare (o almeno, glielo auguriamo vivamente, anche grazie alla buona pubblicità data da Johannes) a varcare l’oceano e sbarcare stabilmente anche negli States a fare una race with the devil sulle strade e i sentieri che il blues e il R’N’R lo hanno visto nascere e infuocarsi. Magari a quel famoso incrocio potrebbero trovare il fantasma di Robert Johnson che rinnova il patto con Lucifero commissionando ai Devils una colonna sonora da incidere per un nuovo immaginario film di Ken Russell. Finché questo (non) accadrà, correte a vederli suonare live (e ve lo dice il Reverendo, che a ‘sto giro esclama: “Vade retrock!”) se non volete che le vostre anime siano dannate in eterno e date in pasto a Satana!

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