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Recensione : Non c’è ritorno di Jim Shepard

Nell’introduzione a questi racconti, ha scritto: “Imparare a perdere una partita, dopotutto, non è un modo sbagliato per iniziare a imparare come perdere qualcosa di più grave. Non c’è ritorno di Jim Shepard

“Non c’è ritorno” di Jim Shepard, edito da 66THAND2ND

Non c’è ritorno di Jim Shepard

Non c’è ritorno” è una raccolta di dieci racconti toccanti e sorprendenti frutto di fantasia e di scrupolose ricerche storiche, una galleria di personaggi tormentati, ingenui, orgogliosi, perennemente stupiti dalla potenza della natura e dalle difficoltà delle sfide che hanno scelto di affrontare; fra gli altri, avremo modo di incontrare una squadra di spericolati alpinisti polacchi che tentano la scalata del Nanga Parbat, un giocatore di calcio figlio di partigiani jugoslavi che attraversa la cortina di ferro per unirsi all’Ajax di Cruyff e i fratelli Prushinsky che rivivono la notte del disastro alla centrale nucleare di Chernobyl.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • Lo sport, naturalmente, come gli antichi Romani notoriamente avevano compreso, aiuta a scegliere di non affrontare la realtà. Ho un po’ meno tempo da dedicare al cambiamento climatico se perdo il sonno sugli ultimi acquisti dei Vikings.
  • (…) è un tuono solo quando scoppia sulla tua testa.
  • Avrei voluto dirle che io ero come l’uomo che dopo un cataclisma aveva legato il suo cavallo a un palo conficcato nella neve – un palo che la mattina seguente si era rivelato la punta del campanile di una chiesa.
  • Il Nanga Parbat è la nona montagna più alta del mondo, la sua cima arriva quasi all’altezza degli aerei di linea. I passeggeri che volano da Islamabad a Pechino gli passano accanto, non sopra. Sembra una piramide nel cielo sopra un oceano di nuvole.
  • Il buonsenso deriva dall’esperienza, e l’esperienza deriva dalla mancanza di buonsenso.
  • Io arrampico perché una volta tornato giù, mentre mi sto riprendendo dalla fatica, stare al mondo mi sembra più facile.
  • Le nostre teste erano delle porte di metallo che qualcuno stava prendendo a calci con gli scarponi chiodati.
  • (…) davamo fondo a ogni singola particella d’energia che avevamo in corpo per scendere vivi dalla montagna e tornare a casa, e subito dopo non vedevamo l’ora di ripartire. (…) L’unica differenza tra noi e un normale tossicodipendente era che noi non avremmo mai ammesso che ci fosse qualcosa di sbagliato in quello che amavamo fare.
  • I nostri ragionamenti vanno sempre più a rilento. Si crede che a certe altitudini uno dovrebbe pensare chiaramente, ma non è così. Il senso dell’urgenza scompare. A volte confondi l’intenzione di fare qualcosa con l’azione stessa. Diversi scalatori hanno avuto la sensazione di aver afferrato la corda di sicurezza per poi finire in caduta libera nel vuoto.
  • Decidiamo subito di alleggerire il nostro equipaggiamento, siamo talmente disperati che strappiamo anche le etichette dai vestiti pur di guadagnare qualche grammo.
  • Molte di quelle persone vestite di bianco, mi spiegò, erano i Provos, un gruppo di anarchici che guardavano al gioco e al divertimento come alla chiave per costruire un mondo migliore.
  • C’è una relazione tra la rivoluzione culturale e quella calcistica? I giornalisti volevano la nostra opinione a riguardo. Keizer disse no. Hulshoff disse di no. Krol disse di no. Muhren disse di no. Io dissi di no. Michels si rifiutò di rispondere. Cruyff disse che era un’ipotesi intrigante. Durante le interviste del dopopartita si mise a parlare dei “Progetti bianchi” dei Provos.
  • I Provos fecero un poster con Cruyff al centro e lo slogan MEGLIO I CAPELLI LUNGHI CHE LA VISTA CORTA.
  • Le cose più difficili nella vita sono le scelte (…).
  • Chi può sentirsi libero quando i suoi cari non lo sono?
  • (…) all’improvviso arrivò la policìa, che si mise a tirare manganellate come se a Cuba gli agenti li pagassero un tanto a commozione cerebrale.
  • Il genio di Johan Cruyff, capace di prevedere in campo il movimento dei compagni prima che questi lo eseguissero, sembrava talmente rivoluzionario da alludere alla tensione libertaria espressa sulle strade dai gruppi anarchici dei Provos.
  • (…) una sconfitta è assai più istruttiva di qualsiasi vittoria perché imparare a perdere, secondo la lezione del vecchio Hemingway, significa imparare a morire.

Cos’altro aggiungere? Jim Shepard è nato nel ’56, nel Connecticut, ed è considerato il maestro della short story contemporanea.

Nell’introduzione a questi racconti, ha scritto: “Imparare a perdere una partita, dopotutto, non è un modo sbagliato per iniziare a imparare come perdere qualcosa di più grave.

Come molti prima di me hanno già sottolineato, la sconfitta è un corso a cui, prima o poi, dobbiamo iscriverci tutti”.

 

Racconti
pagine 248
isbn 9788896538173
a cura di Tim Small
intro/postfazione di Eraldo Affinati

 

 

 

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