A un anno dall’Ep “Jazzploitation“, due da “Nouvelles adventures” e a tre dagli omaggi al maestro Ennio Morricone, tornano con un nuovo album i funamboli nostrani, nonchรฉ beniamini mondiali della psichedelia cinematica, i Calibro 35, combo formatosi a Milano e che, dal 2007 a oggi, intrattiene – o meglio – delizia gli ascoltatori con un sound funk/elettronico/blues/jazz/afrobeat (con venature prog.) prettamente strumentale e ispirato alle colonne sonore dei film di genere italiani polizieschi/noir/thriller/noir/gangster/gialli degli anni Sessanta e Settanta (con qualche puntatina nell’universo sci-fi) tra composizioni originali e reinterpretazioni (tra cui quelle dei temi di celebri film cult come “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto“, “Milano calibro 9“, “La classe operaia va in paradiso“, “Il buono, il brutto e il cattivo“, “Per qualche dollaro in piรน“, “Per un pugno di dollari“, “Italia a mano armata” e altri).
Nati quasi per scherzo, come progetto parallelo, per poi crescere e diventare una realtร di primo piano, universalmente riconosciuta e apprezzata a livello globale (si pensi che alcuni loro brani sono stati campionati da famosi rapper e producer statunitensi) che diversifica la sua poliedrica attivitร musicale tra partecipazioni a show televisivi, ospitate al festival di Sanremo e realizzazioni di colonne sonore per film e serie TV (รจ del 2014 la collaborazione dei nostri anche col servizio pubblico Rai per la creazione di musiche vintage per sonorizzazioni e programmi di Radio Uno Rai, andate in onda per quasi un decennio) sempre con un piede nel ripescaggio di sonoritร rรฉtro e l’altro nella contemporaneitร (non disdegnano contaminazioni col rap e la canzone d’autore) il quartetto formato dal polistrumentista Enrico Gabrielli, Massimo Martellotta alla chitarra e sintetizzatori, Fabio Rondanini alla batteria e il tecnico/ricercatore dei suoni Tommaso Colliva (con la partecipazione di Roberto Dragonetti) ha dato ieri alle stampe “Exploration“, il loro dodicesimo Lp complessivo, uscito per la Record Kicks, segnando un ritorno nel circuito delle produzioni indipendenti.
Il disco รจ stato registrato ai Sound Work Shop (perchรฉ “forieri di molte colonne sonore tra le quelle che ci piacciono di piรน“, a detta dell’ensemble) storici studi di registrazione romani appartenuti al grande compositore/direttore d’orchestra Piero Umiliani (e oggi gestiti dalla famiglia) casa artistica che ha dato i natali a tante iconiche colonne sonore per il cinema, dove tutto profuma di analogico ed รจ rimasto praticamente intatto dalla fine degli anni Sessanta a oggi, nessuna concessione a tecniche moderne di registrazione digitale, e questa dimensione “in bianco e nero” e atmosfera fuori dal tempo attuale รจ stata volutamente cercata e scelta dalla band.
Undici brani (di cui due giร presenti nell’Ep “Jazzploitation”, ovvero le rivisitazioni di “Nautilus” del tastierista jazz Bob James e del canovaccio “Lunedรฌ cinema” di Lucio Dalla e gli Stadio, in passato divenuta arcinota sigla dell’appuntamento cinematografico di Raiuno, “Lunedรฌfilm“, col featuring di Marco Castello) che i nostri hanno plasmato dando forma al materiale “come una pellicola per il cinema, o come il marmo per uno scultore” (a detta di Gabrielli) esplorando le sfaccettature del jazz che รจ attitudine, libertร e una condizione mentale, evitando di provare troppo le canzoni, preferendo registrare lโesatto istante in cui si imparano a suonare i pezzi, lasciando ampio margine per una improvvisazione piรน libera e aperta rispetto al passato.
Non poteva ovviamente mancare l’omaggio a Umiliani, che rivive in ben due riletture (che a chiamarle “cover” si fa quasi torto al valore del lavoro dei quattro) “Discomania“, che รจ di gran lunga tra le migliori tracce del lotto, che fu anche sigla di coda del celeberrimo programma sportivo “90ยฐ minuto” e qui eseguita in modo impeccabile e dal groove afrobeat assolutamente irresistibile, e “Gassman blues“, brano che il maestro aveva composto per Mario Monicelli nel film “I soliti ignoti” (e che vedeva la partecipazione di Chet Baker). A queste si affiancano “Jazz carnival” (altra superba reinterpretazione del pezzo dei jazz/funkers brasiliani Azymuth, in Italia assurto a notorietร per essere stato sigla del popolare programma televisivo Rai, “Mixer”) “Coffy is the color” di Roy Ayers (recentemente scomparso) “Chameleon” di Herbie Hancock e “Mission impossible” – rivisitazione sostanziosa e fedele allo strafamoso tema creato dal compositore Lalo Schifrin, per la omonima movie saga – e nel mezzo, troviamo tre produzioni originali come il singolo di apertura “Reptile strut“, un funk rock dal taglio orientaleggiante; “Pied de Poule” si immerge nella psichedelia da b-movies, “The twang” รจ un’altra gemma psych rock poliziottesco dal sapore Tarantiniano.
Immaginate una banda di rapinatori che entra in una banca: si muovono rapidi, afferrano ciรฒ che possono e scappano, seminando gli inseguitori, ricontrollando i risultati delle partite sulla schedina del totocalcio e, quando si fermano, tolgono i passamontagna e aprono i borsoni, trovandovi dentro un sacco di tesori da valorizzare. Questa รจ l’essenza dei Calibro 35, library music gangsters che mandano in cortocircuito le piattaforme streaming dell’ascolto moderno riproponendo le sigle televisive “pop” di culto degli anni Ottanta, e che si cimentano con una rapida incursione in un territorio musicale ricco di storia e innovazione, pronti a scoprire e a reinterpretare ciรฒ che trovano, a modo loro, vintagefuturistico con duttilitร , classe e maestria. Reinventare il passato per rielaborare il presente e instradare la musica di qualitร su nuove rotte e sfide future, in un panorama mainstream italiano sempre piรน asfittico e assuefatto ai trend della monnezza generale imperante che viene imposta da oltreoceano (non solo nel campo delle sette note). Anche questa “rapina” รจ andata a buon fine, il bottino รจ prezioso, gli sbirri non ci prenderanno mai.
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