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Recensione : Prima di Adamo di Jack London

“Prima di Adamo” è una fantasia preistorica, un romanzo proiettato nel passato, ma con un occhio rivolto alle distorsioni e alle ingiustizie del presente.

Prima di Adamo di Jack London, edito da Leone

Prima di Adamo di Jack London

Attraverso una specie di transfert onirico il protagonista si rivede bambino in una terra sconosciuta, abitata da popoli cavernicoli, nel bel mezzo del Medio Pleistocene; inizia così per lui un viaggio misterioso e affascinante, a tratti crudele e spietato, fra terre sconosciute e inospitali, dove scoprirà l’amore e la lotta per la sopravvivenza, la fuga e lo stermino ad opera del più evoluto Popolo del Fuoco.

“Prima di Adamo” (scritto nel 1906) è una fantasia preistorica (sempre limpida, a tratti inquietante), un romanzo proiettato nel passato, ma con un occhio rivolto alle distorsioni e alle ingiustizie del presente.

Potrete leggere passaggi come questi:

• La nostra vita era completamente affidata al caso. Quasi nulla era progettato, e ancor meno veniva compiuto. Mangiavamo quando si aveva fame, bevevamo quando si aveva sete, evitavamo i nostri nemici carnivori, la notte ci rifugiavamo nelle caverne e, per il resto, la nostra vita era gioco.

• Il progresso fra noi era lento. Trascorrevamo tutta la vita a giocare, anche gli adulti giocavano molto, come dei bambini, e giocavamo come nessuno degli altri animali. Quel poco che sapevamo lo apprendevamo nel corso dei giochi ed era dovuto alla nostra curiosità e al nostro fiuto.

• Eravamo senza armi, senza fuoco, ancora privi di parole. L’invenzione della scrittura era talmente lontana che rimango sbigottito solo a pensarci.

• Anche se la maggior parte degli avvenimenti per noi diventavano argomento d’ilarità, non ridevamo mai quando Occhio Rosso picchiava la moglie. Conoscevamo troppo bene l’aspetto tragico di simili brutalità. In più occasioni, la mattina, trovammo ai piedi della rupe il cadavere della donna che era stata sua moglie il giorno prima. L’aveva buttata giù dalla sua caverna, subito dopo averla uccisa. (…) Non solo Occhio Rosso uccideva le sue donne, ma uccideva anche per ottenerle. Quando voleva una nuova moglie e aveva scelto quella d’un altro, finiva sempre con l’ucciderlo. (…) Tutta la Specie sapeva, ma non poteva fare nulla. Non si era ancora sviluppata nell’Orda nessuna regola degna di questo nome.

• Vidi subito un vecchietto vacillante, magro, appassito, con la faccia e il contorno degli occhi solcati da rughe. Era una preda genuina. Nel nostro mondo non vi era nessuna simpatia fra le specie e questi non apparteneva alla nostra Specie. Era un Uomo degli Alberi ed era molto vecchio. (…) Lo indicai a Orecchio Pendente e ci precipitammo su di lui. Il vecchio tentò di arrampicarsi sul suo albero, ma fu troppo lento; lo agguantai per una gamba e lo tirai indietro. (…) La sua futile collera era assurda. Il suo tentativo di rianimare le ceneri spente della sua gioventù, di resuscitare la sua forza consumata dagli anni, era uno spettacolo comico: faceva smorfie che nella sua intenzione dovevano sembrare feroci, ma in realtà erano lagnose, digrignava i denti logori e si batteva con i pungi deboli il petto magro. (…) Ogni volta che tentava di arrampicarsi sull’albero lo tiravamo giù, finché non si arrese alla sua debolezza, si mise seduto e pianse. Orecchio Pendente e io, anche noi seduti, tenendoci per mano, ridevamo del suo dolore.

• Praticamente isolati dal resto del mondo, gli Uomini del Fuoco avevano potuto vivere e prosperare per lungo tempo. In realtà, penso che quella prosperità fu la causa della migrazione successiva, che tante calamità portò alla Specie. Probabilmente gli Uomini del Fuoco si erano moltiplicati esageratamente fino al punto di ritrovarsi scomodamente stretti entro i limiti del loro accampamento. Dovettero espandersi e, nel corso della loro migrazione, scacciarono la Specie e la distrussero, si stabilirono nelle sue caverne e occuparono il terreno che noi avevamo abitato.

• Fu durante quell’inverno che Occhio Rosso uccise l’ultima moglie, con violenze e percosse continue. L’ho chiamato atavismo, ma in ciò egli era peggio di un atavismo, poiché i maschi degli animali inferiori non maltrattano né uccidono le loro compagne. Per questo credo che Occhio Rosso, malgrado le sue tremende tendenze ataviche, facesse presagire la venuta dell’Uomo: solo i maschi della razza umana uccidono le proprie compagne.

• Temevamo l’oscurità. Non avevamo alcun abbozzo di religione, né alcuna concezione di un mondo trascendente. Conoscevamo solo il mondo reale e le cose che ci spaventavano erano le cose reali, i pericoli evidenti, gli animali predatori nella loro totalità. Solo questi ci facevano temere l’oscurità, perché segnava l’ora degli animali in caccia, l’ora in cui erano soliti uscire dai propri rifugi, aggirarsi invisibili e balzarci addosso nell’oscurità. Quasi certamente, da questo timore degli esseri reali della notte si è poi sviluppata la paura degli esseri irreali, fino ad arrivare all’elaborazione di un vasto e potente mondo invisibile. Quando l’immaginazione crebbe, aumentò anche la paura della morte, fino al momento in cui l’umanità a venire riassunse quel timore nell’oscurità e la popolò di spiriti.

• Avevamo vissuto una giornata di terrore. La maggior parte dei superstiti fuggì verso la palude dei mirtilli e si rifugiò nella vicina foresta. Per tutta la giornata bande di Uomini del Fuoco batterono la foresta, uccidendo tutti i nostri che vi trovarono. Sicuramente fu un piano eseguito di proposito: moltiplicandosi al di là dei limiti consentiti dal loro territorio, avevano deciso di conquistare il nostro. Triste conquista! Eravamo impotenti e fu un massacro, un massacro indiscriminato, perché non risparmiarono nessuno, uccidendo giovani e vecchi, sgombrando completamente il territorio dalla nostra presenza. Fu per noi come la fine del mondo. Cercavamo sugli alberi un ultimo rifugio, ma solo per esservi poco dopo circondati e uccisi, una famiglia dopo l’altra. Assistemmo a molti di questi orrori in quel giorno (…).

Cos’altro aggiungere?

L’incipit: “Questi sono i nostri antenati, e la loro storia è la nostra storia”.

 

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