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Recensione : New Kind of Kicks -Aprile 2023

Queste mese presentiamo :Why Bother?, Zist, T.J. Cabot, Smart Shoppers, Saufknast, Indenadfin, Kool and the Gangbangers, Homicide Idols, Grosgoroth, Goblin Daycare, Die TV, Diät Pizza, DADGAD, Metal Guru, Country Jeans, Cuore Matto, Albano Eroina, Baby Tyler, Country Jeans, Air Vent Dweller, Gonk.

New Kind of Kicks -Aprile 2023

Edizione, a ‘sto giro, in forma ridotta in quanto, la sua compilazione, è stata viziata dagli sbalzi e dagli imprevisti di una vita di merda. Mi spiace quindi che qualcuno sia rimasto fuori, abbandonato e bidonato: spero di recuperare prima o poi, donarvi il giusto spazio e il giusto scranno.
La vita dello scribacchino pare una roba da grigio burocrate, ma in realtà, se messa in relazione al mondo del sottosuolo, può diventare un’avventura ricca di colpi di scena e povera di colpi di culo.


Air Vent Dweller/Gonk “Split”,2023




Butta giù due giri in croce e portala a casa, per il resto ti serve solo una buona propensione all’armonia vocale, un programmino crackato per registrare e una vita comune da raccontare. Tutto qui? Si, tutto qui e non è poco, anche se lo potrebbe sembrare.

Stiamo parlando del Punk Rock di nuova generazione, un fenomeno che ci riporta alle basi, alla natura primigenia di uno stile che, da sempre, ha il compito gravoso di salvare il Rock ‘n’Roll da chi, oramai da decenni, non vede l’ora di poterne decretare la morte.

Ma non muore mai. Piccoli split come questo, strabordanti di idee ed emozioni, salvano sempre la situazione ricollegando un intero universo alle sue origini popolari, al suo rifiuto sistematico del successo, all’idea che la musica parte da dentro e si realizza da e nel basso.

E come d’improvviso non esistono più costumi di scena pomposi, algoritmi impietosi, agenzie di booking che somigliano sempre di più ad agenzie di viaggio o assicurative; esiste solo la bellezza del gesto, la necessità di esprimersi e la gioia di esprimersi in un linguaggio comune che, piaccia o meno, suonerà sempre il rock’n’roll.


Albano Eroina “Quattordici grezzi brevi pezzi Punk “, 2023



Sarà un disco pure Post Punk, senza dubbio, vagamente ispirato alle vicende soniche dei CCCP, non ci piove, ma la sua natura evidentemente casalinga, il suo piglio critico di fronte all’esistente, mi rassicurano sul fatto che, bene o male, questa è roba genuina, underground, fatta alla bene e meglio, e che esce per ferire e non per piacere. Vi pare poco?

Quindi se ne escono con schegge impazzite dal minutaggio brevissimo che battono, va detto, gli epigoni CCCP per dono di sintesi, propensione alla violenza e per scarica propensione alla teatralità del gesto: Alban Eroina sono l’efferatezza del preciso istante, l’intuizione che, al bisogno, risponde con prontezza all’altrui affronto con un cazzotto dritto al mento. Sono i bar di periferia frequentati dai disperati, i vicoli che puzzano di piscio e dove le scritte oscene sui muri sono l’unica segnaletica possibile in una notte che non è solo all’esterno di chi passa ma che interessa anche il suo sentire, il suo vivere e il suo riflettere.

Rigide pietre ritmiche si abbattono sul tessuto vivo di un mondo a cui non è bastato fare crollare muri e decretare con supponenza la fine delle ideologie per fermare l’orologio della storia.

Incredibile come gli Albano Eroina riescano con poche parole, suoni secchi, ritmiche elettroniche minimali e con una qualità sonora casalinga a creare immaginari e suggestioni così profonde.


Baby Tyler “Imposter”, 2023-Tetryon Tapes



Ci vorrebbe un medicinale contro la noia, contro l’assuefazione alla mediocrità, questo adagiarsi continuo su cifre basse, atteggiamenti scontati e prevedibili, accontentarsi del vuoto quotidiano.

Ci vorrebbero sempre gruppi come i Baby Tyler che, tra fraseggi malinconici, esplosioni di rumore, accostamenti all’ultimo Jay Reatard, sfuggono di continuo da ogni possibile caduta nella mediocrità.

In pezzi brevi fondono tutto ed il contrario di tutto e, quel che è bello, non ne fanno neanche un così evidente sfoggio: sembrano davvero fautori di un Punk Rock a loro soli imputabile, come se, chi ho citato finora, non fosse mai esistito o, per lo meno, non giocasse mai davvero un ruolo così pesante nella musica dei Baby Tyler. Loro collegano e mettono insieme usando il Noise Rock come collante e, quel che è bello, paiono sbattersene di risultare coerenti e credibili.

La coerenza e la credibilità son robe da stronzi.


Country Jeans “Put Your J. On”, 2023-Spared Flesh Records

Questi sono una roba che levati: country rock suonato come punk rock suonato come country rock.

Non esistono parole comuni per definire quello che non ha voglia di essere definito perché, in prima istanza, è esso stesso svogliato nel definirsi; qui l’unica voglia è figlia del suonare, non tanto per risultar ‘sto gran cazzo, quanto per divertirsi sovvertendo tutto il sovvertibile e anche oltre.

Certo che il Country è roba oramai storicizzata, certo che pure il Punk lo è, ma se mescolati con la nonchalance di chi, nella vita come nella musica, è più fatto di gesti che di obbiettivi, le due componenti fanno sempre suonare l’insieme sensazionale ed unico senza per forza scomodare nomi come i Country Teasers.

Poi metteteci che è un disco Country Punk di pezzi intorno al minuto e il gioco è fatto: straordinari.


Cuore Matto “Cuore Matto”, 2023



Ascolto questo disco da più di un anno perché i Cuore Matto me lo inviarono a suo tempo per una recensione. Lo ascolto da più di un anno perché è bello, spontaneo, Rock n’Roll che è Rock n’Roll anche quando non vuol essere tale e, cioè, si proietta in un altrove sonoro con lo stesso impegno con cui si cimenterebbe nel prodursi in un disco degli Zeke. Avevo scritto una recensione ma, non so perché, l’ho persa, smarrita, il PC (scherzo, non ho un PC e faccio tutto col cellulare) l’ha ingoiata, masticata, digerita e defecata chissà dove.

Ma vabbè, le recensioni lasciano il tempo che trovano, i dischi belli, superbi, eccezionali no: forse, a pensarci meglio, non so quanto io, a suo tempo, sua riuscito a rendere intellegibile, fra le parole e le affermazioni, la superiorità di questo disco; vi basti sapere che è Blues, è Rock, è Morricone, è Spaghetti Western, è una partita a carte giocata con la comare secca, è una storia d’amore finita storta. Ricordo di aver scritto, a suo tempo, questo per introdurre all’ascolto di questo disco:
Esiste una poesia non scritta
sospesa tra il bancone del bar di un circolo
e i tavoli della briscola
dove anziani sputano madonne per terra
Una poesia fatta di resa
una resa che però non rinuncia all’offesa
e scalcia, stride, s’affanna
perché al destino segnato non si rassegna.
Il Rock ‘n’Roll in Italia deve partire da questa rassegnazione che si contraddice nel giro di due secondi, che, prima si dispera, per una partita a carte andata male o per un amore andato peggio e poi si rialza semplicemente decidendo di cambiare bar. Se questo non fosse un mondo di allocchi che si lasciano condurre negli ascolti da fasulle luci fluo , farebbe discutere di sé per un bel po’ di tempo, arrivando forse (ma togliamo pure il forse: lo ascolto da più di un anno, questo è un disco bellissimo e non esagero per niente) ad arrivare al traguardo del classico, del disco imprescindibile (lo è, vacca boia, cazzo se lo è).

Purtroppo molti preferiscono perdere tempo a commentare gli articoli sui Maneskin e nel fare ciò rimpiangono il passato senza rendersi conto che, nel nostro presente, esistono dischi eccezionali come questo.


DADGAD/Metal Guru “Split”, 2023-Face Melter/Music From Ass



Sarebbe bello vedere i punti unirsi e formare, più che una figura, una vera e propria rete di contatti, esperienze, contesti, mutuo appoggio e cooperazione. Sarebbe bello, vero, e con questa cassetta si può anche iniziare a fare a meno del condizionale.

Una cassetta condivisa tra due dei migliori esponenti del movimento Egg Punk: Dadgad oramai è una mezza istituzione, licenziando i suoi lavori anche negli Stati Uniti e passando per etichette nostrane come Goodbye Boozy e Pollice di Fuoco, si può tranquillamente descrivere come uno tra i primi agitatori culturali del movimento Egg Punk qui in Italia.

Il suo lato è quindi una conferma di quanto sapevamo già: melodie naif che non scadono mai nel banale e canzoni che riescono a rimanere perfettamente in bilico tra la furia del Punk Rock alla Adrenalin O.D./Diodes/Pointed Sticks e il Post Punk ironico e disincantato dei Devo. Metal Guru prima si faceva chiamare Mustard Rock n’Roll e ha già all’attivo, con questo nome, tre cassette (due sono dei singoli, una è proprio un disco) di Rock’n’Roll cavernicolo e spigliatamente Lo-Fi; adesso si auto-rivoluziona, cambia nome tributando i T.Rex di Marc Bolan e aggiunge alla formula Egg Punk quei coretti Glam anni ’70 che ci stanno come il cacio sui maccheroni. Una cassetta che un giorno sarà salutata come una svolta, come un punto di partenza, come l’atto fondante di una stagione che ci auguriamo essere ancora lunga e foriera di sorprendenti sviluppi.


Diät Pizza “Diät Pizza”, 2023-Pollice di Fuoco



Che cos’è il Grunge? Non lo so ma se è quello che fanno i Diät Pizza a me il Grunge piace e anche parecchio. Una chitarra che esplode di Fuzz e ritmiche serrate, una costruzione che sa di Post Punk e Kraut Rock; pezzi dritti, lucidi e guidati da una voce che vorrebbe arrabbiarsi ma non ne ha voglia (ed è in questa svogliatezza che risiede tutto il suo fascino disincantato).

Ogni tanto sembrano i Sonic Youth di Sister, ogni tanto i Mudhoney, molto più sembrano semplicemente quello che sono: un gruppo di persone intente a descrivere giorni grigi e tutti uguali, utilizzando la musica come il metodo del mitridatismo: dosi sempre più crescenti di grigiore per farsi una ragione della vita di provincia, così scialba, così lenta, così noiosa.

Insomma, cos’è il Grunge? Ancora non lo so e non ho voglia di saperlo, a me basta solo poter ascoltare i Diät Pizza e non farmi troppe domande inutili; liberare la mente, gli arti e i pensieri, aspettare che torni il sole e trovare un po’ di coraggio per provare a sorridere di nuovo con sincerità.


Die TV “Uno Affo”,2023



Dopo aver vivisezionato un album perfetto in quattro parti, utilizzando bisturi intinti in liquidi fatti di Punk Rock, Post-Punk e spirito Lo-Fi, Die TV arriva al debutto sulla lunga durata con un disco che difficilmente può essere imputato a qualcosa che non sia la sua semplice visione personale su come e cosa la musica dovrebbe suonare o, più semplicemente, essere.

Per certi versi più cantautorale, per certi versi più disperata, per certi versi un disco perfetto: brani perfettamente distinguibili l’uno dall’altro e squisitamente personali; oramai Die TV ha imparato a scrivere e crea un filone tutto suo: pezzi memorabili e con un atmosfera epica a fare da contorno, il Post Punk alla Joy Division (punto di partenza dei precedenti ma non modello da ricalcare) qui diventa solo un rimando per la capacità di destrutturare la forma canzone con suoni ed incursioni aliene ed alienanti; il Punk Rock è tutto nella voglia di dire no al facile ritornello, alla “familiarità” del suono.

Temevo che Die TV, dopo l’uscita di Side D, sospendesse il progetto per dedicarsi ad altro ed invece il nostro non abbandona ma, au contrarie, approfondisce e porta avanti un’idea che adesso appare molto più argomentata e ricca di spunti. Non so se verranno fuori dei nuovi filoni o sottogeneri da questo disco, ma una cosa ve la posso già dire da adesso: Uno Affo è un’esperienza unica e stimolante. Non perdete questa occasione.


Goblin Daycare “Q:Ep? A:Ep!!”, 2023-Syf Records


Il collegamento tra l’Egg Punk e le ricerche sonore in corso d’opera presso la sede della SYF Records un po’ mi sfuggono e un po’ invece no: capire la connessione tra sonorità che distruggono i Devo per farli suonare a metà strada tra un Punk Rock alla Urinals e un cartone animato e gli oscuri presagi di un suono scarno e sempre più inquinato di Dub e Cheap Electronica ancora mi sfuggono (forse i Raut sono l’anello di congiunzione, ma vai a sapere se queste congetture possano avere mai senso in fondo). Il nesso è lo spirito artigianale, fai da te, di chi nel mondo ancora non si riconosce: volevano indietro la normalità ma a loro la normalità non è mai piaciuta.

Giù quindi di suoni anomali, sonorità che distruggono i Devo per farli suonare a metà strada tra un Punk Rock alla Urinals e un cartone animato e gli oscuri presagi di un suono scarno e sempre più inquinato di Dub e Cheap Electronica.

I Goblin Daycare son turchi e la SYF li scopre e li propone al mondo: sono Egg Punk e sono anche altro, sono un calderone di suoni sfilacciati che, nel loro svolgimento, acquistano di senso man mano che si va avanti con l’ascolto e quindi si riallacciano alla perfezione formando un tessuto coerente.

Non si capisce agli effetti se in realtà, il tessuto musicale dei Goblin Daycare, acquisti senso davvero con gli ascolti o siamo noi a dare un senso all’assurdo. In ogni caso è comunque un merito


Grosgoroth “¡Al Diablo conmigo!”,2023- Flexi Discos



Frammenti di ricordi, un Gameboy, frammenti di pomeriggi persi, Synth Punk suonato con rabbia disincantata, senza ragioni a giustificare. Un senso malinconico fa da collante. Vorrei tornare ai giorni felici solo per scoprire che felici, in realtà, non sono mai stati. Solo frammenti di ricordi e pomeriggi persi. Tutto qua. Questi sarebbero pezzi facili se anche vivere lo fosse, ma così non è: questi pezzi, nel loro disincanto, sin difficili perché brevi, rapidi, veloci, non fai a tempo a digerire uno, assimilarlo che questo è già finito; anche se apparentemente gioviali in realtà sono ostili: la brevità pare voler negare la gioia di un ritornello, la capacità di assimilarli al primo ascolto e ricantarli mentalmente per giorni: l’unica cosa che si potrà fare, giorno dopo giorno, sarà riascoltarli per capire cosa ci è sfuggito: ci è sfuggito solo il fatto che la musica non deve più cullarti, ma strattonati e importi di guardare oltre la nebbia del semplice sottofondo a giorni inutili. Partendo dalla musica si può arrivare altrove.


Homicide Idols “Homicide Idols”, 2023-Helvete’s Kitchen



Penso di aver messo in piedi una storia che neanche pensavo di poter mettere insieme.

Boh, le cose migliori succedono per caso, almeno spero: all’inizio mi andavo a cercare etichette e gruppi perlustrando di continuo un circuito quasi immaginario posto tra YouTube e Bandcamp e ci scrivevo le recensioni sopra.
Volevo, insomma, fare rete, dare un punto di riferimento sicuro ad un mondo di autoproduzioni che, qui in Italia, non ha ancora molto seguito; è andata a finire che adesso, queste etichette e questi gruppi, scrivono direttamente a In Your Eyes per farsi recensire.

La cosa mi esalta ed è meglio che essere pagati per scriverne; forse New Kind of Kicks ha veramente un senso compiuto. La Helvete’s Kitchen dovreste conoscerla oramai: The Dirts, Crime_Waves, Die Paniks…tutti gruppi che più che gruppi paiono diamanti grezzi; gioielli la cui unica bellezza sta nel non aver conosciuto cesello o finitura ma esposti per quello che sono dal principio: idea, attuazione immediata e efferatezza d’esecuzione: in una parola sola Rock n’Roll e Synth Punk senza compromessi e dritto al centro del sistema nervoso.

Gli Homicide Idols, al solito un nome stupendo, sono parenti dei Dirts; un Punk ‘n’Roll dritto e roccioso, senza porsi tanti problemi, come l’istante in cui ti arriva un destro al mento e, no, non te lo aspettavi (solo che un destro al mento non è piacevole, mentre gli Homicide Idols lo sono eccome).

I riferimenti sono i Crime, come sempre immancabili, i Pagans, ovviamente indispensabili, e altri gruppi più anni ’90, tipo Reatards, Loudmouths, Persuaders. Il.fatto è che questa roba non smette mai di essere attuale, da chiedersi davvero come facessero, prima del suo avvento, ad andare avanti a vivere ma, soprattutto, ad avere una scusa per raccattare una sbornia, fare a pugni, finire all’ospedale e non farsene mai un problema.


Kool and the Gangbangers “K.B.G.’s”, 2023



Il mio problema con questa rubrica è capire a che punto vanno i gruppi che iniziano con la K: dopo la H?

In fondo e totalmente a caso dopo la Z? Ecco che quindi finisco a piazzarli a caso dopo la H, che dopo una lettera come la H può succedere di tutto, in fondo è una lettera che non si pronuncia ma si intuisce soltanto. I

Kool and the Gangbangs sono in giro già da un po’ e da un po’ continuano a sfornare piccoli gioielli di Rock n’Roll grezzo e dritto al punto; suoni secchi e a presa rapida, nessuna poesia da declamare e solo tanto disprezzo da raccontare.

Questo EP è una conferma del loro stato di salute ottimale.


Indenadfin “Volca Mixtape”, 2023


Una raccolta di materiale accumulato tra il 2017 ed il 2023.
Una raccolta di materiale accumulato in una discarica abusiva di materiale altamente tossico.
Una raccolta di materiale di un gruppo immateriale che accumula pezzi tra Rock n’Roll infame e famigerato, sospeso tra un quattro quarti pericoloso e cerebrale ed una certa propensione per il Chaos.

L’impressione di base è che non ci sia una semplice base a reggere ma solo una volontà di rappresentare una possibile via di fuga per il Rock ‘n’Roll al fine di farlo smettere di somigliare solo a se stesso ma come rappresentazione di un mondo altro, con altre capacità percettive, altri immaginari, altri scenari.

Roba dritta, quindi, ma mai banale, mai corretta nei confronti di chi ascolta: ti sembrano Punk, poi una semplice intuizione li fa apparire come d’avanguardia, poi un ritornello li fa suonare come un gruppo adolescenziale, poi…poi non si sa: il Punk Rock si suona per non piacere, per piacere solo a chi è stufo, a chi è scoraggiato, affranto e nella musica trova il solo stimolo per pensarsi diverso ed unico.

Gli Indenadfin, dal Cile, sono diversi ed unici.


Saufknast “EP1”, 2023-Flennen



Hardcore Punk che inizia con un fischio di chitarra e poi procede come ci si può immaginare: suoni secchi, batteria senza inciampi e una voce che è una voce e che voce…l’angoscia che come un fantasma aleggia per tutta la durata del nastro, sia nella musicasu di esso incisa che nella stanza di chi ascolta.

Capita dunque di prodursi in transfert freudiani, riesumazioni di atti mancati e traumi vissuti, mentre si ascolta, ci si autoanalizza e si va, piano piano, a farsi fottere.

Tutto questo per merito di un cantato che ben si sposa con una base che esige, per velocità e piglio, di essere raccontata con un tono disperato perché deve comunicare qualcosa e, se il Punk Hardcore non ha un messaggio, allora non è più Punk Hardcore ma una semplice mostra di un’estetica violenta e, proprio perché tale, fine a se stessa. I Saufknast da Amburgo e Kiel non sono appunto estetica, sono spirito o spettro di un sentire che va al di là dei confini, dei pregiudizi; sono espressione di se stessi e in questo creano forzatamente canali empatici con chi ascolta.

Chi sa parlare di se stesso sa parlare anche di te.


Smart Shoppers “Leftovers from Tomorrow”,2023



Perché mi piacciono così tanto gli Smart Shoppers?

Perché agli Smart Shoppers non frega un cazzo di piacere a me.

Dopo aver tentato in mille modi, da quando scrivo su IYE, a farvi entrare nelle orecchie, a voi che leggete, il fenomeno dell’Egg Punk, ecco che questi fenomeni me lo prendono a sassate, lo parodiano, lo sbeffeggiano e a me, dato il risultato per intero, tocca pure dire che fanno bene! Nella scrittura di pezzi brevi e concisi, gli Smart Shoppers riescono a suggerire in chi ascolta rimandi multipli ed efficaci.

Eppure c’è un qualcosa di irregolare nelle loro strutture, nelle loro armonie: come una volontà tenuta fra le righe di non dare mai all’ascoltatore quello che si aspetta debba succedere: una nota dopo l’altra, gli Smart Shoppers, negano melodie familiari e non lasciano appigli utili; questo quindi è un ascolto che richiede dedizione e nessuna distrazione: un modo per passare bene una mezz’ora e uscirne anche più intelligenti.

T.J. Cabot “S’cool Days/Past Discrepancies”, 2023



Un affronto palese a chi vuole sempre e comunque rimanere stupefatto da un ascolto e non si rende conto che non si può rimanere stupefatti quando, in sé e di per sé, non si ha niente di stupefacente.

Questi sono due pezzi Rock’n’Roll , Lazy Cowgirls, Nervous Eaters, Pagans; Rock’n’Roll che si rigenera nel Punk Rock (ritmi dritti, poca pietà in fase d’esecuzione, un incedere cinico e distaccato) e viceversa.

Due pezzi, una cover di Stanley Frank -piccola perla di Power Pop anni ’70- e un originale- piccola perla di Rock n’Roll senza data ne paese di residenza- e un singolo che, nel suo insieme, ebbene sì, entusiasma e fa saltare, urlare, riappacificare con la contemporaneità.

Bisognerebbe essere tutti come T.J. : diventare appassionati fino al punto di praticare la propria passione e non farne solo un archivio: è bello amare un genere e ricercarlo di continuo negli scaffali dei negozi di dischi, ma imbracciare uno strumento e suonarlo è un atto di amore unico e definitivo.


Zist “inoculate”, 2023-Bubca Records




La semplicità è la chiave, essere senza il bisogno di comparire, quella necessità stupida di pagarsi sponsorizzazioni e santi in paradiso per poi finire a San Remo a fare la figura del manichino.

Nessun manichino è stato sfruttato durante la realizzazione di questo EP (no, non è un EP, è un Full Lenght…forse neanche quello), solo un’istantanea ispirazione scaturita da un’idea improvvisa, una libera associazione tra una frase sentita per caso per strada, una sequenza di note, la capacità di immaginare al di là della gabbia della forma e della struttura. La musica?

La musica è solo un mezzo, un sogno di metà primavera tra Elliot Smith e Lou Reed, tra santità e vicoli bui che odorano di piscio e vite spezzate. Una divertita disperazione, un divertimento disperato e nessun compromesso. Mai. Zist sente, Zist empatizza, Zist si sporca, Zist non usa filtri né dispositivi di protezione individuale e con mani lorde di vita scrive canzoni perfette, orecchiabili ed inaccettabili; perfettamente compatte, perfettamente differenti l’una dall’altra.

Registrazioni solitarie in camera da letto per farle suonare il più possibile vicine a quel senso di solitudine che chiunque prova in una sala d’attesa prima di una risposta che possa cambiarti la vita, o farla restare così com’è e ripartire da capo, come se nulla fosse. Ostinati e resistenti, non come eroi di battaglie epiche ma come dei partigiani in una guerra già persa.

Non esiste vittoria, solo la forza del racconto e della sua condivisione.


Why Bother?”A City of Unsolved Miseries”, 2023-Feel It Records


Son sincero: oramai i Why Bother? pubblicano roba nuova ogni tre secondi e io, ogni tre secondi, mi dico “Boia che palle! Ancora?” lì per lì lo salvo nella Wish list di Bandcamp e penso “Poi lo ascolterò” e lascio passare qualche giorno.

Poi, quasi per caso, una mattina lo metto su e, come sempre, finisco col pensare che “Meno male che ci sono i Why Bother? che ogni tre secondi fanno uscire roba nuova” perché per nuova non si può solo intendere, anche a questo giro, la data di uscita ma anche l’aggiornamento, in senso creativo,nel percorso artistico del gruppo. Ebbene, la definitiva commistione tra Punk Rock di nicchia, era settantesette o giù di lì a marchio KBD, e Gothic Rock Lo-Fi con supporto di Synth, è avvenuta!

Adesso lo si può dire con buona certezza che i Why Bother? sul serio fanno musica che può essere intestata solo a loro e a nessun altro; la decadenza delle note in minore supportate da un synth malinconico e irrigidite si ritmi serrati in quattro quarti ne segnano l’inconfutabile appartenenza: non sono un copia carbone dei Cristian Death e nemmeno una furba riesumazione dei Cultural Abuse: i Why Bother? sono i Why Bother? punto e basta.

Sciorinano il loro punto di vista con personalità, piglio e, pur lasciando evidenti i punti di riferimento, appaiono come unici, irripetibili e irriproducibili.

Per l’ennesima volta questo gruppo si riconferma come una delle voci più credibili del Punk Rock, rinnovandolo facendo solo uso delle conquiste ottenute in anni di militanza underground: la conoscenza della storia non rende un suono e un’espressione una sterile cariatide, ma li rinforza e li giustifica a fronte del futuro e delle sue sfide.

Ancora un altro disco a tre secondi dal precedente, ancora un’altra conferma, ancora un’altra sfida vinta, ancora una ragione per ascoltare i Why Bother? con il piglio e la serietà che la complessità della loro arte richiede.

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