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Recensione : #rileggiamo: Notturno Cileno Di Roberto Bolano

In questo romanzo del 2000 l’autore fa i conti con la storia del suo Cile, e lo fa scegliendo il punto di vista di un uomo equivoco, che ha badato a tenersi lontano dai rischi, che s’è piegato a compromessi e macchiato di viltà: un sacerdote che, in una notte di agonia e delirio, ripercorre la propria esistenza.

Notturno cileno di Roberto Bolano

#rileggiamo: Notturno Cileno Di Roberto Bolano

In questo romanzo del 2000 l’autore fa i conti con la storia del suo Cile, e lo fa scegliendo il punto di vista di un uomo equivoco, che ha badato a tenersi lontano dai rischi, che s’è piegato a compromessi e macchiato di viltà: un sacerdote che, in una notte di agonia e delirio, ripercorre la propria esistenza.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • Io non cerco lo scontro, non l’ho mai cercato, io cerco la pace, la responsabilità delle azioni e delle parole e dei silenzi. Sono un uomo ragionevole. A tredici anni sentii la chiamata del Signore e decisi di entrare in seminario.
  • (…) la tonaca battuta dal vento, la tonaca che era come la mia ombra, la mia bandiera nera, la mia musica leggermente inamidata, una veste pulita, scura, pozzo in cui sprofondavano i peccati del Cile senza più uscirne.
  • A me le cose andavano bene, ma alla patria non andavano bene. Non sono un nazionalista sfegatato, tuttavia provo un amore sincero per il mio paese. Cile, Cile. Come sei potuto cambiare tanto?, gli dicevo a volte, affacciato alla finestra aperta, guardando il bagliore di Santiago in lontananza. Che cosa ti hanno fatto? I cileni sono impazziti? Di chi è la colpa? E altre volte, mentre camminavo nei corridoi del seminario o nei corridoi del giornale, gli dicevo: Fino a quando pensi di andare avanti così, Cile? Ti vuoi forse trasformare in qualcos’altro? In un mostro che nessuno potrà più riconoscere? Poi ci furono le elezioni e vinse Allende.
  • (…) poi ammazzarono il consigliere militare di Allende e ci furono disordini, male parole, i cileni bestemmiarono, scrissero sui muri e poi quasi mezzo milione di persone sfilò in una grande marcia di appoggio ad Allende, e poi ci fu il colpo di Stato, il sollevamento, il pronunciamento militare, e bombardarono il palazzo della Moneda e quando smisero di bombardare il presidente si suicidò e tutto finì. Allora io rimasi immobile, con un dito sulla pagina che stavo leggendo, e pensai: che pace. Mi alzai e mi affacciai alla finestra: che silenzio. Il cielo era azzurro, un azzurro profondo e limpido, spruzzato qua e là di nuvole. In lontananza vidi un elicottero. Senza chiudere la finestra mi inginocchiai e pregai, per il Cile, per tutti i cileni, per i morti e per i vivi.
  • I giorni che seguirono furono strani, era come se di colpo tutti ci fossimo svegliati da un sogno dentro la vita reale, anche se a volte la sensazione era diametralmente opposta, come se di colpo stessimo tutti sognando.
  • Mangiamo. Ma in realtà stiamo cercando di non pensare che parliamo, di non pensare che mangiamo.
  • Ogni sera pregavo e poi mi addormentavo senza problemi. A volte avevo gli incubi, ma a quel tempo, chi più, chi meno, chiunque soffriva di incubi di tanto in tanto.
  • (…) in cosa consiste questo lavoro così delicato?, dissi. Nel dare un certo numero di lezioni di marxismo, non molte, quanto basta perché se ne facciano un’idea, a certi signori nei cui confronti tutti noi cileni siamo in grosso debito, disse il signor Aruap (…). Non si spacchi la testa, mi disse, non indovinerà mai chi sono. E se accetto, quando cominceranno le lezioni?, perché a dire il vero adesso ho moltissimo lavoro arretrato, dissi. Non stia a menarcela, disse il signor Oido, questo è un lavoro che nessuno può rifiutare. Che nessuno vorrebbe rifiutare, disse il signor Aruap conciliante. Ritenni di aver superato il pericolo e che fosse il momento di mostrarsi deciso. Chi sono i miei allievi?, dissi. Il generale Pinochet, disse il signor Oido. Ingoiai aria. E chi altri? Il generale Leigh, l’ammiraglio Merino e il generale Mendoza, chi altri, se no?, disse abbassando la voce il signor Aruap.
  • La decima lezione fu l’ultima. Era presente solo il generale Pinochet. Parlammo di religione, non di politica. (…) Gli chiesi se le lezioni erano state di qualche utilità. Naturalmente, disse il generale. Gli domandai se ero stato all’altezza delle aspettative. Può avere la coscienza tranquilla, mi rassicurò, il suo lavoro è stato ottimo.
  • Secondo lei perché voglio imparare i primi rudimenti del marxismo?, domandò. Per servire meglio la patria, signor generale. Esatto, per comprendere i nemici del Cile, per sapere come la pensano, per capire fino a che punto sono disposti ad arrivare. Io lo so fino a che punto sono disposto ad arrivare, glielo assicuro. Ma voglio anche sapere fino a che punto sono disposti ad arrivare loro.
  • (…) il problema era il coprifuoco. Dove potevano incontrarsi gli intellettuali, gli artisti, se alle dieci di sera tutto era chiuso (…)?
  • Maria Canales (…) era sposata con uno statunitense che si chiamava James Thompson e faceva il rappresentante o il dirigente per un’azienda che aveva aperto da poco una filiale in Cile e una in Argentina.
  • (a casa di Maria Canales) Era tutto uguale. Gli artisti ridevano, bevevano, ballavano, mentre fuori, in quella zona di grandi viali spopolati di Santiago, scorrevano le ore del coprifuoco. Io non bevevo, non ballavo, mi limitavo a sorridere con aria serena. E pensavo. Pensavo che era curioso che non arrivasse mai una pattuglia di carabineros della polizia militare, nonostante la confusione e le luci accese.
  • E poi arrivò la democrazia (…) e allora si seppe che James Thompson era stato uno dei più importanti agenti della DINA e che usava la sua casa come luogo di interrogatori. I sovversivi passavano dai seminterrati di James, dove lui li interrogava, gli tirava fuori tutte le informazioni possibili, e poi li mandava in altri centri di detenzione. A casa sua, di regola, non si ammazzava nessuno. Si interrogava soltanto, anche se qualcuno era morto.
  • Poi sorrise: vuol vedere il seminterrato?, disse. (…) Butteranno giù la casa. Demoliranno il seminterrato. (…) A volte guardavo la televisione coi bambini e andava via un momento la luce. Non sentivamo nessun urlo, solo l’elettricità che se ne andava di colpo e poi tornava.
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