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Recensione : HOODOO GURUS – CHARIOT OF THE GODS

HOODOO GURUS – CHARIOT OF THE GODS: Ah, quelle care, vecchie fragranze elettriche che profumano di un mondo ormai lontano, ma il cui gusto non ha data di scadenza per tanti palati fini, e se poi aggiungiamo la provenienza della pietanza musicale, l'Australia, il fascino esotico resta intramontabile.

HOODOO GURUS – CHARIOT OF THE GODS

Ah, quelle care, vecchie fragranze elettriche che profumano di un mondo ormai lontano, ma il cui gusto non ha data di scadenza per tanti palati fini, e se poi aggiungiamo la provenienza della pietanza musicale, l’Australia, il fascino esotico resta intramontabile.

 

In questo 2022 che, forse, potrebbe definitivamente sancire il ritorno a una vita “normale”, senza restrizioni né lockdown pandemici, registriamo un ritorno discografico sostanzioso per gli Hoodoo Gurus, veterani garage rockers nati nel 1981 a Sydney, capitanati dal frontman e chitarrista Dave Faulkner, freschi di festeggiamenti per il quarantennale del proprio percorso musicale (seppur con un lustro di inattività, dal 1998 al 2003, anno della reunion del gruppo) tra i superstiti di quella età dell’oro, ovvero il decennio tra la fine degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta del secolo scorso, in cui una buona fetta di pubblico e di critica musicale ha visto nella scena rock ‘n’ roll australiana (e, in parte, anche neozelandese) la nuova Terra Promessa per le sonorità più caustiche e intransigenti del rock (punk, hardcore, punk blues, garage punk) ma anche per territori più melodici e raffinati  (power pop e jangle pop) graziata da un’esplosione a getto continuo di pubblicazioni di nuove band entusiasmanti, che sfornavano dischi di selvaggio e oscuro R’N’R shakerando Detroit Sound, blues elettrico, psichedelia e il furore dell’hardcore punk, un Eldorado del peccato al quale anche gli Hoodoo Gurus hanno contribuito con almeno tre 33 giri (“Stoneage Romeos“, “Mars Needs Guitars!” e “Blow Your Cool“) negli Eighties.

 

E oggi, dopo una lunga pausa, a dodici anni dall’ultimo studio album, “Purity Of Essence“, finalmente i nostri tornano a incidere nuovo materiale, dando alle stampe un nuovo Lp, il loro decimo in totale, “Chariot Of The Gods“, uscito nel marzo di quest’anno.

 

Come tutti gli album concepiti a ridosso del 2020, anche questo ha sofferto di rallentamenti a causa del blocco mondiale dovuto al covid-19, infatti già nel 2019 la band aveva rilasciato il singolo “Answered Prayers“, poi inserito nella tracklist ufficiale, al quale hanno fatto seguito i brani “Get out of dodge” (2020) e “Carry On” nel 2021, tutti finiti sul disco, in aggiunta a “Hung Out To Dry“, che compare nell’edizione deluxe di “Chariot” in doppio vinile (e download digitale) oltre alle cover di “Obviously five believers” di Bob Dylan e “I wanna be your man” dei Beatles (e degli Stones).

 

Ma, come Faulkner ha spiegato, il periodo di pausa forzata dovuta alla pandemia sanitaria ha contribuito a rinsaldare i rapporti e i legami tra i membri del combo, e ha dato modo agli Hoodoo Gurus di far rinascere la propria creatività compositiva.

 

E in effetti su “Chariot Of The Gods” è innegabile che ci sia molta carne al fuoco, e forse proprio questo è il difetto principale dell’album: tredici brani (che diventano sedici nell’edizione deluxe dell’opera, come già documentato in precedenza) quasi tutti della durata tra i tre e i quattro minuti (con la title track che sconfina addirittura nei cinque) sono indice di una certa prolissità che, alla lunga, limita la godibilità nell’ascolto di un Lp che, sebbene sia valido e suonato con perizia e grande mestiere da quattro esperti lupi di mare, avrebbe dovuto essere maggiormente limato e stringato nel minutaggio (magari eliminando passaggi superflui e qualche ritornello di troppo) per essere apprezzato in tutta la sua bellezza.

 

Ma la sostanza c’è: “World of pain”, le succitate “Answered prayers” e “Get out of dodge”, “Hang with the girls” e “Don’t try to save my soul” sono ottimi pezzi rock ‘n’ roll, mentre le più cadenzate “My imaginary friend” (quasi in odore di Paisley Underground) “Carry on” (con riferimento alle vicissitudini del covid alle quali il genere umano ha dovuto far fronte negli ultimi tre anni) “Equinox“, “Got to get you out of my life” e la ballad “Was I suppose to care?” sono comunque brani di spessore che mettono in luce l’affiatamento del gruppo, di cui tre quarti di esso (Faulkner, il chitarrista Brad Shepherd e il bassista Richard Grossman) è rimasto lo stesso dal 1988 a oggi.

 

Un buon comeback album, gli Hoodoo Gurus sono tornati tra noi per restare, ma per la loro nuova futura primavera consigliamo di incidere album più brevi, con una maggiore messa a fuoco dei pezzi, evitando riempitivi, al fine di farci deliziare ancora di più sulla loro giostra dell’ aussie rock, dalla quale non vogliamo comunque saperne di scendere, neanche dopo quaranta anni di rumorosa attività e chiome imbiancate (o cadute).

TRACKLIST

 

1. Early Opener
2 .World of Pain
3. Get Out of Dodge
4. Answered Prayers
5. Was I Supposed to Care?
6. Hang With the Girls
7. My Imaginary Friend
8. Equinox
9. Chariot of the Gods
10. Carry On
11. I Come From the Future
12. Don’t Try to Save My Soul
13. Settle Down
14 .Got to Get You Out of My Life

 

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