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Recensione : Ty Segall – Possession

Puntuale come le tasse, ogni anno, arriva un nuovo album di Ty Segall, menestrello californiano, fresco trentottenne, che già da un po’ di anni (e dischi, come ribadito in occasione delle uscite precedenti) a questa parte ha smussato il suo lato lo-fi più grezzo e ruspante, imparentato col garage punk, per crescere, a livello anagrafico e musicale, inglobando, nella sua proposta musicale solista, una tavolozza sonora più elaborata, arricchitasi di elementi cantautoriali, folk, psichedelici e acustici, che ha fatto maturare il suo songwriting, rendendo i suoi dischi più complessi, variegati e “adulti” rispetto al materiale risalente agli anni della gioventù scapestrata. Questo percorso creativo viene portato avanti e integrato con un nuovo capitolo, “Possession“, diciassettesimo lavoro sulla lunga distanza, pubblicato il mese scorso su Drag City records, e che giunge a un anno di distanza da “Three bells” e dall’Lp sperimentale “Love rudiments“.

Il frontman e polistrumentista di Laguna Beach canta e fa quasi tutto da solo, eccetto il farsi aiutare dal regista e amico Matt Yoka nella stesura dei testi, e avvalendosi dell’incursione di archi, tromboni e sassofono disseminati lungo il full length e suonati da vari ospiti (tra i quali figura il vecchio compare Mikal Cronin) permeando tutto il long playing degli ormai consueti intrecci chitarristici elettro-acustici e di una aura psych/blues/glam rock con distinti richiami Beatlesiani. Tra l’opener “Shoplifter” che sprizza “Revolver” da tutti i suoi pori, una Lennoniana “Hotel“, una Harrisoniana “Skirts of heaven“, una title track e “Shining” (probabilmente il miglior brano del lotto, insieme a “Fantastic tomb“) dal retrogusto Bolan/Bowie, una “Buildings” dagli echi Beck-iani, “The Big day” che cita “Ziggy Stardust” a piene mani, la nenia psichedelica nervosa SydBarrettiana di “Alive” e la conclusiva “Another California song” che mischia T-Rex, Lennon/McCartney e Beach Boys (a tal proposito, REST IN PEACE, Brian Wilson) il nostro si applica nel dare ancora nuovi spunti di interesse e un senso compiuto alla retromania.

Ascoltare un nuovo Lp di Ty Segall, da qualche tempo a questa parte (esclusi i progetti con le band di cui è parte integrante) suscita lo stesso sentimento che si prova quando si continua a seguire per inerzia/abitudine qualcosa o qualcuno (che sia un programma televisivo, o una determinata serie tv/saga cinematografica, o il comico o attore o sportivo o altro preferito, o la propria squadra del cuore, eccetera eccetera) a cui si è emotivamente legati, soprattutto per quanto ci ha fatto godere, gioire, ridere o riflettere in passato, e che per un motivo o per un altro non scalda più il cuore nel presente, ma per affetto e/o riconoscenza e “tradizione” non lo si molla e gli si vuole ancora bene, nonostante sia passato tanto tempo, si cresca e sia cambiato il contesto generale da ambo le parti. Noi (o, almeno, chi vi scrive) continuiamo a preferire Segall in una veste sonica più essenziale e senza troppi orpelli (come accade nei FUZZ o nei C.I.A.) ma il credito di stima resta immutato nei suoi confronti. Revivalista sì, ma nel modo giusto.

Ty Segall - Possession

Shoplifter

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