“Il filo del rasoio” (1944) racconta di Larry Darrell, un giovane americano traumatizzato dagli orrori della Grande Guerra che per fascino, bellezza e intelligenza potrebbe avere tutto ma che, invece, sceglie la via più imprevedibile: vivere, qualunque cosa questo significhi, da lavorare in miniera a imbarcarsi come mozzo o partire per l’India alla ricerca dell’Illuminazione.
Ed è lì, in India, presso una civiltà con scarse risorse materiali ma con l’equilibrio individuale raggiunto da secoli di meditazione, che Larry va a vivere; ed è lì che incontra la persona che cercava, un sapiente indù grazie al quale trova finalmente la pace e la stabilità interiore, ciò che non avrebbe mai trovato in Europa o nella sua Chicago, in quell’Occidente caratterizzato dalla spasmodica ricerca della sicurezza materiale.
Il vero interesse del romanzo è nella convinzione di Maugham – inglese, figlio di un diplomatico, cresciuto nella cultura tardo-coloniale – che l’India possa scardinare le assurde e futili certezze sociali della borghesia capitalistica.
Potrete leggere passaggi come questi:
- (…) ricordo, dopo una battaglia, una catasta di caduti francesi ammucchiati uno sull’altro. Parevano i pupazzi di un teatro di marionette fallito, gettati alla rinfusa in un cantone polveroso perché ormai inutili. Allora pensai (…) i morti sembrano tremendamente morti.
- Era un cattolico devoto; teneva un crocifisso sopra il letto e la domenica andava regolarmente a messa. Il sabato sera si ubriacava.
- (…) i reali rovinano una festa. (…) È la gente più ingrata del mondo; ti usano, e quando non gli servi più ti buttano in un canto come una camicia sfilacciata; accettano da te innumerevoli favori, ma non ce n’è uno che attraverserebbe la strada per contraccambiarti con una minima cosa.
- Il 24 ottobre del 1929 la borsa di New York andò a rotoli. (…) ho passato il settembre del ’29 a Roma. (…) I miei amici del Vaticano mi dissero che il crollo era prossimo e mi consigliarono vivamente di vendere tutti i miei titoli americani. La Chiesa cattolica ha dietro di sé la saggezza di venti secoli e io non esitai un attimo. Telegrafai di vendere tutto e comprare oro (…). Non ho perso niente, anzi ho fatto una barca di soldi. Tempo dopo potei ricomprare i miei titoli per una frazione del prezzo originario (…).
- Mi venne fatto di congetturare che il diavolo, vedendo le guerre crudeli causate dal cristianesimo, le persecuzioni e le torture inflitte da cristiani a cristiani, la cattiveria, l’ipocrisia, l’intolleranza, debba considerare con compiacimento il bilancio consuntivo.
- (…) sono un libero pensatore e credo che la religione sia solo una congiura dei preti per dominare il popolo (…).
- Sapevo che erano stati uccisi uomini a centinaia di migliaia, ma non li avevo visti morire, e a me non diceva molto. Poi vidi un morto con i miei occhi. La sua vista mi riempì di vergogna. (…) Vergogna, perché quel ragazzo, era appena tre o quattro anni più vecchio di me, quel ragazzo che aveva tanta energia e coraggio, che un momento prima era così pieno di vitalità, che era così buono, adesso era un pezzo di carne maciullata e sembrava non fosse mai vissuto. (…) Quella notte non dormii. Piansi. Non avevo paura per me; ero indignato, era l’infamia di una cosa simile che mi atterrava. La guerra finì e tornai a casa.
- Non riuscivo a credere. Volevo, ma non potevo credere in un Dio non migliore di una comune persona perbene. I monaci mi dicevano che Dio ha creato il mondo per sua glorificazione. A me non sembrava un fine molto meritorio. Beethoven creava le sue sinfonie per essere glorificato? Non credo. Credo che le creasse perché la musica che aveva nell’anima esigeva espressione, e poi le rendesse quanto più perfette poteva. Ascoltavo i monaci ripetere il Padrenostro; mi chiedevo come mai continuassero imperterriti a pregare il padre celeste di dare loro il pane quotidiano. I bambini implorano il loro padre terreno perché li sostenti? Si aspettano che lo faccia, non provano né occorre provino gratitudine perché lo fa, e noi biasimiamo un uomo che mette al mondo figli cui non può o non vuole provvedere. Mi pareva che un creatore onnipotente, se non era disposto a provvedere le sue creature del necessario per l’esistenza, materiale e spirituale, avrebbe fatto meglio a non crearle.
- Avevo conosciuto dei furfanti a Parigi e altri ne conobbi quando tornai a Chicago; ma per lo più la loro furfanteria era dovuta all’ereditarietà, che non dipendeva da loro, o all’ambiente, che non avevano scelto: non so se la società non fosse responsabile più di loro dei loro crimini. Se fossi stato Dio non mi sarei indotto a condannare nessuno, nemmeno il peggiore, alla pena eterna.
- Aveva il fare pomposo e la falsa cordialità di un politico di mezza tacca (…).
- Che una cosa sia creduta da molti non è garanzia della sua verità.
- Per parte mia penso che il bisogno di adorare sia solo un relitto dell’antico ricordo di dèi crudeli che andavano propiziati.
- Mi è sempre sembrato che ci sia qualcosa di patetico nei fondatori di religione i quali pongono a condizione della salvezza che si creda in loro. È come se avessero bisogno della nostra fede per aver fede in sé stessi. Mi ricordano quelle vecchie divinità pagane che diventavano esangui e deboli se non erano sostentate dagli olocausti dei fedeli.
- Loro (gli indiani, nda) pensano che con le nostre innumerevoli invenzioni, con le nostre fabbriche e macchine e tutto ciò che producono, noi cerchiamo la felicità nelle cose materiali, mentre non in esse sta la felicità, ma nelle cose dello spirito. E secondo loro la via che abbiamo scelto porta alla distruzione.
- I filistei hanno abbandonato da un pezzo la gogna e il rogo come strumenti per spegnere le opinioni che temono; hanno scoperto un’arma molto più micidiale: il ridicolo.
- “Risulta che questa Macdonald aveva una pessima reputazione. Era un’ubriacona, una drogata e una ninfomane. Usava andare a letto non solo con i marinai in libera uscita ma con tutta la marmaglia della città. Com’è che una persona della sua età e rispettabilità conosceva un tipo simile?”. Ero incline a dirgli che non erano affari suoi, ma dalla diligente lettura di centinaia di racconti polizieschi ho imparato che con la polizia è bene essere cortesi.
Date un’occhiata alla rubrica RILEGGIAMOLI, tante soprese vi aspettano !
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