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Recensione : The queen is dead volume 86 – Black Lips\ Halloween Ends\Flying Disk\Arva Vacua

Bellissima colonna sonora della prossima apocalisse da parte dei Black Lips, poi la colonna sonora dell'ultimo appuntamento con Micheal Myers, il ritorno dei fossanesi Flying Disk e l'ep di esordio dei romagnoli Arva Vacua.

The queen is dead volume 86 - Black Lips\ Halloween Ends\Flying Disk\Arva Vacua

The queen is dead volume 86 – Black Lips\ Halloween Ends\Flying Disk\Arva Vacua

Bellissima colonna sonora della prossima apocalisse da parte dei Black Lips, poi la colonna sonora dell’ultimo appuntamento con Micheal Myers, il ritorno dei fossanesi Flying Disk e l’ep di esordio dei romagnoli Arva Vacua.

BLACK LIPS

Decimo disco per una delle realtà più consolidate dell’universo indie rock, gli americani Black Lips con “ Apocalypse love” su Fire Records.

Il titolo ci introduce in maniera più che esaustiva al cuore del progetto dei Black Lips, creare musica ballabile in una possibile apocalisse che in questi anni appare molto vicina e possibile. Il gruppo nel corso della sua carriera è stato uno degli ensemble maggiormente innovativi in campo underground, sapendo fondere innovazione e tradizione, dato che nel loro suono e forse ancora di più in questo disco c’è tantissimo degli anni cinquanta e sessanta americani. Ogni canzone fa storia a sé, anche se l’insieme tiene benissimo, dato che questo disco è stato studiato più come raccolta di canzoni come solevano essere gli album nei decenni passati.

Ci sono moltissime cose qui dentro, da delicati sintetizzatori a pezzi acidi, blues dannati e narcotici, sogni che diventano incubi e incubi che prendono vita, in un continuum lisergico e dalle mille direzioni. I Black Lips sembrano essere un’orchestra più che un normale gruppo, ogni musicista fa delle cose in apparenza slegate fra loro che poi si legano fra loro in maniera quasi perfetta, creando un suono unico che può ricondurre ai Beatles come ai gruppi garage anni settanta, sempre con delle ottime idee e tanta melodia anche nei momenti maggiormente dissonanti. Il disco esprime molti sentimenti e stati d’animo e ne induce molti anche all’ascoltatore, che deve porsi qui come si porrebbe davanti ad un viaggio, ad una fuga in uno spazio musicale assolutamente diverso dagli altri, e dove succede sempre qualcosa che non ti aspetti, come una canzone pop country dopo un pezzo molto psichedelico. I Black Lips riescono a fare tutto con classe e un suono sempre valido e ben prodotto, un gruppo unico e impossibile da imitare se non in maniera sbagliata.

Accordi, tremolii della chitarra e appoggi di batteria, voce suadente, distorsioni e momenti quasi orchestrali, queste sono solo parte di ciò che troverete qui.

Un esempio su tutti la canzone che dà il titolo al disco “Apocalypse love”, incredibile e dolcissima, per una fine sostenibile.

HALLOWEEN ENDS

Esce per la meravigliosa etichetta Sacred Bones Records la colonna sonora di “Halloween ends”, il film che darà fine ad una della saghe più famose del cinema mondiale. Iniziata 45 anni fa con il primo capitolo diretto da John Carpenter che cura anche questa colonna sonora con il figlio Cody Carpenter e con il collaboratore di lunga durata Daniel Davies. Il regista David Gordon Green ha chiamato John Carpenter per musicare il film per chiudere il cerchio delle avventure di Michael Myers e Laurie Strode.

Il tredicesimo film di questa lunga saga ha come punto di forza questa colonna sonora, firmata da Carpenter padre e figlio, che hanno già firmato diversi dischi tutti di alta qualità, anzi negli ultimi anni John ha lasciato la regia per dedicarsi alla musica e anche nel campo musicale è un fuoriclasse assoluto, e questa colonna sonora ne è la conferma. “Halloween ends” è un disco che può essere ascoltato in maniera totalmente disgiunta rispetto al film, ed è un disco che incute paura, desiderio ed è tenebroso ed oscuro in uno stile anni ottanta, con grande cura dei particolari ed un suono molto Carpenter, maestro anche nelle colonne sonore, dato che ne ha composte molte anche per i suoi films.

I tre riescono ad infondere un’atmosfera particolare a questo lavoro, innanzitutto colpisce la modulazione dello spettro sonoro, la musica non è mai troppo alta e non sovrasta tutto come nella maggior parte delle colonne sonore odierne,ma accompagna la scena e ne diventa uno strumento, e che strumento in questo caso.

Lo stile sonoro ricalca molto quello dei primi episodi della saga di Halloween e chiude nella migliore della maniere questa avventura. La musica dei Carpenter è sempre molto interessate e la Sacred Bones ha compreso subito che i loro lavori sono validissimi a prescindere dal nome che è sicuramente importante. Padre e figlio sono anche due incalliti giocatori di videogiochi e molti pezzi di questa colonna sonora sono ispirati alle musiche dei videogiochi, ma siamo sicuri che non sia invece stato il contrario e cioè le colonne sonore di Carpenter hanno influenzato negli anni i compositori della musica di certi videogiochi ?

Una gran bella colonna sonora per chiudere una storia importantissima, composta da chi ha iniziato tutto e possiede una mente musicale prestata al cinema ed unica al mondo.

FLYING DISK

Tornano i Flying Disk gruppo di Fossano in provincia di Cuneo, al loro terzo disco dopo gli ottimi “Cycling further down” del 2014 uscito grazie anche alla genovese Taxi Driver Records e alla savonese Dreamin Gorilla Records, e “Urgency” del 2018.

Tempo ne è passato e il loro suono è cambiato profondamente, andando sempre avanti e senza mai fermarsi su di un genere o su di una definizione. I loro esordi contenevano molto noise e math, una pellicola abrasiva che teneva insieme un suono molto potente ed abrasivo. In questo ep “ In the heart of the city”, coprodotto dalla francese Araki Records, la statunitense Forbidden Place Rec, la svizzera Urgence Disk e l’italianissima Karma Conspiracy, tutto muta e diventa più personale ed intimo, con un suono incredibile che non abbiamo quasi mai sentito in Italia. Il gruppo fossanese riesce nella difficilissima impresa di mettere assieme emo, noise, molto indie di alta qualità e sono definizioni abbastanza inutili perché il tutto è molto originale e suona freschissimo come alcuni gruppi americani emocore degli anni novanta e primi duemila.

Come se prendeste gli Unsane, di cui avevano fatto una cover nel primo lavoro, e una buona dose di melodia, con qualche fuga stoner. Chitarre distorte, basso che pulsa tantissimo e si integra molto bene con una batteria che sa sempre cosa fare, e tutti insieme per trovare soluzioni musicali mai ovvie e scontate. I Flying Disk sono un oggetto musicale non identificato che vola nei cieli italiani e non solo, descrivono la vita di persone che sono radicate in provincia o nelle città provinciali, quegli sconosciuti familiari che sono proprio come noi e che tentano di vivere la propria vita parando i colpi bassi, e descrivono tutto ciò molto bene.

Questi quattro tracce sono molto belle e anche commoventi a tratti, un cambiamento sonoro non indifferente frutto di una meticolosa ricerca musicale, un cambio che era già in nuce nei lavori precedenti e che qui tocca vette molto alte, per un gruppo che progredisce sempre.

Notevolissima anche la copertina e tutto il lavoro grafico.

ARVA VACUA

Ep d’esordio dal titolo “Tales from holographic seas” per i romagnoli Arva Vacua su Lagnofono Factory. Ep di sei tracce molto cinematografiche e sospese fra elettronica, post rock e musica contemporanea, molto visionarie e cariche di significato e musicalità. I protagonisti di tutto ciò sono Francesco Cellini che si diploma in conservatorio e suona il violoncello nei dischi storici di Afterhours, Scisma e Pitch, e conosce Andrea ‘Andy’ Para, che suona ogni tipo di percussioni. Il cerchio si chiude con il supporto fondamentale di Emilio Albertoni, fonico, produttore e polistrumentista con Gianluca Lo Presti e Alessandra Gismondi dei Pitch.

Questi ragazzi sono musicisti con grande tecnica e soprattutto una grande capacità compositiva e di scrittura musicale, sanno addentrarsi nel suono e ricavare immagini cinematografiche molto vivide e potenti. Il loro suono è sia molto ricercato che onirico, un insieme di immagini e sensazioni con un suono molto ben definito che ha qualcosa del post rock per quanto riguarda la profondità ma che è molto personale e molto Arva Vacua per poter fare dei riferimenti. Il titolo rimanda alle immensità degli oceani, non oceani reali ma olografici, e ciò potrebbe essere qualcosa che si associa molto bene alla loro musica che è davvero vasta e molto immaginaria.

Ci sono due tracce intitolate “Nebbia part one” e “Nebbia part two” che sono come un sogno, come quando si avanza nella nebbia e non si sa cosa c’è dopo e il mondo viene creato letteralmente sotto i nostri occhi. In alcuni momenti l’incedere è quasi trip hop per sensazioni, ma la musica è totalmente diversa da quel genere.

Gli Arva Vacua sono un gruppo molto creativo che fa musica intelligente e non di consumo, musica che va fatta scorrere come l’acqua pura e può essere fredda o calda, ma è sempre pura.

Dolcezza e malinconia si incontrano in una grande fotografia di uno spazio immenso.

 

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