Gli anni passano per tutti,per i musicisti,per i recensori e per gli ascoltatori.
Questo inciso tanto semplice quanto inconfutabile vale tanto per Araya (vero deus ex machina degli Impossibili),il musicista,che per me in questo caso nella doppia veste di recensore e di ascoltatore.
Dal lontano 1994 di acqua sotto i ponti ne è passata parecchia;Araya ha messo su famiglia con la ragazza tatuata di cui già accennò in uno dei suoi brani,ed ha due splendidi figli e anch’io,nel mio piccolo,ho fatto il mio,anche se lui vanta ancora una “testata” di capelli che mi fa non poca invidia.
Ma torniamo a noi,si diceva del tempo che passa e che,inevitabilmente cambia le persone,e cosi’ gli Impossibili da quel vero e proprio must che fu “Sul sedile con te” ( a proposito se siete fra i possessori di quella epocale compila che si intitolava Flower punk rock tenetevela stretta perchè è già ora oggetto di culto) oggi tornano con con questo album ricco di pezzi dai testi di ben altro spessore sinonimo di una presa di coscenza che gli ha portato la maturità.
Attenzione non parlo di liriche noiose o retoriche ma della presa di coscenza dei problemi che affliggono tanto il mondo quanto la più stretta sfera personale e che vengono trattati con la semplicità e l’urgenza che solo un vero gruppo punk sa possedere.
Scendendo nei particolari citerò quelli che sono i brani che più mi hanno colpito all’interno di questo scoppiettante album:l’iniziale “Milano” feroce critica della realtà meneghina dal ritornello killer che ci si scopre a canticchiare sin dal primo ascolto,”La mia ragazza 3.20″ con quei coretti che fanno tanto Impossibili prima maniera,”No nazi” ennesimo quanto doveroso monito al dilagare della follia di idee già sonoramente sconfitta dalla storia e la conclusiva e secondo me riuscitissima cover del classico di Battiato “Voglio vederti danzare”.
In conclusione un gran rientro considerando che di gruppi come gli Impossibli ce n’è e ce ne sarà sempre bisogno.
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