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Recensione : Winter Dust – Unisono

Winter Dust - Unisono. Seguendo le decisioni degli altri costruiamo i nostri castelli di sabbia, che rimangono in piedi il tempo di un sogno breve, quando usciamo dalla stanza e vediamo che fuori fa buio presto il due di novembre, vibrando in unisono.

Seguendo le decisioni degli altri costruiamo i nostri castelli di sabbia, che rimangono in piedi il tempo di un sogno breve, quando usciamo dalla stanza e vediamo che fuori fa buio presto il due di novembre, vibrando in unisono.

Ritorno su disco per i padovani Winter Dust, uno dei gruppi italiani che scatenano più emozioni al loro ascolto e questo “Unisono” è un bellissimo vortice.

Il disco esce grazie alla collaborazione fra le etichette Voice of The Unheard \Time As A Color\Dingleberry Records\Shove Records, ed è abbastanza difficile da descrivere perché solo ascoltandolo capirete bene.

Post-rock? Post-Hardcore? Sì certo ma anche emo di quello buono, ma soprattutto grande musica, ascoltare i Winter Dusi è come volare al di sopra le nuvole delle nostre vergogne, accettarci mentre ci tuffiamo in un mare caldo, cullati da una musica che nasce dal nostro disagio e dalla nostra inadeguatezza, ma che ci offre speranza proprio attraverso il suo ascolto, come fosse un pianto, come fosse una doccia che lava via lo sporco e dopo la pelle respira più libera.

Gli arpeggi di chitarra, la batteria che batte chiara e forte, il basso che contrappunta tutto, la voce in italiano che grida e strappa, cura e ripara, le suggestioni e gli abissi, le piccole tracce sull’erba, e i solchi sulla sabbia, il cantare a squarciagola sotto il palco una canzone come “Sogno breve” che ha un incedere magnifico, un pianoforte che ti parla ed è subito Winter Dust.

“Unisono” è un disco che sancisce il prima ed il dopo della loro carriera, dato che è il primo cantato in italiano e soprattutto cantato, perché nei quattro dischi precedenti il gruppo metteva brevi testi in inglese qui e là sopra un tappeto prevalentemente post rock, ma il tempo passa, la rabbia cresce e ci si vuole esprimere nella propria lingua, non c’è nulla da fare.

Come quando ci si arrabbia o si sente davvero qualcosa e ci si esprime nella lingua di quando si era bambini, i Winter Dust come tutti noi hanno tantissime cose da dire di questi ultimi disgraziati anni, e le dicono con urgenza ma mantenendo una melodia ed una meravigliosa consapevolezza dello spazio musicale. Le loro canzoni sono come stanze, ad esempio proprio “Stanza” di questo lavoro, dove dispongono cose nello spazio, siano grida, chitarre, batteria o basso e questi oggetti compongono uno stile o anche solo un ricordo, un simbolismo di una situazione magari banale ma che ci rimane nel cervello impressa a fuoco. Sono cose importanti, è musica importante, un lavoro di classe superiore, di un sentire diverso e complesso, non si cerca la reductio ma ci si tuffa a croce in acque spesso agitate. “Unisono” è stato registrato al Raptor Studio da Matteo Tabacco (Dufresne, Slander, Destrage) tra aprile e luglio 2022, mixato da Chris Teti (The World is a beautiful place and i’m no longer afraid to die, Fiddlehead) nell’autunno 2022 al Silver Bullet Studio di Burlington, Connecticut ed il master è di Bill Henderson.

Intensità dalla prima all’ultima, e quella meraviglia di ascoltare musica che torna come quando eravamo più giovani e ci stupivamo di certi dischi meravigliosi, mentre adesso, vaffanculo a noi, discutiamo e svisceriamo le cazzate.

Seguendo le decisioni degli altri costruiamo i nostri castelli di sabbia, che rimangono in piedi il tempo di un sogno breve, quando usciamo dalla stanza e vediamo che fuori fa buio presto il due di novembre, vibrando in unisono.

Altre recensioni:

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