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Recensione : True di Mike Tyson, edito da PIEMME

I trionfi di Myke Tyson, le cadute, le battaglie per uscire dalla dipendenza da ogni tipo di sostanza e la lotta disperata per cambiare il suo destino, sono molto di più di questa biografia pubblicata nel 2013; sono l’epopea di un uomo che, ora, dice di sé: “Sono diventato vecchio troppo presto e intelligente troppo tardi”.

True di Mike Tyson, edito da PIEMME

I trionfi di Myke Tyson, le cadute, le battaglie per uscire dalla dipendenza da ogni tipo di sostanza e la lotta disperata per cambiare il suo destino, sono molto di più di questa biografia pubblicata nel 2013; sono l’epopea di un uomo che, ora, dice di sé: “Sono diventato vecchio troppo presto e intelligente troppo tardi”.

Questo libro è dedicato ai reietti: a quanti sono stati condizionati, emarginati, sedati, perseguitati e ingiustamente accusati. E che sono incapaci di ricevere amore.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

 

  • Ai combattenti piace la guerra, ci si sentono a proprio agio. In tempo di pace sono irrequieti, si credono inutili. Così tendono ad agitare le acque.
  • (…) lessi anche libri di Mao, Che Guevara, Machiavelli, Tolstoj, Dostoevskij, Marx e Shakespeare. Ho letto anche Hemingway, ma lo trovavo un po’ noioso. Ero attratto da libri che parlavano di ribellione e di rivoluzione; il mio preferito era Il Conte di Montecristo, di Alexandre Dumas. Mi identificavo con il protagonista, Edmond Dantès, che era stato incastrato dai suoi amici e sbattuto in prigione. Però non era rimasto lì a lamentarsi: si era preparato per il ritorno e la vendetta. Ogni volta che mi sentivo giù, leggevo qualche pagina di Dumas. Ero incazzato con la società, mi consideravo una vittima. Dicevo sempre che un tiranno muore quando il suo regno finisce, ma quando muore un martire, è allora che inizia il suo regno. La lettura di Mao o Che Guevara mi fece assumere posizioni ancora più avverse al sistema. Mao mi piaceva così tanto che mi feci tatuare la sua faccia sul corpo.
  • La prigione non riabilita: ti rovina. (…) quando esci vali comunque meno di quando sei entrato. Ero diventato paranoico, pensavo che tutti volessero farmi del male, sentire le sirene di un’ambulanza mi gettava nel panico. (…) Non ero più lo stesso uomo, mi ero indurito. Fondamentalmente la prigione mi aveva strappato via la vita. Non mi fidavo più di nessuno, nemmeno di me stesso quando stavo in mezzo a certe persone.
  • Vogliamo dimostrare di essere come gli altri, ma non è affatto così. Se sei nero, sei continuamente in guerra. Non importa quanto sei ricco o quanto potere hai, ce l’avranno sempre e comunque con te.
  • (…) il governo cubano non permette ai locali di frequentare le strutture per turisti. Dicono di voler proteggere gli stranieri dalle prostitute, che potrebbero mettere droghe o lassativi nei loro drink per poi derubarli, ma io credo semplicemente che vogliano impedire ai cubani di sperimentare i lussi della vita.
  • Dicono tutti di credere in Dio, ma nessuno si rimbocca le maniche per realizzare l’opera di Dio. Anzi, vanno contro i suoi precetti, contro il senso profondo del suo insegnamento. Se Gesù fosse qui, credete che mi mostrerebbe amore? Sono musulmano, pensate che Gesù mi amerebbe comunque? Io sono convinto che si farebbe un bicchiere con me e mi direbbe: “Perché fai così?”. Sarebbe una figata. Nessun cristiano, invece, si è mai comportato in questo modo. Mi sbattevano in prigione e scrivevano articoli infamanti su di me; poi andavano in chiesa la domenica a dire che Gesù è un uomo meraviglioso e tornerà per salvarci. Non si rendono conto che, quando tornerà, questi capitalisti folli e avidi lo uccideranno di nuovo.
  • Non ho un orologio, non ho soldi e neppure il telefono, ma mi sento così in pace. Nessuno mi dice “Vai qui, vai lì” o “Fai questo”. Prima avevo macchine che non guidavo mai, e non sapevo nemmeno dove fossero le chiavi. Avevo case dove non vivevo. E tutti cercavano di derubarmi. Adesso non ho nulla. Nessuno mi chiama, nessuno mi rompe, nessuno mi corre dietro. È tutto così tranquillo. Questa è ricchezza, amico mio.
  • Io fatico a capire i concetti, non arrivano a penetrarmi l’anima, ma sono certo che ci sia un disegno dietro l’universo. Nel caos che ci circonda, nel clima folle in cui viviamo, dev’esserci un equilibrio per non impazzire. Ciononostante, quasi tutte le chiese sfruttano i loro praticanti a scopo di lucro. Di questo sono convinto. Quindi la mia salvezza è una faccenda tra me e Dio.
  • Il pellegrinaggio alla Mecca e a Medina fu un’esperienza straordinaria, mi ha avvicinato ulteriormente alla mia fede. Però per certi versi rimasi deluso dal comportamento di alcuni fratelli musulmani. Al mio arrivo, cominciarono subito a reclamizzare la mia visita, come se così potessero dimostrare che l’Islam è superiore al cristianesimo e a tutte le altre religioni. Se ne infischiavano della mia crescita spirituale, gli interessava soltanto sfruttare il mio nome: “Il grande Myke Tyson è venuto per l’hajj”. Di me se ne fregavano, per loro rappresentavo soltanto un’opportunità pubblicitaria. Per l’ennesima volta nella mia vita, ero solo uno stupido negro da spremere.
  • Se pratichi davvero l’Islam nella sua forma più pura, diventi uno zerbino. A me non piaceva vivere così.
  • (…) con l’età, ti rendi conto che la vita non è fatta di ciò che ottieni, ma di ciò che perdi. E più invecchi, più perdi. I capelli, i denti, i tuoi cari. Puoi solo sperare di trarne forza e saggezza da trasmettere alle persone che ami.
  • Adesso provo una compassione assoluta per il prossimo. E non sono chiacchiere religiose. Non credo che confessare i tuoi peccati ti faccia guadagnare il paradiso. Non vivo pensando all’aldilà; per il momento questo mondo è tutto ciò che abbiamo. Bisogna fare del bene per il proprio progresso morale. Le buone azioni ti fanno sentire meglio di quelle malvagie. Fidatevi, io lo so. Ho combinato ogni sorta di casini, e non ne ho tratto alcuna soddisfazione. Solo fare del bene ti fa sentire appagato.

 

Ancora una cosa. Mike Tyson ebbe un incontro con Simon Wiesenthal, uno dei sopravvissuti alla Shoah, durante il quale si commosse tanto da donare una grossa somma per contribuire alla caccia ai criminali di guerra nazisti.

 

Marco Sommariva

marco.sommariva1@tin.it

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