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Recensione : THE ROUTES – THE TWANG · MACHINE

THE ROUTES – THE TWANG · MACHINE

L’elettronica del Krautrock germanico dei Seventies e l’immaginario sonoro surf strumentale/psych/western della California dei Fifties-prima metà dei Sixties: due mondi sonici e concettuali apparentemente inconciliabili tra loro, nella mente di tanti musicisti, ma non per i Routes. Già, perché la prolifica garage/psych band giapponese, guidata dall’instancabile talento del chitarrista/frontman britannico (ma giapponese di adozione) Chris Jack, dopo aver dato alla luce nel 2021 ben tre album, “Mesmerised” e gli strumentali “Instrumentals II” e “Shave Five“, in questa prima metà di 2022 si diverte a far incidere alla sua band una selezione di dieci cover strumentali di classici dei Kraftwerk, seminale band elettronica tedesca (spesso definiti “i Beatles della musica elettronica“, nonché precursori della techno music) raccolte in un nuovo album, intitolato “The Twang· Machine“, che anche nel titolo si ispira a uno degli album più conosciuti e iconici del quartetto di Dusseldorf, “The Man-Machine“, palesemente omaggiato anche nella copertina del disco, che vede i Routes in posa a emulare i quattro “uomini-macchina” teutonici, che originariamente pubblicarono l’Lp nel 1978.

 

Uscito su Topsy-Turvy Records (Soundflat) in collaborazione con Double Crown Records e Otitis Media Records, “The Twang · Machine” vede il trio nippo-scozzese cimentarsi nella riproposizione dei vari cavalli di battaglia dei Kraftwerk, donando a “The Model“, “Neon Lights” (qui in una magnifica e languida versione rumba) “The Robots“, “Computer Love“, “Trans-Europe Express“, “Radioactivity” e agli altri pezzi una nuova vita attraverso un intelligente ripensare, riarrangiare e stravolgere i brani originali, assemblando un caleidoscopico viaggio nello spazio e nel tempo, contraddistinto da un mood da assolate spiaggie californiane e l’oceano ora quieto, ora in tempesta da affrontare (in stile “Un mercoledì da leoni”) il sogno di una “estate senza fine” di Beach Boysiana memoria, surf rock, twang (da cui il titolo) riverberi, tremolo e atmosfere spaghetti western (particolarmente appropriate negli azzeccati remake di “Showroom Dummies” e del pezzo più famoso del lotto, “The Model“) coi fantasmi di Don Wilson e Dick Dale che aleggiano prepotenti tra una canzone e l’altra e benedicono l’operazione, perfettamente riuscita, di far convivere i sintetizzatori Moog con le chitarre elettriche, fondendole in una sola entità, e di “umanizzare” il suono freddo e computerizzato del compianto Florian Schneider e soci, filtrandolo attraverso l’effervescenza della musica strumentale surf (la musica giovanile per eccellenza) suonata da persone “vere”, che trasformano l’identità de i canovacci più noti dei giganti del Kraut/electro/synth pop mondiale, col risultato di farli brillare di luce e propria e farli sembrare quasi delle nuove canzoni uscite dalla penna di Chris Jack.

 

Ben vengano questi esperimenti di sincretismo musicale, se questo è il risultato: dieci fresche tavole da surf fabbricate in Deutschland ma esportate in California (via Giappone) modificate per aiutarvi a combattere il fuoco della calura estiva, in attesa di cavalcare l’onda più alta.

 

TRACKLIST

 

SIDE A:
1. Computer Love
2. The Model
3. Pocket Calculator
4. Showroom Dummies
5. Tour de France

 

SIDE B:
1. The Robots
2. Autobahn
3. Radioactivity
4. Transe Europe Express
5. Neon Lights

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