Nuova proposta da casa Wallace, confezionata dal duo Mattia Coletti/Xabier Iriondo.La fagocitazione sonora alla quale ci sottopone la coppia è un’ architettura profonda e calda, una dendriaca pulsione oltre il blues, una commistione di fragranze intimiste e di palpitazioni palustri, dove trovano espressione le sperimentazioni che sembrano scaturite da un ipotetico incontro tra Devendra Banhart, John Cage e un qualsiasi menestrello di strada a New Orleans.La ricerca musicale del disco scala i muri dell’urbano, va a scovare i vuoti esistenziali della contemporaneità attraverso una musica delle radici.Si può parlare di un assemblaggio di dodici tracce che sviluppano più che un susseguirsi di canzoni, un percorso vero e proprio.Dei trentasette minuti che compongono la durata del cd, troviamo i picchi più alti nel brano #1, dove la voce fuoricampo di Mattia si fonde geometricamente nell’ intelaiatura condotta magistralmente dal già Afterhours Iriondo e nella minimal-folk, se così si può dire, del brano #9, dove sperimentazione e tradizione trovano sodalizio in maniera impeccabile.Una buona opera prima che però dovrà fare i conti con quello che sarà il processo evolutivo/ creativo stesso dei due, che a mio avviso suona tanto estemporaneo ed ispirato, quanto a tratti nutrito di un’ equilibrio non troppo stabile e convinto.
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