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Recensione : Pink Butter – Can We Go Back

Un collettivo svedese che fa neo-soul meglio di tanti americani è tutto dire, e i Pink Butter si sforzano di non farcelo notare in un EP che resta umile, senza suonare uguale a nient’altro.

Pink Butter - Can We Go Back

Pur sforzandomi, non mi viene in mente niente di simile ai Pink Butter. Forse solo i dischi pieni di ospiti dei grandi collettivi hip-hop americani – i mixtape della Spillage Village o della Odd Future di Tyler, the Creator, oppure le compilation della Death Row Records e della Dreamville di J. Cole. Ma il gruppo svedese non rappa, l’hip-hop lo prende in giro per concentrarsi nel fondere R&B, soul e neo-soul in sei brani che nel panorama musicale di oggi non hanno simili.

Chitarrista, batterista, tastierista e bassista compongono i Pink Butter, collettivo svedese fondato su un’unica sacra regola: la musica dal vivo. Il loro EP di debutto “Can We Go Back”, uscito su DeepMatter Records, nasce da sessioni live in studio, infuso dell’energia dei dischi soul classici, impossibile da riprodurre nei brani confezionati in digitale che scalano le classifiche. Il progetto è un affascinante viaggio in metropolitana tra gli anni ‘90 di Lauryn Hill e D’Angelo e i primi duemila di Angie Stone, la Svezia soul di Titiyo ma anche l’energia funk di Roy Ayers. A bordo della metro salgono ospiti dal background diversissimo, accomunati dal motto che dà il titolo all’album: “possiamo tornare indietro” alla fermata prima, possiamo tornare indietro a un’epoca in cui la musica si faceva con gli strumenti e non con il mouse, possiamo tornare indietro e riascoltare “Can We Go Back” da capo ancora e ancora finché non avremo capito cosa vogliono dirci i Pink Butter. Il rischio di dire alla fine “suona come…” non scompare nel momento in cui si capisce l’obiettivo del gruppo: non ispirarsi, ma piuttosto aspirare ad essere come i loro artisti preferiti, facendo dell’ambizione (con estrema modestia) quello che li distingue da mille altri.

In “Made for Me” accolgono a bordo il primo ospite, direttamente dalle fila dei The Vanguard di D’Angelo, in una serenata cantata su una chitarra che fa da seconda voce al falsetto di Holmes, in un bellissimo featuring cantante-strumento. Holmes resta per un’altra fermata, quella in cui sale la cantante svedese Venus Anon, che insieme intona “U”. Il sound è vicino al R&B svedese, al trip hop di Erika de Casier, unito al soul tradizionale di Holmes sul ritornello. Venus è la perfetta rappresentante degli anni 2000, del bedroom pop, della musica fatta dalle ragazze con i capelli colorati e i piercing nella propria stanzetta. Non ha difficoltà però a cavalcare il groove dei Pink Butter, che dimostrano di saper giocare con generi e voci di ogni tipo senza mai sfigurare. La prossima fermata è il ghetto di Detroit, per far visita a un capostipite della scena rap internazionale: il singolo che dà il nome all’EP vede il featuring di T3 degli Slum Village, storico duo rap americano insieme a J Dilla. T3 rappa di una relazione finita male, dei rancori ancora da risolvere e dei rimpianti dettati dal desiderio ancora vivo. Sotto al testo spoglio, la musica è soul, morbida, fa da contrappunto alla tastiera drammatica tipica degli anni d’oro dell’hip-hop.

Dalla terra natia della band sale a bordo anche Joanné Nugas, famosa per essere la voce di Ariel nella versione svedese della Sirenetta, oltre che una delle voci più belle del panorama svedese. “Alright” è ipnotica, seducente, un incantesimo che non lascia scampo, il canto di una sirena che invita a pensare positivo e remare sempre nella direzione giusta. “I think I lost my mind” canta invece l’ultima ospite, Elma, in “Lost My Mind” traccia che chiude il disco in un trionfo di percussioni e tastiera. Giunti al capolinea, succede qualcosa di inaspettato: dalla metro non scendono gli ospiti, ma i quattro amici. “Can We Go Back” è quasi più degli artisti featured che degli stessi Pink Butter, e dunque spetta a loro scendere e lasciarli tornare indietro, mentre loro si dirigono verso il loro prossimo viaggio.

“Can We Go Back” è un ritorno alla musica suonata dal vivo in studio, in quel piccolo universo che si crea tra le pareti insonorizzate, in mezzo agli strumenti e alle voci di ospiti scelti con cura, non in quello bidimensionale dello schermo di un computer. Sei canzoni sono probabilmente troppo poche per capire appieno il potenziale dei Pink Butter, ma sicuramente la strada è quella giusta per creare un sound che appartiene a loro soltanto, e a chi semmai vorrà ispirarsi quando anche loro saliranno alla prima fermata della metro di qualcun altro. Noi invece facciamo come gli ospiti, e torniamo indietro per riascoltare “Can We Go Back” da capo, ancora e ancora.

 

Pink Butter – Alright

Pink Butter – Can We Go Back tracklist

  1. Made For Me (ft. Jermaine Holmes) 02:01 
  2. Can We Go Back (ft. T3 of Slum Village) 02:54
  3. Alright (ft. Joanné Nugas) 04:47
  4. Voice Memo 00:50 
  5. U (ft. Venus Anon & Jermaine Holmes) 05:46
  6. Lost My Mind (ft. Elma) 03:45

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