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Recensione : Pia Fraus – Field Ceremony

La maestria dei Pia Fraus sta nel rendere il dream pop un genere ancora accattivante e ricco di invenzioni, per cui i vari umori infusi nelle canzoni appaiano nuovi e appetibili ad ogni ascolto. Inglobando esperienza e maturità compositiva il bel FIELD CEREMONY allunga la vitalità di un gruppo che si affaccia alle pendici del mito.

Pia Fraus – Field Ceremony

Dai paradisi del dream pop tornano a far sentire i loro sogni i redivivi PIA FRAUS, ensemble di Tallinn, capitale della Repubblica di Estonia, dopo dieci anni circa, periodo durante il quale gli ex-studenti d’arte riscoprono l’amore per la musica, portando a termine un lavoro certamente interessante e molto vicino al mondo shoegaze, carico di leggerezza e sonorità synth. Graditi gli impasti vocali e le ritmiche elaborate a metà tra tinte pastello e ben congegnate pennellate di vernice d’artista profuse su ampio formato. Un disco che celebra la band e il genere di cui sono sicuri alfieri dominanti e ormai incontrastati.

Nel blister di “Field Ceremony” ben dieci pilloline responsabili dei vari cambiamenti di stato causati nel sorbirle tramite centrifughe naturali di frutta e ortaggi di stagione. Supremo il succo di zucca, addolcito da bacche di prugnolo e allungato con gocce di rosa canina. Il periodo di uscita di tale disco è ottobre 2017, ma perché rinunciare a musica tanto gradevole anche in gennaio?

“It’s over now” è cugina lontana dei My Bloody Valentine; efficace il mantra ripetuto nella nebbiosa e macchinosa song, capace di far espatriare lontano dal ben delimitato recinto nella quale di base si muove.

“Never Again Land” segue il filo logico dell’opening, difficile toccare terra da queste alture di sofficità, il noise delle chitarre, che genera lo shoegaze tipico, cincischia con le armonie vocali. Neppure lo stacco ravvisato nei 30 secondi finali deraglia dal pattern proposto.

“Autumn Winds”: sebbene il disco sia uscito in autunno, e forse abbia voluto impressionare il pubblico calcando la mano su detta stagione, riesce invece in gran parte a slegarsi dalla stagionalità indicata battendo proprio sul terreno della sperimentazione, orchestrando nuove soluzioni; il buon ritmo ed il partecipe gioco di basso offrono in visione una bella installazione luminescente dagli effetti elettronici, che ne costituiscono l’ingerenza cospicua e distintiva.

“Mountain Trip Guide” asseconda una ballata slargandone i suoni, però fondamentalmente lo schema compositivo rimane inalterato; si batte il tempo con insistenza tendendo all’evanescenza evocativa di una certa gioia creativa.

Ascoltando “No Filter Needed” fiorisce una atmosfera da summer of love, situazionismo friendly spaces che si va ad impiantare in traiettorie stereolabiane con felice riscontro del processo inventivo, in cui il maquillage effettistico da synth non disturba, accrescendo il groove.

“Endless Clouds” è il pezzo che meglio disegna l’epoca passata, restituendo forza al pensiero ispiratore del gruppo, viaggiando attraverso decadi di suono, valicando il piatto mestiere.

Con “Sugar High of the Year” si supera il precedente pezzo in vigore, pare infatti che i Pia Fraus abbiano innestato una marcia segreta risultando fantastici nelle progressioni, nel beat, permettendo così alle armonie vocali di schizzare via e a tutta la parte dei synth e delle percussioni di elevare la track incitando alla rara seduzione gioiosa e danzante tipica dei Jefferson Airplane di “Won’t you try/Saturday Afternoon”. Report: trovate pepite d’oro durante un pic-nic a Hanging Rock?!

Paesaggi sonori in cerca di amici, ci sostanziamo cullandoci in “Don’t Tell Me How” non approfondendo né il “come” né il “perché”, solamente sospingendoci sui pattini lungo gli argentei laghi ghiacciati estoni.

“Brutal Truth of the World”. Il noise shoegalattico scende a patti con le voci, gli accordi rimbalzano fiduciosi perdendosi nel grigio perla psichedelico delle chitarre traversando l’animo dell’ascoltatore con disincanto/incanto; Pia Fraus fa onore al proprio nome (Bugie dette a fin di bene) e forse the next time ingaggerà Ry Cooder a dirigere le chitarre; intanto loro ci danno dentro egregiamente.

“That’s Not All”. Rinnovato invito a seguire una band che fa del proprio sound una certezza, una delle poche ‘fedeli alla linea’, già espressa dal proprio glorioso passato.

ETICHETTA: Seksound (EU), Shelflife (U.S.A.), Vinyl-Junkie Records (JAP)

TRACKLIST
1. It’s Over Now
2. Never Again Land
3. Autumn Winds
4. Mountain Trip Guide
5. No Filters Needed
6. Endless Clouds
7. Sugar High of the Year
8. Don’t Tell Me How
9. Brutal Truth of the World
10. That’s Not All

LINE-UP
Eve Komp – vocals, synths, metallophone, claps
Kärt Ojavee – synths, claps
Rein Fuks – guitars, vocals, percussions, synths, electronics, claps
Reijo Tagapere – bass, claps
Margus Voolpriit – drums, electronics, metallophone, claps

Back vocals by Kristel Eplik

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