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Recensione : New Candys – Vyvyd

Quarto album per i veneziani New Candys, dopo diversi cambi di formazione, e a quattro anni di distanza dall'acclamato predecessore "Bleeding Magenta", disco che aveva consentito al quartetto di portare in giro la sua musica in tutto il mondo, con tour europei, inglesi, nordamericani e australiani.

New Candys – Vyvyd

Quarto album per i veneziani New Candys, dopo diversi cambi di formazione, e a quattro anni di distanza dall’acclamato predecessore “Bleeding Magenta“, disco che aveva consentito al quartetto di portare in giro la sua musica in tutto il mondo, con tour europei, inglesi, nordamericani e australiani.

Vyvyd” è un disco la cui gestazione è stata frammentata dal 2018 al 2020, ma non tradisce le attese e conferma la salute di un gruppo più in forma che mai. Le influenze che guidano il sound dei ragazzi si muovono sempre sulle consuete coordinate: Jesus and Mary Chain, Suicide, Velvet Underground, Stooges, neopsichedelia e shoegaze (My Bloody Valentine, Spiritualized, Ride, Spacemen 3) ma in questa occasione il tutto è rivestito da una esigenza di evoluzione musicale verso territori inesplorati, con nuove idee come le tecniche di registrazioni digitali, combinando il tradizionale suono distorto analogico della band con l’uso di loop, drum machines e sintetizzatori. Il risultato è sicuramente riuscito, visto che i New Candys hanno forgiato un ottimo Lp, con dieci pezzi che si incastrano bene tra loro, durante lo scorrere di questo viaggio onirico e visionario, ispirato dal cinema di Kenneth Anger e Jodorowsky (come affermato dal combo veneto) in cui simboli religiosi e pagani vengono rivisti e distorti (l’ambivalenza della “Luce” raffigurata sia come il bagliore luminoso di ciò che si suppone essere divino, sia come riferimento a Lucifero, cioè il “portatore di luce”) attraverso messaggi subliminali, ricordi e immagini vivide generati da sogni e incubi.

Concetto di dualità ben rappresentato dal videoclip dell’opening track “Twin Mime“, dove le azioni dell’essere umano, credendo di essere nel giusto, in realtà scatenano la reazione del pianeta Terra, con i vulcani che esplodono a raffigurare la ribellione della Natura contro l’ipocrisia e la mano assassina dell’Uomo. E anche nell’altra clip, quella di “Begin Again“, un trip che gioca col dualismo tra vita e morte , in cui realtà e fantasia si fondono e altro non sono che due facce della stessa medaglia. Ma c’è spazio anche per il beat martellante electro-noise di “Zyko“, mentre “Factice” ricorda certe cose a metà strada tra i Brian Jonestown Massacre e i Dandy Warhols (con questi ultimi i New Candys intraprenderanno un tour europeo nel 2022) e “Evil Evil” è caratterizzata da un inizio e un groove à la Suicide che poi via via si trasforma in un tripudio elettrico psychocandyano, perfetto per scatenare il pogo in sede live. E una sorprendente chitarra acustica in “Helluva Zoo” e per l’ospite Jancy Buffington a conferire un mood dream pop/gaze al brano “Q & K“.  La traccia conclusiva “Snake Eat Snake” chiude il cerchio dei simbolismi (la figura mitologica dell’uroboro, cioè il serpente che si morde la coda da solo e forma un cerchio senza inizio né fine, metafora della natura ciclica delle cose, l’infinito, l’eterno ritorno, il potere che divora e rigenera sé stesso, tra un apparente immobilismo e un eterno movimento).

“Vyvyd” è un album che cresce ascolto dopo ascolto, e più lo si fa risuonare, più si colgono nuovi aspetti e dettagli. Venezia dimostra di essere non solo laguna e turismo selvaggio, ma anche genitrice di una delle più interessanti e valide realtà indipendenti italiane.

 

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