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Recensione : Nerina Pallott – Stay Lucky

Nerina Pallott è ormai diva del cantautorato alt pop rock britannico, l'album "Stay Lucky" segue in modo mirabile le sue vicende espressive e private, con attenzione fascinosa alle composizioni volte ad un adult pop di classe, avvalendosi della chitarra dell'ex Suede Bernard Butler e dei validi componenti della band di Michael Kiwanuka (Pringle, Bonfanti, Wright)!

Nerina Pallott – Stay Lucky

L’ascolto del disco della britannica, di base a Londra, Nerina Pallott, origina una domanda che pongo a me stesso: perché ascolto questa musica?

Tra causalità e modalità, mi perdo nella spiegazione e lascio volentieri la parola alle canzoni di “Stay Lucky”, ben più esplicite e loquaci.

Me ne frego di andare controcorrente dicendo che è un album di statura enorme, del resto chi potrebbe dirne il contrario? E’ assodato, una volta entrato nelle sinapsi, il disco scalcerà nel vostro cervello, ormai gravido, e partorirà una domanda: perché ascolto questa musica?

E allora ne deriverà che questo è un disco che fertilizza le menti, a meno che non si usi un contraccettivo prepotente e robusto capace di proteggere il brain.

Sganciandosi da tutti i discorsi formali generati dalla musica moderna, che coinvolge i paesaggi sonori più disparati e all’avanguardia, quindi in contrapposizione tra loro e alla ricerca di espressioni altre; sorpassando la tecnica e l’innovazione; lo stupore ad effetto e le pesantezze elettroniche, non rimane altro che sbucciare la mela primordiale che è frutto, ed anche succo, del tema generante: la musica che regala emozioni.

In questo ambito, Nerina Pallott , benché usufruisca di qualche tendenza e ammiccamento, restituisce però alla musica la semplice funzione che trova affinità ed alleati nelle terre rare del mezzo: tra i due litiganti il terzo gode. In tal luogo ci si schiererà dalla parte dello schietto godimento della materia, accettandone il dogma.

Sesto album, autoprodotto e registrato a Londra in soli due weekend, ne farebbe un vanto della sua discografia, e in parte lo è, per la cantautrice Nerina Pallott, se non fosse che già da tempo lavorava alle parti servendosi di supporti elettronici, sedotta dall’idea di fare un album basato su tali sonorità; secondariamente, notò che il materiale suonava decisamente meglio aiutandosi con piano e chitarra, cancellando l’idea di origine.

Testualmente il disco propone temi riflessivi conseguenti ad un triste periodo vissuto della cantante, sia personali che generali, trovando una via d’uscita positiva, come testimonia anche il titolo dell’album, che vuole essere omaggio di buon auspicio per i fans, tanto quanto lo è stato per lei. Sospirando, Nerina, dice: “You know, last year was such a fucking weird year… people were dying left, right and centre, the political system was so fucked up…”. La codifica delle liriche è un aspetto che l’autrice lascia volentieri all’immaginazione dell’ascoltatore, anche se non combaciasse con le sue personali suggestioni motivazionali. Il limitato budget per produrre il disco ha fatto sì che il tempo di registrazione fosse esiguo, infatti il disco è quasi tutto suonato in diretta grazie all’apporto degli ottimi musicisti, qui in veste duplice di amici et collaboratori; il fattore esiguità ne ha influenzato il modo di lavorare e comporre, diventando più spedito e meglio organizzato in relazione ad una messa a punto migliore dei brani.

Il primo siluro è JUNO, fa danni, vi assicuro, tinge di rosso scuro il cuore mentre il cielo diventa viola, fortunatamente non c’è una viola musicale a triturare l’aria che si repira; il pianoforte e l’incedere quasi grave, importante, resuscita la voglia di vivere, e la si sente presente e viva, richiamata dalla melodia. La grande gioia si diffonde come un’esplosione atomica, siamo costretti ad ubbidirle, perché fa secca la tristezza; alberga la cognizione pura di aver creato una ballata nietzscheana. (Prettiest bird in all of the world’s at my window/ Beauty made my heart a liar/ I’m a cold conceit and I see fire/ I should just live well alone/ But I can’t, no, I can’t, and I won’t).

Una lancia da pellerossa è invece il secondo motivo Pallottiano, “Man Didn’t Walk On The Moon”. Ricorda la verve con cui Laura Nyro affrontava le sue produzioni newyorchesi. Song che sgomita pur di ottenere ciò che desidera. (Man didn’t walk on the moon and I’d believe you/ Oh yeah oh yeah I don’t care/ Cause I just wanna get with you soon/ I just wanna get with you soon/I’m a fool for you boy, I’m a fool for you baby/ I’ll do anything you say now, you can tell me anything you like, anything you like).

Il terzo intercalare, “Bring Him Fire”, chiede aiuto alla sensualità presa a prestito da PJ Harvey, cosicché Nerina, vestendo i panni di Polly Jean, stravolge completamente, straziandolo, il già corto vestitino indossato con tormenti broadwayiani. Che ne resterà dell’indumento? (Bet he’d do things that I wanna do so bad, so bad/ I bring him fire/ I bring him blood/ I bring my body/ I bring my love/ I bring devotion/ Is it enough?)

COME INTO MY ROOM. Un invito impossibile da declinare, le luci soffuse, il romanticismo ardente al lume di candela: Nerina si abbandona allo struggimento vocale interpretando un soliloquio che prende per il collo, schiaffa sul tappeto volante e… poi che volere di più? Nerina è andata a comprare le sigarette. Si resta in attesa sul suo letto, in cameretta; si potrebbe suonare il piano insieme agli archi, ma quelli sono suonati dal synth analogico… Resta comunque un notte prodiga per far musica e pensare al proprio amore. (So come into my room now, honey/ Come into my room now/ Come into my room now, honey/ Come into my room now/ I’ll make you fall)

La title-track è uno smash-hit, scandisce il pianismo da nodo alla gola, quasi la Pallott si fa ricercata, attutisce il timbro vocale, per dirla tutta, si fa seria; in un secondo momento riagguanta invece i fili della canzone e ne cattura la scena, detta il verbo, mira al sodo, evita superficialismi, piuttosto infioretta le orecchie legandoci sullo spunto delle tastiere che si districano tra gli archi infervorati – ormai siamo dentro la benedizione divina cantata con il trasporto necessario e tale da portarci a condividere lo stato d’animo di Nerina: si narra dell’affrontare ciò che si vorrebbe tralasciare perché crea solo dolore, un lungo periodo intensamente sofferto è occorso, almeno sino al delicato scemare degli accordi del piano. (Drift on an endless sea/ Everything’s so pristine/ Wires to make you breathe/ So you just breathe/ Don’t you dare let go// I hope you stay lucky/ Whatever you do/ I hope you stay lucky/ Many more like you/ I hope you stay lucky/ Your whole life through)

HEART IS A LONELY HUNTER. Il duetto tra Nerina e la chitarra aggredisce con dolcezza disarmante, per cui sottomettersi al segreto che si svelerà in questa song non compromette nulla; è tutto oro che cola da questo pezzo di classe dalle tonalità imperniate tra jazz ballad swing ed un pizzico magico di samba. Un omaggio al primo romanzo scritto dalla Carson McCullers nel ’40! (‘Cause on laggard afternoons/ On lonely grey-end streets/ Footsteps I have wasted/ The chance we should meet// Come rain, come thunder/ The heart is a lonely hunter).

Meglio di così! BETTER è fotografia intensa vitalizzata da una corporeità di gradazioni opalescenti, che, arrangiate funkedelicamente, orchestrano una vellutata di stelle luminose come diamanti nella notte scrutata dall’Empire State Building! Nerina sospinge la voce sino a toccare la luna, ed è dannatamente cool, contento il sax-moon-metropolitano che sfrangia l’autunnale aria fra i grattacieli.
(And what you’ve been doing?/ Did you take your kid to park?/ You know, that’s you’ve ruined my mind/ You’ve ruined my mind// I can make it better/ If you were my man/ I can make it better/ Do you understand?/ I can make it better, better, better/ You know I can/ You know I can).

ALL GOLD non risparmia nulla, spende tutto quanto accumulato e si mostra generosa di accalorata aura. Sfila dalle nostre tasche quei pochi spiccioli di avarizia che tenevamo stretti, permanendo inermi, nudi e colorati di ardore.
Una canzone di speranza a sfondo religioso? Sì, credo abbia a che fare con la fede, fede in qualcosa di buono che sta per accadere intorno a noi; c’è un significato che risiede nel senso profondo legato alla giusta interpretazione dei simboli positivi creati dall’esperienza umana, basta giusto osservarli. Luccichiamo con lei e con le belle profusioni vocali, unitamente agli amabili arrangiamenti.

Il penultimo pezzo, della penultima luna, dopo il plenilunio, durante l’allunaggio del bacio, pentastellati sulle punte di una pantomima d’amore celeste, ci permette di farci cullare dall’impianto polmonare che soffia romanticismi, assolutamente da avvalorare ballando il lento in corso, invitati dalla melodia ingegnata da barocchismi e intimità degli strumenti, sorseggiando champagne: “COME BACK TO BED”, un perfetto musical; ma prima di volare via con BIRD, canzone conclusiva dell’album, intanto chiudiamo il bagaglio tenue che poggia sulle nostre ali, contenente i desideri, le riflessioni e i dubbi, sorti dopo l’ascolto, e corriamo a farci autografare una copia di STAY LUCKY!

TRACKLIST
1. Juno 4:04
2. Man Didn’t Walk On The Moon 5:18
3. Bring Him Fire 3:52
4. Come Into My Room 4:37
5. Stay Lucky 4:26
6. Heart Is A Lonely Hunter 4:24
7. Better 6:25
8. All Gold 3:56
9. Come Back To Bed 4:13
10. Bird 3:17

LINE-UP
Nerina Pallott – pianoforte, synth analogico, chitarra, percussioni

Bernard Butler (chitarra su ‘Bring Him Fire’, ‘Come Back To Bed’ e ‘All Gold’)

Markus Feehily (voce su ‘Bird’ , ‘Man Didn’t Walk On The Moon’ e ‘Come Into My Room’)

Rod Thomas AKA Bright Light (bright light)
(Backing Vocals su ‘Stay Lucky’ e ‘All Gold’)

Steve Pringle – tastiere
Alex Bonfanti – basso
Lewis Wright – batteria

URL Facebook
https://www.facebook.com/NerinaPallotOfficial/

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