Per fortuna, contro ogni ragionevole pronostico, c’è sempre qualcuno in giro per il mondo che, colpito da chissà quale strano morbo, da un giorno all’altro decide di mettersi a suonare una musica lenta, opprimente, dalle possibilità pressoché nulle di raggiungere altre orecchie se non quelle di una ristrettissima cerchia di persone: questa musica è il funeral doom …
I Lycus arrivano da Oakland e, a giudicare dalle immagini rinvenibili sul web, sembrerebbero piuttosto giovani; probabile, quindi, che quando i Thergothon fecero la loro comparsa sul pianeta, i nostri nella migliore delle ipotesi fossero ancora dei simpatici bimbetti occupati a divertirsi nella assolate spiagge californiane e del tutto ignari di ciò che avrebbe riservato loro il futuro.
L’accostamento con i seminali finlandesi è d’obbligo, visto che il funeral dei Lycus prende le mosse da alcuni dei loro discepoli più illustri, quali Evoken, Asunder, Colosseum e Mournful Congregation, e mi sento di garantire che tali paragoni sono tutt’altro che audaci od avventati.
Tempest è, infatti, un disco immerso fino al midollo in quelle sonorità “antiche”, che sono state marchiate a fuco da chi è riuscito a manipolare questa materia magmatica rendendola “Arte”; anche in virtù di questo, appare naturale considerare i ragazzi californiani gli eredi a pieno titolo degli ormai disciolti concittadini Asunder.
Come Burn, che apre il trittico di brani facenti parte del disco, fin dalla prima mortifera nota, mostra come i Lycus siano in grado di maneggiare l’insidioso elemento con insospettabile maestria, macinando riff dolenti supportati da un growl catacombale, al quale talvolta si affiancano tonalità in screaming o corali; affiorano più volte sensazioni che riportano alla memoria i Colosseum del compianto Juhani Palomaki, in particolare per la capacità di mantenere sempre ben presente il senso melodico del brano pur nell’impietoso snodarsi delle litanie strumentali.
Le tracce successive, Engravings e la title-track, contribuiscono in maniera decisiva alla riuscita di quest’album, attestandosi anch’esse sull’eccellente livello del brano di apertura; non convince del tutto solo la scelta di affidare la chiusura di Tempest a ben sette minuti di asettico ambient drone, francamente del tutto evitabili.
Apprezzabile, invece, la scelta invece di diversificare di tanto in tanto i ritmi, come accade con la sfuriata simil-black (con tanto di abrasivo screaming) posizionata sempre all’interno di quest’ultima traccia.
In definitiva i Lycus, con questo loro disco d’esordio, si presentano come una delle nuove e più fulgide realtà della scena funeral; solo il tempo, che è sicuramente dalla loro parte, ci potrò dire però se saranno in grado di ripercorrere le orme delle band alle quali si sono ispirati e che di questo genere hanno fatto la storia.
Tracklist:
1. Coma Burn
2. Engravings
3. Tempest
Line-up :
Trevor – Drums, Vocals
Jackson – Guitar, Vocals
Dylan – Guitar
Daniel – Bass, Vocals