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Recensione : :: ACUFENI :: FASTIDI AURICOLARI CONTEMPORANEI #21

Mentre dipartite inattese aumentano i rimpianti per legami recisi unilateralmente da entità divine dalla dubbia esistenza, consigliamo questi cinque dischi per provare ad alienare la noia di giornate consumate in modo sempre identico. Episode 21st feat SUMAC and Moor Mother, Swerve, Puce Mary, Kazea and Gooodbye, Kings.

SUMAC and Moor Mother, Swerve, Puce Mary, Kazea and Gooodbye, Kings.

Mentre dipartite inattese aumentano i rimpianti per legami recisi unilateralmente da entità divine dalla dubbia esistenza, consigliamo questi cinque dischi per provare ad alienare la noia di giornate consumate in modo sempre identico. Episode 21st feat SUMAC and Moor Mother, Swerve, Puce Mary, Kazea and Gooodbye, Kings.

Goodbye, Kings – Transatlantic // Transiberian (Dunk! Records e Overdrive Records)

Diviso in due parti che si assestano ben oltre i venti minuti, una per lato, “Transatlantic // Transiberian”, è un riuscitissimo tentativo di sonorizzare alcuni tra i grandi viaggi del novecento, quelli che hanno fatto la storia del secolo scorso.

Sul primo lato troviamo infatti la dipartita per mare, a bordo di un transatlantico, con direzione quelle “americhe” che, al tempo, rappresentavano la grande opportunità di rilancio per chi partiva da un continente in crisi. Sull’altro invece registriamo il cambio di mezzo, saliamo infatti a bordo del treno, e guardiamo a Oriente, attraversando via terra la parte di Unione Sovietica più fredda, in un viaggio che ha rappresentato, anche in letteratura una fonte inesauribile di stimoli artistici. L’oceano e l’ex URSS, due colossi che incutevano terrore, e rispetto, in egual misura, proprio per l’imponenza e la vastità di cui erano costituiti, entità talmente grandi da non saper mai se saremmo stati in grado di arrivare a destinazione.

L’album dei milanesi Goodbye, Kings riesce a rendere tangibile quel senso di smarrimento e preoccupazione che caratterizzavano spostamenti di tale portata. Il loro è un sound praticamente perfetto, senza sbavature, che ci porta a conclusione, permettendoci di raggiungere la destinazione finale del nostro peregrinare, in un crescendo di suoni caratterizzati da un’orchestrazione imponente, elegante e carica di pathos.

Più che una colonna sonora, un autentico viaggio, di quelli che non necessitano di additivi chimici per essere percepiti come tali nella loro globalità. Un viaggio, e quindi conseguentemente un album malinconicamente sublime.

Kazea – I. Ancestral (Suicide Records)

A cavallo tra post rock e sludge, con una costante ricerca della melodia vocale, gli svedese Kazea escono per Suicide Records con un album che coniuga immaginario visivo e realtà sonora in modo ottimale, attraverso una critica feroce alla società odierna che fa da innesco per l’assalto alle nostre orecchie.

“I. Ancestral” è il loro album di esordio, che ce li mostra come una band sufficientemente rodata, che sceglie di non guardare all’eccesso, prediligendo una quadratura di insieme volta a cercare una pesantezza che però, al tempo stesso, non vada a snaturare il loro lato più intimista. A cose fatte, possiamo senza alcun dubbio constatare che il loro è un tentativo che va a segno, grazie a un connubio tra forza e maturità compositiva non da poco per essere una band al debutto.

I Kazea restano concentrati su di un impatto immediato, mantenuto vitale dai contrasti sonori delle loro scelte stilistiche, contrastanti, ma finalizzate ad un obiettivo unico e condiviso, fatto di crescendo costanti e imperiosi, alternati a momenti più meditativi, il tutto in una chiave “sludge oriented” che garantisce l’adeguata dose di potenza.

Un album sostanzialmente dinamico, che può servire come punto di partenza, in vista di un domani in cui, se dovessero limare quelle sfumature eccessivamente rumoristiche, potrebbero capire tutto il potenziale di cui dispongono e affinare il tiro verso un qualcosa di più mirato e personale.

Frederikke Hoffmeier (Puce Mary) – The Girl With The Needle

Frederikke Hoffmeier, conosciuta in ambito artistico con il nome d’arte di Puce Mary, è una musicista sperimentale danese che giunge oggi, al suo quinto album, a distanza di sette anni da quel “The Drought” con cui mostrò il suo lato più avanguardistico e rumorista.

Con “The Girl With The Needle” Puce Mary cambia ancora una volta registro, andando a realizzare la colonna sonora dell’omonimo film di Magnus von Horn presentato in anteprima a Cannes. L’album sposa alla perfezione il bianco e nero dilatato della pellicola, ma soprattutto mostra una simbiosi pressoché totale con le delicate tematiche trattate dal registra svedese. Ambientato a Copenaghen nel 1919, il film segue la storia di Karoline, una giovane operaia di fabbrica che, dopo una relazione clandestina, si ritrova incinta e in difficoltà economiche.

Disperata, si rivolge a Dagmar Overbye, una donna che gestisce un’agenzia di adozioni illegale per madri in difficoltà.

Questa decisione la porterà a confrontarsi con oscure realtà e a mettere in discussione le sue scelte in un contesto sociale oppressivo. Il sound non poteva quindi che riflettere quella decadente desolazione che sfocia in rassegnazione. Il disco riesce però ad andare oltre, mostrando una propria vitalità, indipendente, che lo inquadra come una sperimentazione sonora di grandissima qualità e intensità emotiva. La Hoffmeier ha scelto infatti di andare a fondere il gelido sound di elementi industrial con il calore di strumenti classici, come viola, violoncello, arpa, ma anche pianoforte e corni.

“The Girl With The Needle” è un album proiettato verso l’avanguardia sonora, ben oltre l’idea della colonna sonora, e perfettamente inserito in un contesto emotivamente intenso, evocativo, a tratti crudo, ma sempre a fuoco, nel suo essere inquietante.

SUMAC & Moor Mother – The Film (Thrill Jockey Records)

Questa tra SUMAC e Moor Mother è una di quelle collaborazioni che non ci saremmo mai aspettati, e che riesce realmente a spiazzare. Ma è anche, al tempo stesso, un qualcosa che va oltre la nostra percezione personale, e che, ci pare di capire, essere indirizzata verso un notevole successo.

Al netto del fatto che secondo me si tratta di un album non perfettamente riuscito, il disco, considerato con obiettività è tutt’altro che pessimo, anzi. Resta però, come detto, l’amaro per un qualcosa che avrebbe potuto essere realizzato in modo da risultare più coeso, più dirompente.

Da un punto di vista strettamente concettuale, vista la presenza dello spoken word di Moor Mother si va inevitabilmente verso una denuncia sociale che abbraccia la terra, il clima, i diritti umani, le guerre e le libertà negate – e non poteva essere altrimenti, date le origini africane di Camae Ayewa (vero nome di Moor Mother).

“The Film” è da inquadrare quindi come la colonna sonora del mondo moderno in cui viviamo, un mondo forse già postmoderno, rappresentato alla perfezione dalle distorsioni soffocanti dei SUMAC che fanno da apripista alle grida di rivolta di Moor Mother. Un disco che spiazza, andando a spazzare via tutto, con un approccio sfacciato, irriverente, e che non guarda in faccia a nessuno – un album di ribellione concettuale che si ribella – al tempo stesso – anche a tutte le convenzioni sonore in atto e che ci trascina via dalla nostra comfort zone.

Probabilmente siamo alle prese con un prototipo di quello che nessuno può escludere che sarà il sound del futuro – di certo la contaminazione sarà la costante di quello che ci attende, e forse, oggi, siamo solamente impreparati, sarà il tempo a dirci se riusciremo a contestualizzarci all’interno di questi meccanismi che per ora consideriamo alieni. Il cambiamento fa sempre paura, e richiede tempo per essere assimilato a dovere “The Sound of the Future”, come diceva Moroder, autocitandosi, o molto più semplicemente un nuovo linguaggio a cui doverci adattare? Who knows…

Swerve – Swerve (Tartarus Records)

Gli Swerve sono un duo noise olandese che arriva al sospirato debutto grazie alla lungimiranza della Tartarus Records di Groningen, città natale anche della band. Spinti dall’infuriare del vento che qui, a ridosso del Mare del Nord, non concede tregua, i due hanno cercato di mettere in musica tutto il loro disgusto.

E lo hanno fatto con un EP omonimo che ce li presenta come una realtà sonora dedita a un noise rock massiccio e di grande impatto, che però non si spinge praticamente mai verso soluzioni che possano guardare a velocità eccessive, ma punta a sfiancare l’ascoltatore attraverso un costante lavoro ai fianchi, fatto di un’intransigenza e un’intensità sempre portate ai limiti del possibile. Il sound degli Swerve è un qualcosa che corrode e distrugge ogni speranza di uscire vivi dopo aver fatto la conoscenza con il loro muro di suono.

Un muro a tratti quasi grezzo, ma che, grazie a questa loro mancanza di patina, risulta gradevolmente influenzata da un’ingenuità di fondo che mostra tutta la spontaneità di una band che saprà crescere. “Swerve” è un disco registrato in presa diretta, e che cattura quindi al meglio l’energia incontrollabile e indomabile.

Non sarebbe stata la stessa cosa avere tra le mani un album costruito appositamente per l’ascolto. Se si tratta di mettere nero su bianco quelle che sono le intenzioni della band olandese, questa è l’unica soluzione percorribile.

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