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Recensione : Mclusky – The world is still here and so are we

A ventuno anni di distanza dal loro ultimo studio album, tornano in pista i gallesi Mclusky, ensemble alternative/noise/post-hardcore fondato nel 1996 dal chitarrista e frontman Andrew Falkous, infiammando le scene agli inizi del nuovo millennio con tre Lp rumorosi, sarcastici e provocatori come il debutto “My Pain And Sadness Is More Sad And Painful Than Yours“, “mclusky do Dallas” e “The Difference Between Me And You Is That I’m Not On Fire“, prima dello scioglimento nel 2005, salvo ritornare ufficiosamente giร  nel 2014 col moniker mclusky* per dei concerti di beneficenza, per poi suggellare ufficialmente il comeback nel 2020 senza asterisco, suonando costantemente dal vivo, annunciando la preparazione di un nuovo disco e firmando con la label Ipecac Recordings. Quest’anno รจ arrivato “The world is still here and so are we” (che presto verrร  portato in tour anche in Italia, tra luglio e ottobre).

La quarta fatica sulla lunga distanza del trio (a Falkous infatti si accompagnano Damien Sayell al basso e voce e Jack Egglestone alla batteria) riparte solida, fracassona, dissacrante e tagliente come lame di un rasoio, giร  il poderoso attacco alla Shellac/Jesus Lizard dell’ iniziale “Unpopular parts of a pig” mette subito le cose in chiaro: i ragazzi hanno ancora voglia di pestare duro, ma senza prendersi troppo sul serio (prova ne siano anche “Way of the exploding dickhead“, “People person” e “Chechov’s guns” con relativi videoclip intrisi di acida ironia, caustici ritratti del mal di vivere in questa societร  odierna che, con le sue convenzioni e conformismi, manda la gente in burnout, facendola morire di “normalitร ”) tra gli scazzi nervosi di “Cops and poppers“, l’incedere pachidermico di “The battle of los angelsea“, gli assalti punk di “Kafka-esque novelist franz kafka” e “Juan party-system“, le nevrosi Lizardiane di “The digger you deep“, fuochi d’artificio Spenceriani in “Autofocus on the prime directive“, ipnotiche allucinazioni in “Not all steeplejacks” e il circolare delirio dissonante della conclusiva “Hate the polis“.

Il mondo รจ ancora qui ed รจ sempre una merda, forse anche peggio di prima, divorato da guerre e antropocene, e i Mclusky, sardonici, non fanno altro che musicare, fragorosamente, lo schifo, il disagio e la follia che in questi tempi regnano sovrani su tutto il globo terracqueo, facendosi burla di un pianeta violentato e tenuto in ostaggio da un impero del male che รจ in decadenza, ma non vuole saperne di abdicare e che, pur tenere il culo saldo sul “trono”, sta trascinando tutto il genere umano verso l’autodistruzione e un conflitto nucleare globale che potrebbe, potenzialmente, annientare tutto (e, giร  che c’รจ, vorrebbe anche provare a colonizzare altri pianeti). Falkous e soci non propongono soluzioni ai problemi di questo mondo malato, ma per mezz’ora ci permettono di pogarci sopra.

 

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