Il primo punk losangelino è sempre stato un po bistrattato, un pò quel cugino sfigato che vedi a Natale una volta all’anno.
Questo libro mette i puntini sullE ‘i’. Con testimonianze importanti come John Doe (X), Mike Watt (Minutemen), Henry Rollins (Black Flag) e molti altri, ci fanno rivivere quegli anni.
Attenzione però. Non si parla solo di musica ma anche di appartamenti sporchi, eroina, depressione; quell’Humus sociale che spesso nella storia ha regalato creatività , arte e morte.
Io volevo raccontare storie di questa città che mi riempiva gli occhi di decadenza & anonimato. Un posto in cui la violenza casuale era continua, come la corrente dell’oceano. Non mi interessavano le storie di Bob Dylan ma quelle stile Bukowski, minimali senza fronzoli, che raccontano la West Coast, piena di quella cupezza tipica dei Doors e dei Love.
Quelle stanze dove ogni ragazzino ascolta i propri dischi, canta i testi e abbraccia una chitarra per provare a scrivere un pezzo suo. Questo libro è questo una serie di polaroid sulla vita di alcune persone che hanno fatto la storia del punkrock ma non solo.
Una lettura importante per gli anzianotti come noi, ma sopratutto per chi si è affacciato al punkrock con i Green Day (l’ introduzione è di Billie Joe Armstrong), una visione a 360 del fenomeno arte, musica, poesia e performance.
Quel posto era uguale ad altre dozzine di appartamenti e case in cui si stavano cementando amicizie, alleanze e progetti folli
Poi tutto cambiò, si passò dal ballare al pogo, a riff più pesanti ripetitivi ossessivi, arrivò qualche major a pesca di qualche dollaro. Non saprei dirlo, nemmeno chi ha scritto questo libro lo sa dire se in meglio o in peggio ma come tutte le cose cambiò. Arrivo anche la morte Derby Crash, Robin Weiss, Paul Zacha ed altri.
Un punti di svolta verso l’età adulta, la fine di una gioventù che a malapena riusciva a proteggerci da una sorta di maledizione infernale, tanto che tutti noi che siamo riusciti a sopravvivere abbiamo avuto, in certo senso fortuna.