Colosus – Blestem

Pur asservito ai ritmi del black, "Blestem" è intriso della stessa carica di dolore e disperazione che caratterizzava “Canto III” e “Doliu”,

Colosus – Blestem

Blestem viene presentato come il disco d’esordio del solo project di Khrudd, batterista dei blacksters britannici Sidious …

Senonché, una serie di indizi rivelatori (i titoli dell’album e dei brani in rumeno e l’appartenenza alla scuderia Kaotoxin) finiscono ben presto per svelare la reale identità di questo musicista, che altri non è se non Daniel Neagoe, ovvero uno dei responsabili di alcuni dei migliori dischi usciti in ambito doom negli ultimi tempi, a partire dagli Eye Of Solitude, passando per il supergruppo Clouds, per arrivare ai Deos, in comproprietà con quell’altro geniaccio di nome Déhà.

Colosus, quindi, è il mezzo con il quale Daniel si cimenta in un genere definibile come depressive- black-ambient, nel quale, inevitabilmente, la sua impronta musicale si rivela senza mezzi termini.
Pur asservito ai ritmi del black, un brano magnifico come Mormant, è intriso della stessa carica di disperazione che caratterizzava “Canto III” o “Doliu”, e chi si è fatto ammaliare da questi due eccezionali album non farà fatica ad entrare in sintonia con il lavoro; le tentazioni ambient-sperimentali si trasformano in passaggi interlocutori disseminati tra i brani portanti: talvolta racchiuse in un’unica traccia come nell’opener Desertaciune, in Blestem (in rumeno, maledizione) dove Daniel/Khrudd sfoga urlando come un ossesso tutta la sua dolorosa rabbia, in altri casi inserendole a meta di un brano (la già citata Mormant, La Apus) o in apertura (Dorinta e Pustiu).
Inutile dire che le parti migliori del disco sono in effetti quelle in cui il gusto non comune nel comporre linee melodiche struggenti, seppur compresse dal blast beat e da uno screaming feroce, delineano l’andamento dei brani, come avviene nelle splendide Dorinta, Intuneric, La Apus (che vede il determinate aiuto del sodale Dehà) e Pustiu.
Discorso a parte merita la riproposizione di Red Snow dei Coldworld, one man band tedesca dedita al black ambient, capace di dare alle stampe, nello scorso decennio, un ep ed un full-length di spessore enorme ma ignorati dai più; non da Daniel, che si rivela quindi non solo un grande musicista ma anche un conoscitore a 360° della musica che ama: il brano coverizzato non perde un’oncia del proprio pathos dimostrandosi esemplificativo delle coordinate stilistiche perseguite in un progetto come Colosus, che, peraltro, in certi momenti riesce a ricondurre persino alla plumbea espressività di una band storica quali i Lunar Aurora.
Con i dischi usciti a nome Eye Of Solitude, Clouds e Deos, il musicista rumeno si assesta indubbiamente almeno un gradino sopra rispetto a quanto mostrato con Blestem, ma collocarsi ad un passo dall’empireo non è affatto un risultato da poco, penso che ne converrà anche lui ….

Tracklist:
1. Desertaciune
2. Mormant
3. Intuneric
4. Blestem
5. Dorinta
6. La Apus
7. Red Snow
8. Pustiu

Line-up:
Khrudd – Vocals, All Instruments

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