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Recensione : Antiquus Infestus – Isfet

Dieci brani brevi intensi e sufficientemente diretti sono la fotografia di una band brillante che, senza spiccare per spunti innovativi, riesce nell’intento di conciliare una certa ortodossia stilistica con una proposta complessiva relativamente fruibile

Antiquus Infestus – Isfet

Dopo due demo ed un EP, il valido Order of the Star of Bethlehem, del quale ebbi l’occasione di parlare al momento della sua uscita nel 2012, gli Antiquus Infestus arrivano al primo full length essendosi presi tutto il tempo necessario per offrire al pubblico un lavoro all’altezza delle aspettative.

In questo caso l’obiettivo è stato ampiamente raggiunto, visto che Isfet si dimostra un riuscito compendio delle diverse sfumature musicali che Sverkel e Malphas hanno convogliato nel loro progetto.
Se la base di partenza è un black metal con forti connotazioni death, rispetto al precedente EP emerge anche una vena thrash che porta i nostri in più di un passaggio a ricordare certe asprezze degli odierni Necrodeath, anche se, sostanzialmente, la stella polare per gli Antiquus Infestus paiono essere soprattutto i Behemoth .
A completare il quadro, rendendolo in qualche modo più peculiare, c’è sempre ben presente quell’ossessione per tematiche egizie di matrice Nile che, se non porta il sound a lambire i territori morbosi della band di Sanders, induce a rinvenire tra le pieghe di passaggi decisamente robusti elementi riconducibili a sonorità di stampo mediorientale.
Dieci brani brevi intensi e sufficientemente diretti sono la fotografia di una band brillante che, senza spiccare per spunti innovativi, riesce nell’intento di conciliare una certa ortodossia stilistica con una proposta complessiva relativamente fruibile, un aspetto questo in grado di rendere Isfet un’opera scorrevole e coinvolgente.
Stranamente, almeno rispetto a quanto mi accade con la maggior parte dei dischi che mi capita di ascoltare, i brani che più sono rimasti impressi sono proprio gli ultimi: Adorn me with the bones of those who eat no flesh, traccia caratterizzata da diversi cambi di atmosfera, Carving my Heka into the skull of the Unborn, più orecchiabile grazie ad una lieve impronta black’n’roll e contraddistinta da un cantato in egiziano antico (credo), e Agathodaemon , ideale chiusura con il suo cupo crescendo conclusivo.
Isfet è un buonissimo album che denota la crescita degli Antiquus Infestus, una realtà che meriterebbe qualche attenzione in più rispetto a quanto è avvenuto fino ad oggi.

Tracklist:
1. Uben Sutekh
2. Vomit thy Serpents
3. Ablanathanalba
4. Anoint me with the blood of Nefersekheru
5. Isfet
6. Destroy the cult of Ra
7. Spell for invoking the spirits
8. Adorn me with the bones of those who eat no flesh
9. Carving my Heka into the skull of the Unborn
10. Agathodaemon

Line-up:
Sverkel – vocals and lyrics
Malphas – all instruments

ANTIQUUS INFESTUS – Facebook

 

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1 Comment
  • Avatar
    Sverkel
    Posted at 22:13h, 13 Novembre Rispondi

    Grazie per le belle parole , avete colto esattamente ciò che volevamo trasmettere con il nostro lavoro (e si confermo , ci sono parti cantate in egiziano antico in alcuni brani)
    Sverkel/Antiquus Infestus

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