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Recensione : Ulan Bator – Tohu Bohu

Ulan Bator - Tohu Bohu: Quasi sei anni sono dovuti passare prima che Amaury Cambuzat si ricordasse della sua creatura prima, gli Ulan Bator. Ma ...

Ulan Bator – Tohu Bohu

Quasi sei anni sono dovuti passare prima che Amaury Cambuzat si ricordasse della sua creatura prima, gli Ulan Bator. Ma il tempo non ha arruginito le idee o logorato la creatività. Affiancato da James Johnston, Alessio Gioffredi e Stèphane Pigneul, il nostro eroe torna a suonarcele con questo Tohu Bohu, parlandoci di social network, politica mondiale, apocalissi annunciate e quant’altro. Insomma, parlandoci di noi stessi, nella nostra vita quotidiana.

Ad aprire l’opera ci pensa Newgame.com tremendamente inquieta, urgente ed angosciante nella prima parte come tremendamente quieta e rilassante nella seconda. Speakerline, mantiene la tensione e l’urgenza del precedente pezzo, affidandosi a chitarre ossessive e ritmiche magmatiche, mentre le successive Regicide (che quasi ricorda certe cose dei Noir Desire più cupi) e R136A1, quasi considerabili come un unico pezzo, ci danno uno spiraglio di tregua, sviluppandosi su ritmi più lenti e meno aspri (anche se le atmosfere non cessano di esser cupe e tragiche). Missy & the saviour, molto più easy listening, si propone come un rock’n’roll più solare e disteso, ma, già con la successiva AT, si risprofonda nell’inquietudine, tra sonorità decisamente angoscianti e ansiogene. Mister perfect, lieve ed eterea, è un’altra delle poche oasi di pace del disco, insieme alla seguente Ding dingue dong, definibile come una marcia nuziale post rock. E, infine, prima della riappacificatrice Donne, l’apocalittica Tohu Bohu, che, se già nella prima metà ci sconfigge con la sua angoscia, è nella seconda parte che ci da il colpo di grazia, fra allucinanti sonorità e lo psicotico sassofono di Terry Edwards.

E’ un disco che convince, con la sua tremenda urgenza di comunicare, con la sua angoscia e con la sua irrequietezza. Cambuzat e gli Ulan Bator si confermano come una delle più interessanti realtà nel panorama indie-alternative-post rock europeo, al pari dei belgi dEUS (con i quali hanno forse alcuni punti di contatto). Non aspettatevi un altro Rodeo Massacre, quei tempi ormai sono ben lontani, niente svolte commerciali, nè distensioni pop. Gli Ulan Bator mantengono la loro identità e continuano sulla loro strada fatta di qualità, sincerità e necessità di espressione.

TRACKLIST:
01- Newgame.com
02- Speakerine
03- Regicide
04- R136A1
05- Missy & The Saviour
06- A T
07- Mister Perfect
08- Ding Dingue Dong
09- Tohu-Bohu* (with special guest: Terry Edwards on saxophone)
10- Donne

Ulan Bator - Tohu Bohu

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