Nella vita esistono poche certezze se non quella di lasciare, prima o dopo, questa valle di lacrime per pascolare ridenti nei prati verdi del paradiso o per bruciare in modo sempiterno nelle atroci fiamme dell’inferno e ancora la certezza di non vedere mai vincente la mia squadra del cuore insieme a quella di non assistere all’edificazione di una società anarchica basata sull’autogestione.
A queste poche e tristi maiunagioia annovero, però, la sicurezza che quando esce un disco dei Peawees sarà un gran disco: e questo loro settimo album non fa che sostenere il mio convincimento. Chi poteva nutrire perplessità o dubbi sul rimpasto al loro interno o sul trascorrere inesorabile degli anni dovrà ricredersi all’ascolto di One Ride che è, al solito, opera dallo spessore notevolissimo. Si parte con Banana Tree ed è già un anthem da cantare sotto il palco – sperando di vederla presto eseguita dal vivo.
Drive ha le stimmate del classico mentre Plastic Bullets e What’s the Enemy mettono bene in risalto la vena pop della band.
Che i nostri sappiano scrivere e costruire canzoni praticamente perfette si evince da Lost in the Middle e Before I Die, ma ci pensa She Cries As The Kill a mettere tutti il tappeto con il suo ritornello; la coda – vagamente – blueseggiante e malinconica di You’ll Never Be Mine Again aggiunge il punto esclamativo all’intera operazione. In Italia, terra di pizza mandolino e baffi neri, ci sono gruppi di caratura assolutamente internazionale ed i Peawees sono fra questi, da sempre e oggi più che mai.
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