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Recensione : Songs The Web Taught Us Vol. 13

Songs The Web Taught Us Vol. 13: Bentornati/e, discepoli/e, siamo a dicembre e, dunque, si avvicina la "venuta" del mio principale in un...

Songs The Web Taught Us Vol. 13

Bentornati/e, discepoli/e, siamo a dicembre e, dunque, si avvicina la “venuta” del mio principale in una grotta al freddo e al gelo, e si sta anche per chiudere un altro anno difficile, segnato ancora da una pandemia sanitaria che, dopo aver fatto milioni di morti e aver creato tanti problemi e disagi a livello economico, sociale e psicologico nella società e nella mente di migliaia di persone, non accenna a mollare il colpo, dopo quasi due anni di sacrifici e restrizioni, ma il vostro Reverendo è sempre qui a tenervi compagnia con l’episodio numero 13 di “Songs The Web Taught Us“, più elettrico che mai, e vi consiglia tre (e mezza) nuove epistole sonore da scoprire e benedire… per farvi ballare e zompare anche in queste imminenti festività.

La prima proviene da San Francisco e, invece di farci parlare con gli animali e invitarci a spogliarci dei nostri averi materiali per abbracciare la povertà terrena ma corrispondente a una ricchezza morale e spirituale immensa (come avrebbe predicato il nostro antenato di Assisi) al massimo ci farà discutere e litigare coi vicini di casa, se la musica in questione verrà fatta suonare ad alto volume, e la povertà ci sarà lo stesso, soprattutto quella economica, ma vi farà sentire in pace con voi stessi, almeno per una mezz’ora. A tanto ammonta la durata di “Get Some Help“, terzo album della discografia dei CONTROL FREAKS, quartetto californiano capitanato da Greg Lowery (già membro dei Supercharger, dei Rip-Offs e dei Zodiac Killers, nonché fondatore e gestore della indie label Rip Off Records) alla voce e al basso, Rob Vastano e Amy Munoz alle chitarre (e backing vocals) e Robert J. Liebsch a pestare dietro le pelli della batteria. Il gruppo si è formato nel 2016 e ha già all’attivo due Lp e diversi 7″, mentre l’ultimo studio album, il succitato “Get Some Help” è stato pubblicato il 5 novembre, pubblicato e distribuito da Dirty Water Records, Cargo Records, Get Hip Recordings, Trash Wax e  FOLC Records . Questo terzo lavoro sulla lunga distanza è un feroce tritacarne garage/trash/old school punk che mischia influenze di Stooges, Ramones, Heartbreakers e punk settantasettino e le suona a doppia velocità, riducendole a brandelli, sotto i colpi mortiferi di chitarre velenose e brani che non si spingono oltre i 2 minuti e mezzo, 13 schegge di fuoco che sapranno riscaldare il vostro inv(f)erno. Lasciatevi aiutare volentieri da questi missionari del rumore!

Dall’America del Sud ci spostiamo in Europa, dove troviamo i MINGS  , un trio di “fratelli” che non vede la presenza di un bassista in formazione (infatti sia il britannico Sir Bald Diddley aka “Bald Ming”, sia “Dead Ming” figurano alla chitarra e al canto, mentre il brasiliano Marky Wildstone aka “Wild Ming” siede alla batteria) e che ha all’attivo due album, di cui l’ultimo, “Can’t Win“, uscito nel 2020 sulla tedesca Soundflat Records . E proprio su questo Lp ci basiamo per descrivere il prorompente sound della band, di base Sixties garage/blues rock (Kinks, Yardbirds, Pretty Things, Who rimacinati) che a volte si concede anche puntate nel surf strumentale (come nel caso di tre brani, “Nightmare“, “Chinese Burn” e “Ming vs Ming“) per un totale di undici brani energici, compatti e ballabili. Gallina vintage fa buon rock ‘n’ roll.

Altro giro, altra parabola che, dopo averci fatto girovagare da un oceano all’altro, ci fa tornare per il capolinea in Italia, precisamente in Emilia, nella (solitamente) loquace Bologna, che invece stavolta ha portato, all’attenzione uditiva del Reverendo, una band che di parole non ne spiccica neanche una, infatti è un combo completamente strumentale e si chiama IQONDE, un trio formato nel 2018 da Marco Priori alla batteria, Francesco Finelli alla chitarra e samples, e Diego Castioni al basso e samples. In questa sede presentiamo il loro debutto, un Ep intitolato “Kibeho“, uscito a febbraio (in formato digitale e cassette tape) su Grandine Records. Il disco, come detto in precedenza, è al 100% strumentale, e le uniche “voci” che si possono sentire sono solo due incipit di sample recitati, uno all’inizio del primo brano (“Ma’nene“) e l’altro alla fine del sesto e ultimo pezzo (“22:22“). Il gruppo definisce il proprio sound “Tribal Nerdcore” e, già dal monicker (“Iqonde” è una parola della lingua Zulu che significa “dritto”) unisce suggestioni primordiali della musica africana tradizionale con sonorità noise rock abrasive, incalzanti e, appunto, “dritte”, incentrate specialmente sulla sezione ritmica. Se l’intento dei tre è quello di trasmettere l’immagine di una dimensione “rituale” della loro musica, diremmo che su disco è riuscito, in attesa di farla rivivere anche dal vivo, quando riprenderà a pieno regime l’attività concertistica. Influenze riscontrate nel loro sound: Mogwai, Uzeda, Unsane, Jesus Lizard, Helmet, Fugazi. Insomma, una band di belle speranze, tra le realtà nostrane più interessanti venute fuori negli ultimi anni, al pari dei baresi STREBLA, altro promettente ensemble noise(core) sul quale il collega Giovanni Panetta ha curato un esauriente approfondimento.

L’underground è ancora fertile e vi regala frutti prelibati. Come sempre, cari fratelli e sorelle, prendete e ascoltatene tutti, spargete il verbo e acquistate anche, se potete. Fuzzlelujah!

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