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Recensione : Slow Worm – The Inverse Ascent

The Inverse Ascent si rivela un esordio buono ma, per ora, non imprescindibile, senza che per questo gli Slow Worm non debbano essere tenuti in considerazione anche in prospettiva, alla luce di una produzione discografica ancora molto limitata e quindi suscettibile di ulteriori miglioramenti.

Slow Worm – The Inverse Ascent

Primo lavoro su lunga distanza per gli inglesi Slow Worm; non inganni il fatto che The Inverse Ascent presenta solo quattro brani, visto che la durata media di questi si attesta sui dieci minuti, come da tradizione doom.

Se è la musica del destino la base su cui poggia il sound della band di Leicester, va detto anche che affiora in maniera evidente una componente post-metal che contribuisce in maniera decisiva a fornire un’impronta maggiormente personale al lavoro.
Gli Slow Worm riescono a conferire alle loro composizioni una certa carica evocativa, anche se questo non avviene con la necessaria continuità; ciò nonostante l’album scorre via lasciando una buona impressione ma è innegabile che sia necessaria una buona dimestichezza con il genere per poterne recepirne degnamente i contenuti,
Infatti, la struttura compositiva si avvale di riff pesanti quanto essenziali che sovente vengono inframmezzati da passaggi più rarefatti ma non per questo meno intriganti, il tutto sovrastato dalla voce di Alan O’Neill, il quale brilla più per l’intensità in grado di trasmettere all’ascoltatore che non per la mera tecnica esibita, in virtù di un timbro vocale particolare ma non sempre del tutto convincente.
Crypt of the Vultures, Farther ed Ego Twin Chrisalys sono tre litanie più avvolgenti che pesanti (Where I Creep, the Light Is Shy è una traccia interamente ambient) nelle quali il tentativo di far convivere il doom tradizionale con il post metal riesce ad intermittenza, sia per la non facile assimilazione della proposta sia per i cali di tensione provocati dai momenti che vedono prevalere la seconda delle due componenti.
Resta comunque apprezzabile e lodevole l’approccio genuino e non scontato alla materia: The Inverse Ascent si rivela un esordio buono ma, per ora, non imprescindibile, senza che per questo gli Slow Worm non debbano essere tenuti in considerazione anche in prospettiva, alla luce di una produzione discografica ancora molto limitata e quindi suscettibile di ulteriori miglioramenti.

Tracklist:
1. Crypt of the Vultures
2. Farther
3. Ego Twin Chrysalis
4. Where I Creep, the Light Is Shy

Line-up:
Samuel Esuna Root – Bass
George Sanderon – Drums
Tommy Tit – Guitars
Max Mead – Guitars
Alan O’Neill – Vocals

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