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Recensione : Flaming Sideburns – Rocket science

Solchi che puzzano di ormoni impazziti, alcool, intemperanze adolescenziali, sudore e divertimento. E’ la considerazione definitiva che si può trarre dopo l’ascolto di “Rocket science (original artyfacts from the psychedelic era 1996–1999)“, compilation degli ormai veterani garage rockers finlandesi Flaming Sideburns – che, tra pause e reunion, quest’anno arrivano a tagliare l’invidiabile traguardo dei trent’anni di percorso musicale – uscita sulla label Svart Records, in contemporanea con il 7″ Ep “Crazy love“, e a quattro anni di distanza dall’ultimo studio album ufficiale, “Silver flames“, che aveva visto il ritorno in line up di tutti i membri fondatori del combo (il frontman di origine argentina Eduardo Martinez, Arimatti Jutila aka “Jeffrey Lee Burns” alla chitarra e voce, Jarkko Jokelainen aka Jay Burnside alla batteria, Marko Perälä aka “The Punisher” al basso e voce, e Jukka Suksi aka “Ski Williamson” alla chitarra).

Questa raccolta, già dal titolo (che si richiama alle leggendarie compile “Nuggets“) si concentra principalmente sul dinamitardo materiale dei primi anni di attività dei Flaming Sideburns, sul finire del vecchio millennio e a ridosso del nuovo (in perfetto tempismo col boom della scena dello Scandinavian rock e gli exploit mediatici/commerciali di Hives, Turbonegro, Hellacopters, Gluecifer e compagnia garagerockeggiante) quando i nostri stavano per approdare su Bad Afro Records, debuttarono con “It’s time to testify“, provando, per la prima volta, l’ebbrezza di suonare in tour negli States e registrare session a New York (qui presenti come i primi quattro brani del lotto, la travolgente opener “Spanish blood“, le incendiarie “Do the bama lama” e “Loose my soul“, la latineggiante “Sweet Christeen“) oltre alle incisioni a Helsinki e, tutto sommato, tra cover riuscite (devastanti le versioni di “Lucille” di Little Richard e del classico garage rock “Dirty robber” dei Wailers, ottimo il rifacimento di un altro evergreen come “Susie Q“, curioso il ripescaggio di “She was good” dei misconosciuti Sixties garage rockers Talismen, provenienti dal nordovest americano, così come “Move” degli State of mind, garage combo dei Sessanta originario del Delaware) tre inediti (“Walking dynamite” e le cover di “Crazy love” di Willie Dixon e la summenzionata “Susie Q”) e alcune variazioni sul tema (lo strumentale “Cheap smokes and vintage clothes” e il divertissementLa maldición del gringo“, che chiude la rassegna) è un bel godere per i timpani chi ama urla belluine, chitarre scorticate e sonorità sgarrupate devote a MC5, Stooges, Flamin’ Groovies, New York Dolls e gli Stones più grezzi.

Lo-figaggine garantita.

Spanish Blood

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