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Recensione : :: ACUFENI :: FASTIDI AURICOLARI CONTEMPORANEI #22

:: ACUFENI :: FASTIDI AURICOLARI CONTEMPORANEI #22:A Bad Day, Apparitions, Imperial Triumphant, Klara Lewis e Matteo Uggeri & Andrea Bellucci.

A Bad Day, Apparitions, Imperial Triumphant, Klara Lewis e Matteo Uggeri & Andrea Bellucci.

L’estate alle porte. I festeggiamenti prematuri. Le delusioni dietro l’angolo. Il corteo di CPI a Spezia. La torta di riso finita.
Cinque motivi per mollare tutto.

A Bad Day, Apparitions, Imperial Triumphant, Klara Lewis e Matteo Uggeri & Andrea Bellucci.

Cinque brevi inviti a rinviare il suicidio, citando il maestro Battiato.

In altre parole :: acufeni XXII ::

A Bad Day – Flawed

Premessa doverosa: siamo “daggermothiani” della prima ora, per cui, ogni release che vede impegnata Sara Ardizzoni, è un qualcosa che catalizza tutte le nostre attenzioni, in modo prioritario, per non dire assoluto. Non poteva quindi che essere così anche per questo esordio con il suo progetto A Bad Day, che la vede impegnata in coppia con l’altro chitarrista dei Massimo Volume, Egle Sommacal. La loro è una liaison artistica sancita da un album che va a toccare le corde dell’anima, quelle che abbiamo nel profondo del nostro più intimo sentire. Le corde di un candore che non deve imbarazzarci, ma convincerci a mostrare, orgogliosamente, quella fiera empatia, ed aprirci alle emozioni più vere.

A Bad Day è un progetto che fa della sperimentazione il proprio credo, e che riesce a coniugare e rendere omogenee le distanze e le dissonanze che appartengono al passato dei singoli musicisti. “Flawed è infatti un album che evidenzia tutta la sua forza attraverso una coesione decisa sancita da un approccio evocativo, ma è soprattutto un album del tutto privo di sovraincisioni, realizzato con i soli effetti a pedale a disposizione dei due, senza l’ausilio dei computer.

Al netto di tutto questo, potremmo anche aver le idee meno chiare di quella che è la realtà dei fatti, dato che, come detto in partenza, siamo di parte, ma siamo anche certi che basteranno pochi minuti di immersione in “Flawed” per convincervi della bontà, e dell’onestà intellettuale, del nostro sentire. Se tutte le “brutte giornate” sono come questa, ben vengano.

Apparitions – Volcanic Reality

Non conoscevamo gli Apparitions, e conseguentemente, avevano completamente ignorato il loro album di debutto del 2022 “Eyes Like Predatory Wealth”. Errore nostro. La band è infatti una delle espressioni più interessanti in ambito di quel filone a metà tra il metal e il drone.

Arriviamo oggi a colmare la nostra lacuna, e lo facciamo grazie a “Volcanic Reality”, album interamente registrato in presa diretta, in una sola giornata, che sancisce in modo inequivocabile il livello massimo di interazione con il sound della band, attraverso un impatto veramente viscerale. Quello del trio texano è un album claustrofobico che ci trasporta in un contesto dove il rumore regna incontrastato, ma quasi delizioso, con un approccio che guarda all’assenza di pace interiore e che colpisce con durezza estrema.

Per certi versi potrebbe anche far pensare ad una sorta di jam portate all’eccesso, dilatate all’inverosimile, o, addirittura ad un unico brano suddiviso per comodità di ascolto in quattro momenti separati, a causa della portata dell’impatto di un sound che non lascia respirare e spinge verso la necessità di un’alienazione non più rimandabile.

Quello degli Apparitions è un disco costruito sul minimalismo sonoro, che però, in alcuni frangenti, pare quasi sfociare in un qualcosa di orchestrale, restando però sempre fedele a un approccio, che a cose fatte risulta sperimentale e cacofonico solo in apparenza. Un disco che cresce, alla distanza, in modo esponenziale e incontrollato, risultando, per assurdo, molto più jazzistico, di tutti coloro che, con un basso fretless e un sax, pensano di aver realizzato un album di free jazz.

Imperial Triumphant – Goldstar

Gli Imperial Triumphant rappresentano oggi una delle realtà più avanguardistiche in ambito musicale estremo, e anche questo loro ultimo album “Goldstar” non fa che confermarci come non si possa prescindere da una band come questa nel momento in cui si voglia approcciare un certo tipo di suono. “Goldstar” è il loro sesto album, che arriva a tre anni di distanza dal precedente “Spirit Of Ecstasy” (2022) e che possiamo inquadrare all’interno di un neonato percorso volto a cercare di snellire il sound della band, andando a sposare arrangiamenti e sovrastrutture meno intricate, rispetto agli esordi in cui le strutture dei brani erano caratterizzate da un’eccessiva complessità che rischiava di far perdere il focus durante l’ascolto.

Non siamo alle prese con gli Imperial Triumphant 2.0 quello che vi raccontiamo probabilmente è da inquadrare soltanto come un aggiustamento del tiro, che, però, non risparmia l’aggressività che da sempre caratterizza i loro brani, in un caos organizzato che non possiamo non trovare sublime, anche se siamo da anni distanti da eccessi sonori di questo tipo. Saremmo bugiardi se non riconoscessimo l’innegabile valore di una proposta. “Goldstar” è concettualmente incentrato sui ruggenti anni venti di New York, in una sorta di tributo, con un ritratto sia storico che sociale e culturale, alla golden age della città, in un periodo storico fatto di sfarzo che avrebbe però, da lì a poco, lasciato il passo alla grande depressione di fine decennio.

Caratterizzato da elementi jazzati, ma in modo meno frenetico, e più funzionale al disegno di insieme, “Goldstar” necessità però di diversi ascolti per essere apprezzato in modo completo. Un album delirante, inquietante, assurdo, violento, ma assolutamente gradevole nel suo essere soffocante, e nel suo essere immediatamente in grado di portarti nell’abisso. Un album che trasuda cambiamento e che quindi scontenterà gli oltranzisti, ma sinceramente chissenefrega.

Klara Lewis – Thankful

Con “Thankful” Klara Lewis ha scelto di rendere omaggio al suo mentore Peter Rehberg, scomparso in seguito ad un infarto, nell’estate del 2021, a soli 53 anni. Il suo è un tributo sentito e doveroso, che si mostra sin da subito come caldissimo.

Scelta che abbiamo immediatamente fatto nostra, e che ci ha spinto a scegliere questo album tra i cinque che vi consigliamo. Dopo dieci anni di collaborazione (e sei album pubblicati) con la Editions Mego, questo settimo disco sancisce ancora una volta come il rapporto che lo legava alle band che produceva, fosse per Rehberg un qualcosa che andava ben al di là della semplice pubblicazione di un album. “Thankful” si colloca in quella scena elettronica sperimentale, a tratti di difficile decifrazione, in cui la Lewis si muove da anni, ma lo fa coniugando il suo approccio avanguardista con un calore toccante, quasi dolce, sicuramente attraente, che riesce a mettere in secondo piano l’algido tocco delle “macchine” digitali, andando a esaltare la parti più intimiste, legate all’affettività tra i due.

Un album che ragiona sulle perdite, sulle scomparse, sul calore degli abbracci e delle parole che vengono a mancare, attraverso tutta una serie di sfaccettature sonore che si susseguono, si rincorrono e si contrappongono. I venti minuti che aprono l’album, scelta audace ma riuscitissima, partono dall’idea della Lewis di riprendere un brano di Rehberg e di riarrangiarlo. Il giro armonico di “Thankful”, il brano omonimo, è quello di “Track 3”, tratto da “Get Out” album realizzato da Rehberg con il suo progetto Pita nel 1999.

Matteo Uggeri & Andrea Bellucci – Further Opinions about Death

Matteo Uggeri (Sparkle In Grey) e Andrea Bellucci (Iluiteq) tornano insieme dopo quel “The Soundtrack Of Your Secrets” che nel 2022 aveva sancito l’inizio della loro collaborazione, sull’onda emotiva dei danni e delle conseguenze del biennio pandemico. Anche oggi, 2025, il dolore e la sofferenza sono la spinta creativa che diventa necessità impellente di esorcizzare gli eventi. “Further Opinions about Death”, che esce per la 13| Silentes, realtà di primissimo piano in ambito sperimentale, attentissima a tutte quelle dissonanze e divergenze che animano l’Italia, è il doveroso omaggio di Matteo Uggeri alla madre, recentemente scomparsa.

E, dato che le disgrazie non vengono mai da sole, a sottolineare ancor più negativamente il tutto, è arrivata, poco dopo la pubblicazione del disco, la notizia della scomparsa anche del padre di Andrea Bellucci. Ne emerge un album malinconico, ma tutt’altro che triste, un album che “spinge” sulle emozioni, ma non cade nel patetico, nell’autocelebrazione dell’elaborazione del lutto, un album incentrato sulle sensazioni, e per questo caratterizzato da momenti distanti e differenti, un album con luci ed ombre, ma sempre e costantemente a fuoco.

Diviso in quattro momenti distanti ma conseguenti, incentrati sugli eventi, dalla scoperta della malattia, alla morte e al tentativo di provare a metabolizzare il tutto, l’album riesce comunque a guardare alla bellezza in ogni suo passaggio. 74 minuti in cui si resta costantemente connessi con i brani, senza alcuna fatica. Nonostante il suo forte carico emotivo “Further Opinions about Death” non stanca mai, anzi appassiona.

L’idea che si possa affrontare un passaggio delicato come questo mettendo in musica tutte le nostre emozioni più recondite, e personali, è affascinante e stimolante, e in questo i field recordings di Uggeri diventano il fulcro dell’album intorno a cui è bravo Bellucci a ricamare le emozioni senza cadere nel banale, e nello scontato. Possiamo in estrema sintesi guardare a “Further Opinions about Death” come a un album oscuro e intenso, ma mai autocelebrativo, che si muove intorno al concetto di assenza e quindi, conseguentemente, di vuoto, che ti resta addosso dopo un lutto di così grande intensità emotiva, un lutto che, anche se sai da tempo che arriverà, non riesci a metabolizzare mai.

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