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Recensione : Siena Root – Pioneers

Un viaggio allucinogeno organizzato dalla cult band svedese Siena Root, tra hard rock blues e psichedelia: un altro ottimo album per gli amanti dei suoni settantiani.

Siena Root – Pioneers

Tornano con un nuovo trip i re dell’hard rock settantiano proveniente dalla Svezia, i vintage Siena Root.

La band di Stoccolma, fondata sul finire degli anni novanta, arriva al quinto full length di una discografia già composta da quattro album bellissimi (più lo straordinario live “Root Jam” del 2011) che si arricchisce così di un ulteriore grande album di rock settantiano travolto da trip psichedelici ed atmosfere stoner, influenzato dai grandi nomi del passato come i Deep Purple, ed infarcito di jam blues da far alzare metri di pelle d’oca.
Più vicino all’hard rock rispetto ai dischi precedenti, Pioneers è un altro stupendo omaggio alla musica vintage: la band svedese sembra davvero provenire da quegli anni, come se fosse stata ibernata e poi risvegliata per continuare la sua opera di divulgazione della musica del diavolo, con brani dall’immenso fascino e dalle grandiose melodie stonate, iniettate su brani di hard blues come le migliori opere del profondo porpora.
Lo spirito di Jon Lord, entrato prepotentemente nell’anima di K.G. West, tastierista stratosferico, ricama melodie retro, arcobaleni di note flower power, accompagnando oltremodo la vena bluesy della band che, in questo ultimo disco, straripa ad ogni nota regalando momenti di grande musica, interpretata con voce calda e strascicata, da vero vocalist di genere, da Sartez, splendido rockman anche con la sei corde, laddove sciorina riff bluesy d’antologia.
Between The Lines apre questa danza sabbatica, l’hard blues suonato dai nostri coinvolge come sempre, l’hammond si scambia la leadership con le chitarre, la nebbia provocata dagli innumerevoli joint non si dissolve neanche quando il riff purpleiano di 7 Years irrompe, portando con sé tutto il decennio settantiano in cinque minuti e trenta secondi di apoteosi stoner rock.
Spiral Trip precede uno dei capolavori dell’album, Root Rock Pioneers, che arriva a travolgere ogni minima resistenza: blues rock incendiario, groove che semina vittime tra gli astanti, ormai distrutti dal continuo viaggiare tra arcobaleni dove il colore porpora predomina, stanchi di camminare in strade di stelle per un paradiso artificiale di zeppeliniana memoria.
Keep Of Climbing omaggia nel riff doom i Black Sabbath mentre l’album si avvicina alla fine, lasciando agli ultimi dieci minuti della jam In My Kitchen tutto il credo di questa spettacolare band, che si affida ad uno strepitoso mix di Doors e Led Zeppelin più oscuri (“No Quarters”) per darci appuntamento al prossimo viaggio, ad un altro ennesimo sogno sintetico, accompagnati da note liquide e avvolti dal caldo abbraccio del blues. Illegali.

Tracklist:
1.Between the lines
2.7 years
3.Spiral trip
4.Root rock pioneers
5.The way your turn
6.Keep on climbing
7.Going down
8.In my kitchen

Line-up:
Sam Riffer – Bass
Love Forsberg – Percussion
Erik Pettersson – Organ
Jonas “Joe Nash” Åhlen – Vocals
Matte Gustavsson – Guitar

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1 Comment
  • Avatar
    BullHead
    Posted at 19:25h, 26 Novembre Rispondi

    Grande band. Una sorta di Deep Purple psichedelici.

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