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Recensione : Radio Moscow – Magical Dirt

Non un album per vecchi nostalgici ma un gran disco nel quale vengono miscelate con sagacia le varie ed inevitabili influenze che i Radio Moscow si portano appresso.

Radio Moscow – Magical Dirt

Magical Dirt è l’ultimo album dei Radio Moscow uscito lo scorso anno ma, visto l’esaltante performance lasciata ai posteri nella seconda serata del Riviera Summer Fest in quel di Varazze lo scorso 11 Luglio, ci sentiamo obbligati a parlarvi di questo fantastico trio di freak rockers che pare essere uscito direttamente dal periodo a cavallo tra gli anni sessanta e i favolosi seventies.

La band nasce nel 2003 a Story City, cittadina dell’Iowa e debutta con l’album omonimo nel 2007, per poi dare alle stampe altri tre lavori, “Brain Cycles” nel 2009, “The Great Escape of Leslie Magnafuzz” nel 2011 e la compilation di demo “3 & 3 Quarters” l’anno dopo.
I Radio Moscow girano intorno al chitarrista e cantante Parker Griggs, unico superstite della prima formazione, ora accompagnato da Anthony Meier al basso e Paul Marrone alle pelli, a formare un combo dedito ad un hard rock che ingloba nel proprio dna blues, stoner, southern, rock acido e psichedelia, un composto dinamitardo e suonato alla grande, complice un Griggs stratosferico alla sei corde ed una sezione ritmica tellurica.
Magical Dirt si presenta come un viaggio nell’arcobaleno di allucinati miraggi psichedelici creati dall’assunzione del fungo magico ben raffigurato sulla copertina: il sound del gruppo porta inevitabilmente a perdersi nei meandri della mente, distorta dalla botta che sale e la musica che ipnotizza e, come un costrittore, ci avvolge tra le sue spire, soffocandoci in una jam session di acido hard rock, sempre più stordente.
La chitarra letteralmente parla, suonata divinamente dal leader, che si avvicina al credo hendrixiano, forse la maggior ispirazione di un gruppo che non ne vuol sapere di partiture banali, così da rendere ogni passaggio un tributo ai suoni vintage di cui abbiamo parlato.
Prodotto da Dan Auerbach, mastermind dei Black Keys, Magical Dirt entra subito nel vivo con l’opener So Alone e Rancho Tehama Airport, nelle quali il sound del gruppo esplode in una tempesta di note rock; sono molti, dicevamo, i richiami ai gruppi storici: ci passano davanti la Jimi Hendrix Experience, il dirigibile zeppeliniano, le danze sabbatiche in un tripudio di blues acido e southern rock.
Bellissima Death Of A Queen, la song più hendrixiana del lotto che porta verso la fine della prima metà del lavoro: da qui in poi il senso di jam si fa molto più forte, trasformando l’album in un lungo incedere tra solos dilatati, atmosfere liquide e tanto blues rock.
These Days, Bridges e la sabbathiana Gipsy Fast Woman, alzano il livello letale del fungo che continua a devastare menti e muovere corpi, la band non cede un attimo e la sezione ritmica rincorre le fughe della sei corde, in una corsa nel deserto dove i miraggi prendono forma delle icone dell’hard rock.
Non un album per vecchi nostalgici, attenzione, ma un gran disco di genere, suonato benissimo e nel quale vengono miscelate con sagacia le varie ed inevitabili influenze che i Radio Moscow si portano appresso nobilitandole sia in studio sia, come abbiamo potuto constatare da poche ore, in sede live. Una grande band.

Tracklist:
1.So Alone
2.Rancho Tehama Airport
3.Death Of A Queen
4.Sweet Lil Thing
5.These Days
6.Bridges
7.Gypsy Fast Woman
8.Got The Time
9.Before It Burns
10.Stinging
11.The Nectar Reprise

Line-up:
Parker Griggs – chitarra e voce
Anthony Meier – basso
Paul Marrone – batteria

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