dal 1999

Recensione : Paolo Lubinu – Jesù Cristu ‘etzu

Un racconto gradevole, che si legge col sorriso sulle labbra.

Paolo Lubinu – Jesù Cristu ‘etzu

Anni 90, i cellulari sono ancora qualcosa di praticamente sconosciuto, la comunicazione è reale, quotidiana, e avviene di persona. Forse anche le amicizie sono più vere. Sono nato alla fine degli anni ‘70 e quanto narrato dallo scrittore emergente sardo Paolo Lubinu mi ha permesso di rivivere nelle pagine del libro piacevoli ricordi personali.

Siamo all’inizio dell’estate, in un paesino della Sardegna, dove praticamente ci si conosce tutti. I punti di ritrovo sono sempre gli stessi, consolidati e non serve darsi appuntamento. La maggior parte dei giovani si riunisce ai giardini pubblici, dove ogni compagnia ha il proprio spazio.

In uno spaccato di vita quotidiana, Jesù Cristu ‘Etzu è un personaggio ambiguo, si potrebbe definirlo il matto del quartiere; tutti lo conoscono e tutti in fondo gli vogliono bene e provano tenerezza. Il titolo del libro potrebbe far pensare che il racconto sia incernierato su questa figura, che parla solo decantando versi in maniera criptica. Andando avanti nella lettura ci si rende conto che non è completamente così: è infatti un racconto sull’amicizia.

Attilio il muratore, Bartolomeo, l’ex pugile Claudio detto “Bukowski” , Mauro che aveva fatto il liceo classico, Zio Bussanu, vedono passare le loro giornate in modo pressoché identico, birre in mano e sempre le solite chiacchiere di paese. Ma arriva un giorno in cui una radio troppo politicizzata decide di toccare uno del gruppo, Maria Elena. L’amicizia si fortifica, il gruppo si unisce e si scopre capace di realizzare cose che nemmeno immaginava di fare, quasi una piccola rivoluzione.

Il libro, che è potuto venire alla luce grazie a una operazione di crowdfunding, presenta all’interno diverse parti dialettali. L’inserimento del sardo all’interno del testo, da un lato risulta efficace perché ti permette di entrare ancora più internamente nella natura dei vari personaggi e del contorno geografico, dall’altro rallenta un po’ la lettura. Si è obbligati a ricorrere alla traduzione delle note a piè pagina e, forse, sarebbe stato meglio fare il contrario.

Nel complesso risulta un racconto gradevole, che si legge col sorriso sulle labbra.

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