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Recensione : “Anarchia a tavola” di Fiamma Chessa (Edizioni Malamente)

Anarchia a tavola: scopri un libro che unisce ricette, storia del movimento anarchico e tradizioni mediterranee in un racconto unico.

Anarchia a tavola

Fiamma Chessa – Anarchia a tavola

(Edizioni Malamente)

È un libro di ricette? Si, forse, almeno in parte, ma non solo. È questo, ma anche e soprattutto molto altro. Come tutto ciò che ha una valenza che va ben oltre il significato più immediato, e quindi anche innocuo, che siamo soliti attribuire alle cose che non riusciamo a decifrare in tempo quasi reale, anche anche “Anarchia a tavola” rientra in quella casistica che finisce per mettere in crisi la nostra corsa verso quel domani che pare inafferrabile. Siamo portati a catalogare tutto, a incasellare ogni sollecitazione con cui entriamo in contatto, e a farlo, come detto, assecondando un’inspiegabile voracità, sia in termini di contenuti che di velocità di assimilazione. Dobbiamo stabilire, senza perdere tempo ad approfondirne i significati, quale possa essere la migliore collocazione per ciò che abbiamo tra le mani. La magia della scoperta di tutto ciò che non si palesa, in prima battuta, in modo netto e inequivocabile, appartiene al passato. Stiamo vivendo male, per non dire malissimo. Il tempo che dedichiamo ai contenuti si accorcia sempre più, impedendoci ogni tipo di riflessione che vada oltre la condivisione sui social network. Se questo deve essere l’approccio con cui pensiamo di accostarci al testo di Fiamma Chessa, possiamo anche lasciar perdere. La fretta è morta. E con essa tutte la superficialità che l’ha sempre accompagnata. “Anarchia a tavola” è quindi uno strumento per collocarci in uno spazio liberato dal concetto di tempo, che possa portarci ad una rivalutazione storica e sociale, più che mai necessaria, che usa la cucina come pretesto per ricalibrare le nostre priorità.

Quindi, tornando alla partenza, più che un libro di ricette, possiamo pensare al testo come a un libro di ricordi, che si collegano ad una memoria storica attraverso le singole ricette, ognuna delle quali, oltre alla sua valenza culinaria, riporta alla luce eventi, incontri, testimonianze, che altrimenti rischierebbero di andare perdute, seppellite sotto il peso degli anni trascorsi. Si tratta sostanzialmente di momenti storico-affettivi che hanno caratterizzato l’esistenza di Fiamma Chessa, e che partendo dall’adolescenza, ripercorrono la storia dei movimenti anarchici fino ad arrivare ai giorni nostri. Momenti caratterizzati sì dalla convivialità, ma anche dalla comune passione per idee libertarie, che permettano la riscoperta di valori che siano in netta opposizione a quelli che reggono lo status quo in cui viviamo, e dunque orientate alla costruzione di un mondo migliore.

Si parte da Genova, dall’infanzia dell’autrice, e da tutti quei piatti tipici della tradizione ligure, tra tutte la focaccia, prototipo del moderno street food, che tutto il mondo ha poi adottato, con risultati più o meno soddisfacenti. Le pagine sembrano essere intrise delle fragranze di tutti quegli aromi con cui noi che veniamo dal mare siamo cresciuti. Ma la Chessa va ovviamente oltre, e segue nelle sue ricette gli spostamenti della sua famiglia. Abbiamo dunque tutta una serie di ricette sarde, rimaste nella memoria del padre, nativo della provincia sassarese che si arrampica sulle alture alle spalle di Alghero. Per giungere agli anni seguenti, in cui con la crescita e l’allontanamento da casa, la Chessa sente la necessità di confrontarsi con le altre culture, per ampliare la propria visione dell’uomo, e del mondo, e quindi, conseguentemente anche delle sue conoscenze culinarie, che culminano in un meltin’ pot di sapori, odori e colori sgargianti e fragorosi, raccolti e fatti propri su tutte quante le sponde del Mediterraneo.

Ridurre quindi “Anarchia a tavola” al ruolo di libro di ricette è quindi un qualcosa che, oltre ad essere limitativo, suona anche come offensivo, vista la portata dei contenuti. Le parole della Chessa infatti sono tutto tranne che una sequenza di ingredienti e di consigli culinari. C’è molto di più. C’è la memoria storica, di un movimento internazionale che ha attecchito a tutte le latitudini, e del movimento operaio. C’è il tentativo di raccontare la storia, attraverso metodi meno didattici e per nulla didascalici, come invece succede troppo spesso nelle aule scolastiche. Una storia che non è solo quella degli anarchici italiani, costantemente esclusi dai programmi ministeriali, ma anche quella dell’Italia, una storia che analizza aspetti solo apparentemente secondari, da sempre relegati ai margini dalla storiografia ufficiale.

Così come il cibo si incastra con la storia, la tradizione, l’idea di convivialità, di condivisione, e di comunità, lo stesso possiamo dire per il movimento anarchico, retto sostanzialmente dalle stesse idee, anche se su piani differenti, più orientati a una visione sociale e politica, che strettamente culinaria. La cucina quindi, vista come il collante tra i popoli, in un internazionalismo (finalmente) applicato, che funge da connessione, vera e tangibile. La cucina non è quindi da vedere come il fine ma come lo strumento. Il mezzo che ci serve per raccontare la storia delle idee di uguaglianza e di libertà. Ma anche di resistenza e di identità.

La Chessa prende spunto dalla vita del padre Aurelio, uno dei protagonisti della scissione dal FAI nel 1965, ma anche e soprattutto una delle figure più importanti del movimento anarchico italiano. E da qui inizia a raccontare, prima grazie alle figure con cui è cresciuta, e poi allargando i ricordi e il contesto storico culturale, come sia possibile ancora oggi restare legati alla cultura libertaria. Il mondo anarchico è in continuo mutamento, ma è soprattutto multisfaccettato, ragion per cui le ricette non possono che essere tra loro diversissime, in un rispetto per le preferenze, i gusti, le scelte etiche e ideologiche di tutti. Il racconto del suo peregrinare si chiude a Reggio Emilia, sede attuale dell’archivio Berneri-Chessa. In un rimando tra piatti culinari, e incontri personali, che sembrano voler chiudere il cerchio, non solo della sua vita e di quella di suo padre, ma anche del movimento anarchico, in una sorta di ritorno alle origini.

Il tutto impreziosito dalle puntuali, acute e intelligenti illustrazioni di Nipfote, sempre attenta a cogliere gli aspetti più ironici delle ricette, e a farlo con una pungente ironia. Ma non solo, il suo è un contributo che va oltre il riempire le pagine, è un qualcosa che è da vedere come parte integrante del testo, da cui non può essere scisso, pena la perdita del suo impattante valore. Testo e immagini sono sostanzialmente la stessa cosa, procedono insieme e insieme sono state costruite, talvolta in modo quasi immediato, di pancia, talvolta con un attento studio degli elementi che, se a prima vista possono apparire secondari, sono in realtà il cuore del libro. Quella che mescola le esperienze e le emozioni di Nipfote e della Chessa è una delle ricette migliori di tutto il volume, senza ombra di dubbio.

***

Pensiamo possa essere utile, in chiusura, e per certi versi quasi doveroso fare un quadro della situazione da un punto di vista storiografico, in modo da chiarire i ruoli di tutti coloro che sono, a vario titolo e importanza, stati parte della creazione, della gestione e della conservazione dell’archivio Berneri-Chessa.

Camillo Berneri (1897 – 1937) è stato un filosofo, uno scrittore e un anarchico italiano, fautore di un anarchismo antidogmatico. Fu assassinato dagli stalinisti durante i drammatici eventi della rivoluzione spagnola del 1936-39. Nel 1915 sancisce il suo abbandono della FGS dimettendosi dal partito attraverso una Lettera aperta ai giovani socialisti da un giovane anarchico, nel quale denuncia il degrado del Partito Socialista riguardo all’ambigua posizione dei socialisti rispetto alla Grande Guerra. Ad aver condizionato il suo allontanamento dal Partito Socialista era stata anche la sempre maggiore influenza esercitata nella società civile dal movimento anarchico italiano.

Giovannina Caleffi (1897 – 1962), conosciuta come Giovanna, è stata un’anarchica italiana, moglie di Camillo Berneri. Con l’avvento del regime fascista in Italia, cominciano i guai anche per la famiglia Berneri-Caleffi: Camillo subisce due aggressioni, poi, rifiutatosi di giurare fedeltà al regime – procedura obbligatoria per tutti i professori (Camillo aveva iniziato ad insegnare filosofia a Camerino) – è costretto ad espatriare nell’aprile del 1926. Inizialmente Giovanna trascorre alcuni mesi presso la casa della suocera, poi il 1° agosto del 1926 riesce a ricongiungere tutta la famiglia a Saint-Maur-des-Fossés (periferia di Parigi). Nel 1933, con l’aiuto della sorella e su consiglio di Louis Lecoin, apre una drogheria (rue de Terre-Neuve n° 20), il cui retro diverrà nel tempo un rifugio sicuro per i fuoriusciti anarchici. Con l’avvento della rivoluzione in Spagna, Camillo parte per schierarsi con i miliziani antifascisti e Giovanna si ritrova di nuovo sola ad occuparsi delle figlie. In guerra, è risaputo, la morte deve essere messa in preventivo, ma Giovanna non si aspettava certo che il suo Camillo potesse essere ucciso da mano stalinista; così invece accade il 5 maggio 1937 a Barcellona: Camillo Berneri è assassinato insieme a Francesco Barbieri dagli stalinisti. Liberata l’Italia dal fascismo, si attiva per la ricostituzione del movimento anarchico. Dopo vari tentativi alla fine riuscirà ad acquistare un terreno nella pineta di Ronchi (MS), a 700 metri dal mare, che le permetterà di far nascere la Comunità «Maria Luisa Berneri» e a cui peraltro si adopererà sino alla morte. Ammalatasi gravemente, è accudita dall’anarchico e amico Aurelio Chessa. Proprio tra le braccia di Chessa, Giovanna Caleffi muore il 14 marzo 1962 all’uscita dall’ospedale di Genova Nervi dove era stata ricoverata.

Aurelio Chessa (1913-1996), personaggio ricordato sia per la sua grande generosità che per il carattere “spigoloso”, che agli inizi degli anni Sessanta seppe non solo comprendere l’importanza di preservare in maniera organica e strutturata la documentazione prodotta dal movimento anarchico, ma riuscì anche a dare concretezza a questo proposito. Chessa si avvicina al movimento anarchico frequentando gli ambienti libertari genovesi nell’immediato secondo dopoguerra. Avverso a forme di strutturata organizzazione politica del movimento, è tra i protagonisti della scissione che nel 1965 separa Federazione anarchica italiana e Gruppi di iniziativa anarchica (GIA) leggendo nella prima uno scivolamento verso forme accentratrici tipiche dei partiti politici. Grande importanza nella vita di Chessa ha lo stretto rapporto di collaborazione, fiducia e amicizia con Giovanna Caleffi, vedova dell’intellettuale e militante anarchico Camillo Berneri, ucciso a sangue freddo dagli stalinisti nel maggio 1937 a Barcellona. Alla morte di Giovanna (1962), la figlia Giliana Berneri decide di donare a Chessa l’archivio-biblioteca custodito dalla madre. Quando a Rapallo (Genova), il 26 ottobre 1996, Aurelio Chessa muore, la curatrice di quello che ora è chiamato Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa diviene sua figlia, Fiamma, e la sede è trasferita a Reggio Emilia. Il “Berneri-Chessa” presenta anche molto materiale sul “fuoriuscitismo”, l’antifascismo, la rivoluzione spagnola e la storia del movimento operaio in genere.

L’Archivio Famiglia Berneri-Aurelio Chessa è un archivio bibliotecario e documentale custodito attualmente presso la Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia. Costituito da un’importante documentazione avente come soggetto l’anarchismo italiano ed internazionale, nasce a Nervi (GE) nel 1962 per mano di Aurelio Chessa, che raccoglie la documentazione relativa al movimento anarchico a partire dal 1945. La divulgazione dei materiali inizia a metà degli anni ’60 ed Aurelio Chessa visita diverse città per incrementare la raccolta raccogliendo sia documenti che testimonianze: Pistoia, Iglesias, Genova, Pistoia, Canosa di Puglia, Cecina. Quando muore Aurelio a Reggio Emilia la curatrice dell’archivio Berneri Chessa diviene Fiamma, figlia di Aurelio. L’Archivio di notevole interesse e rarità, specializzata in opere sul movimento anarchico e operaio nazionale e internazionale, comprende circa tremila opuscoli, alcuni di difficile reperimento, pubblicati prevalentemente nel periodo che va dagli inizi del Novecento agli anni Cinquanta e circa settemila libri. È conservata, infine, un’importante raccolta di manifesti e volantini anarchici e sindacalisti rivoluzionari, soprattutto dal 1944 al 1980 circa, e un ingente raccolta fotografica comprendente oltre tremila immagini, in gran parte inedite.

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