iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Officium Triste – Mors Viri

La band di Pim Blankenstein non ha mai avuto l’ambizione di riscrivere la storia della musica o del singolo genere, l’unico obiettivo tangibile è sempre stato quello di comporre brani malinconici, coinvolgenti, che rappresentassero adeguatamente quel dolore catartico che è il fine ultimo del doom

Officium Triste – Mors Viri

Avevamo lasciato gli Officium Triste qualche mese fa alle prese con “Immersed”, split album condiviso con i tedeschi Ophis, che aveva una volta di più esibito la fedeltà della storica band olandese al death-doom più ortodosso.

Mors Viri conferma pienamente quanto sopra, ma ciò che colpisce favorevolmente è la qualità elevata della proposta, aspetto preponderante in un contesto dove spazio per inventarsi qualcosa, oggettivamente, ce n’è ben poco.
La band di Pim Blankenstein non ha mai avuto l’ambizione di riscrivere la storia della musica o del singolo genere, l’unico obiettivo tangibile è sempre stato quello di comporre brani malinconici, coinvolgenti, che rappresentassero adeguatamente quel dolore catartico che è il fine ultimo del doom: questo è bastato e avanzato per fare degli Officium Triste una delle realtà europee più amate dagli appassionati del genere, e pazienza se talvolta certa critica “avanguardista” si sia mostrata ingenerosa nei loro confronti.
Mors Viri dovrebbe far ricredere anche i più scettici, mostrando una band nel pieno della propria maturità e in grado di sciorinare tre quarti d’ora abbondanti di musica priva di cedimenti, che esibisce il meglio in apertura e chiusura del lavoro: infatti, sia Your Fall From Grace che Like Atlas vanno annoverati di diritto tra i migliori brani mai composti dai doomsters di Rotterdam.
Non che tutto ciò che sta nel mezzo sia trascurabile: Burning All Boats And Bridges si segnala per un finale dalle dolenti cadenze funeral, To The Gallows si snoda sulle tracce di “My Charcoal Heart”, uno dei brani storici dei nostri, con il quale ha in comune l’efficace ricorso alle clean vocals; Your Heaven, My Underworld costituisce l’unico episodio che esula, almeno in parte, dal consueto canovaccio compositivo, grazie a melodie sicuramente di fruizione più immediata ed un mood neppure troppo oscuro, se raffrontato al resto del disco.
The Wounded And The Dying, al contrario, pur essendo comunque un brano più dinamico e ritmato in alcune sue parti, si inserisce nei tipici canoni stilistici della band olandese, mentre One With The Sea è l’immancabile brano che fa leva sull’aspetto emozionale, abbinando il recitato a un tenue tappeto pianistico.
Le malinconiche note di Like Atlas chiudono in maniera esemplare un lavoro davvero inattaccabile; del resto dagli Officium Triste costituiscono lo zoccolo duro del death-doom e dimostrano come la coerenza, la competenza e la genuina passione per il genere proposto siano, sempre e comunque, sinonimo di qualità.

Tracklist :
1. Your Fall from Grace
2. Burning All Boats and Bridges
3. Your Heaven, My Underworld
6. The Wounded and the Dying
7. One with the Sea (Part II)
8. Like Atlas

Line-up :
Martin Kwakernaak – Keyboards
Gerard de Jong – Guitars
Pim Blankenstein – Vocals
Lawrence Meyer – Bass
Bram Bijlhout – Guitars
Niels Jordaan – Drums

OFFICIUM TRISTE – pagina Facebook

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.
1 Comment

Post A Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Noctu – Super Illius Specula

Super Illius Specula è probabilmente il punto più alto raggiunto finora da un musicista come Noctu, in grado di offrire oggi un doom estremo tra i più avvincenti e, allo stesso tempo, meno scontati in ambito nazionale.

Angmodnes – Rot of the Soul

Rot of the Soul è un album che conferma le qualità mostrate negli ultimi anni da parte degli Angmodnes, trattandosi di un lavoro di grande consistenza e molto curato nella sua resa sonora nonché un’esibizione di spiccata creatività compositiva, sintomatica del desiderio da parte della band olandese di non appiattire il proprio sound sulle posizioni già acquisite.

Post Luctum – Seasons Greavings

Se dal punto di vista musicale l’ep risulta davvero efficace e vario, avvicinandosi in certi frangenti ai mai abbastanza lodati Daylight Dies, fondamentalmente appare più ritmato e incalzante rispetto ai quanto offerto dai Post Luctum nei due ottimi full length realizzati in precedenza.