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Recensione : Pitchshifter – Peel Sessions 1991 – 1993

Pitchshifter - Peel Sessions 1991 - 1993: Atmosfere soffocanti, industrial cyberpunk da strada, merda, dolore, droga e pioggia.

Atmosfere soffocanti, industrial cyberpunk da strada, merda, dolore, droga e pioggia.

Le ” Peel Sessions 1991-1993″ dei Pitchshifter usciranno alla fine di questo novembre su Cold Spring Records.

Per chi ha frequentato negli anni novanta il rumorismo pesante il gruppo di Nottingham ha rappresentato qualcosa di grandioso e di innovativo, e assieme ai Godflesh sono considerati i pionieri del death industrial. Proprio nel periodo coperto da queste sessioni registrate presso gli studi della BBC di Maida Vale chiamati da John Peel, i Pitchshfiter pubblicarono due dischi, uno del 1991 intitolato “Industrial” e uno nel 1993 “Desentisized”il primo su Deaf Records Peaceville ed il secondo su Earache, etichetta di Nottingham come loro. Questa coppia di dischi è una pietra miliare per gli appassionati di un suono che si stava definendo e che vide l’unione meccanica e carnale di uno strano tipo di metal con la tradizione rumorista inglese che andava dai Throbbing Gistle ai Killing Joke, ma qui era tutto più violento ed esoterico, prodotto con suoni mai sentiti prima.

Quei lavori dei Pitchshifter erano anche in qualche maniera la summa del clima di quegli anni, ovvero tante sperimentazioni sonori, ibiridi fra generi e sottogeneri senza esclusioni di colpi, e in queste registrazioni presso la BBC si può sentire la furia e l’oscurità di quel suono. Questi sei pezzi sono un ponte sonoro fra quello che era accaduto prima in campo industrial metal e ciò che accadrà dopo, due picchi molto molto alti che qui possiamo gustare in maniera approfondita e differente rispetto alle due uscite.

I pezzi della visita a Maida Vale del 1991 furono incisi quasi in contemporanea al loro debutto sulla lunga distanza, sono pezzi bassissimi, oscuri, ossessivi, senza redenzione, con una grande dose di metal dentro, ascoltare il primo minuto del primo pezzo “Gritter”, per capire in quale inferno siamo capitati. La sessione del 1993, relativa al secondo disco “Desentisized” vede una maggiore compresenza di computer e di remix, per penetrare la carne umana con il silicio e con un futuro che doveva elevarci ma che finisce per penetrarci a fondo.

I Pitchshifter sanno usare molti regimi musicali differente, sanno abbandonarsi alla furia distorta di un pezzo clamoroso come “(A higher form of) killing” (Radio Phuque edit), uno dei loro pezzi più notevoli. Atmosfere soffocanti, industrial cyberpunk da strada, merda, dolore, droga e pioggia. Questa ristampa rimasterizzata riporta alla luce uno dei periodi migliori di un gruppo clamoroso e che seppe evolversi con uno stile particolare e molto diverso rispetto a questi dischi, con il manifesto “www.pitchshifter.com”, svolta stilistica che vide polarizzarsi la loro fanbase, divisa fra alcuni che odiarono la svolta più elettronica e quasi big beat, mentre altri li seguirono.

Posto il fatto inconfutabile che un gruppo può suonare tranquillamente il cazzo che vuole, il problema semmai è dell’ascoltatore che può decidere liberamente se continuare ad ascoltare o no, l’evoluzione dei Pitchshifter è comunque qualcosa che in nuce troviamo già qui, in questo massacro cristallino e limpido, sei pezzi che ipnotizzano e che resistono benissimo alla prova del tempo, sono passati trent’anni ma suonano ancora benissimo, se non meglio di prima.

Per chi ama i Pitchshifter e l’oscurità sonora inglese qui c’è tutto. Prima di chiudere una parola su John Peel, vero e proprio gigante della musica contemporanea, personaggio che portava alla radio nazionale inglese i Pitchshifter come i Napalm Death e che aveva capito che questo gruppo di Nottingham sapeva far sanguinare il futuro.

Pitchshifter – Peel Sessions 1991 – 1993

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