Confessioni di una maschera – Gli anni del consenso
Gli anni del consenso: si tratta di un fascismo strisciante, ripulito dei suoi eccessi comici e cabarettistici del ventennio.
Confessioni di una maschera – nel momento in cui siamo costretti a crearci una falsa personalità per rispondere ad esigenze di inclusione sociale e nascondiamo quelli che sono i nostri reali sentimenti non possiamo che dirci complici e partecipi di una mascherata. questa rubrica è per chi sente la necessità di togliersi la maschera e mostrarsi per quello che è realmente.
Gli anni del consenso: si tratta di un fascismo strisciante, ripulito dei suoi eccessi comici e cabarettistici del ventennio.
Recentemente ho scelto di portare sulle pagine di Libroguerriero “La vita di chi resta”, il romanzo di Matteo B. Bianchi dedicato a chi si ritrova catapultato in quell’inferno terreno conseguente al suicidio di una persona cara. Nonostante l’argomento mi tocchi molto da vicino, non ho
Recentemente gli amici di Riserva Indie hanno condiviso sui loro spazi parte di un nostro intervento tratto proprio da questo spazio (Confessioni di una maschera “La virulenza della viralità“), che non ha mancato di scatenare un putiferio mediatico, fatto di reazioni scomposte, al limite della
L’estate si sta dissolvendo, portandosi via quel poco di empatia che mi è rimasta. L’ho sempre voluta nascondere, per paura di mostrarmi, nudo, agli occhi avvelenati di tutti coloro che mi stanno intorno, in attesa di potermi assalire con le proprie richieste. Giocando proprio su
La connessione neuronale che ci vede come dipendenti dai Social Network sarà ancora a lungo la dinamica intorno a cui si muoveranno le nostre esistenze, ormai quasi totalmente prive di quell’indipendenza intellettuale a cui abbiamo sempre aspirato.
L’italia, scritto volutamente minuscolo, è un territorio in cui per anni si è andati avanti celebrando i fasti di una delle più grandi culle della cultura mondiale. Sono però almeno tre decadi che tutto questo è andato a morire.
È proprio “ignoranza” il termine intorno a cui tutto ruota, e che più ci piace usare per definire e associare tutti coloro che “scelgono” di non leggere.
Continuo a pensare che il male assoluto sia da far coincidere con la sovraesposizione da social network. La rete ci ha reso ancor più schiavi di quanto non fossimo già. E lo ha fatto facendoci credere che stessimo conquistando quella “libertà” che da sempre cerchiamo.
In altre parole: si può ancora parlare male di un disco oppure dobbiamo dire che escono solo dischi belli prima che qualcuno si incazzi?
È l’uomo, come sempre, la più grande delusione dell’anno. Lo diciamo da talmente tanto tempo che forse stiamo diventando stucchevoli nel nostro ripeterci.
Come ci accade costantemente negli ultimi trent’anni, da quando cioè la politica è diventata una dicotomica scelta, quasi plebiscitaria, tra chi stava con il magnate brianzolo, e chi stava contro, tagliando sistematicamente fuori ogni altra visione sociale del paese, abbiamo disertato le urne.
Pensare che qualcuno ancora non è riuscito a capire la differenza che c’è tra i social network e la realtà, è un qualcosa che mi annichilisce, sotto tutti i punti di vista. Non è ancora stato creato un antidepressivo in grado di aiutarmi a rialzarmi dalla catatonia che mi assale ogni volta che realizzo quanto sia radicata l’idea che i due contesti siano sullo stesso piano.
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