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Recensione : Metallica – Hardwired… To Self – Destruct

Metallica : Una buona caratura delle liriche è un passo sonico più lento, offrono un album fermo e possente destinato a farci compagnia per 77 minuti

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Metallica – Hardwired… To Self – Destruct

metallicaPorca miseria!!! Non è il puro trash degli esordi, ma contiene tutta l’irrefrenabile linfa evolutiva tanto affine al prog-metal, di manifattura eccellente, che il ‘Made in Metallica’ qui rispara fuori a zero con fulminea velocità di esecuzione; una perfetta killer song è messa a segno – e che Giove li strafulmini ‘sti fottutissimi Metallica – dall’apice dell’Olimpo raggiunto con l’opener Hardwired: concretamente si sfreccia da 0 a 100 km/h in tre secondi.

Atlas, Rise! (sarà un omaggio all’anime japanese ‘Atlas Ufo Robot’?) spacca le righe, altro che romperle, e nel tecnicismo esasperato, ma dosato con la maestria indiscutibile di questi alfieri del super metal,  sotto sotto si fiuta l’aperto feeling rock’n’roll, cioè, l’origine del male, esalando una meraviglia entro questa gita spazialoide agli inferi, rapida e schizzosa, tanto che il Cicerone dantesco ancora deve raccapezzarcisi su quel coso che gli è balenato davanti, di sicuro in arme di mettere a ferro e fuoco l’Ade.

Now That We’re Dead cavalca il ritmo come ai vecchi tempi. Si sente bene che i Metallica avevano voglia di ricalcare le passate scansioni, speriamo però che l’album non sia solo un classico esercizio di stile; infatti tiro avanti fiducioso, anche se comincia a tediarmi un pelino questo terzo proiettile, salvato da un valoroso irriducibile assolo Hammettiano.

Aungh. Ahem, scusate lo sbadiglio, non l’ho fatto a causa del sound, ma solo perché ho mangiato più pesante di questo album; e se il disco in oggetto non riesce a buttarmi giù dalla poltrona tutta cromata, posto da dove ascolto il doppio CD titolato “Hardwired… to Self-Destruct” del 2016, nonché decimo capitolo in studio della band, forse qualcosa doveva essere meglio concertata. La causa N.1  potrebbe essere rinvenuta nella mancanza dell’impronta compositiva di Kirk Hammett, dovuta alla perdita del proprio I-phone,  dentro cui scalpitavano gli oltre 250 riff composti.

L’affare Hammett non frena affatto la piega espressiva e architettonica di Hetfield e Ulrich; loro ci vanno pesanti nel conformare un assetto guerresco, risentendo forse in negativo del fatto che sono passati otto anni dal loro ultimo ottimo full length datato 2008, il serratissimo “Death Magnetic”, lasciando in tal modo che il braciere riattizzato da quella prova riducesse quelle estensioni iperveloci e tentacolari che a razzo avevano fulminato l’habitat uditivo preso d’assedio, trattenendone ora la passata irruenza ribelle e prediligendo invece una struttura più composta.

Certo, dal paragone col formidabile “Death Magnetic”, prodotto da Rick Rubin e nato sotto il fervore compositivo di Kirk Hammett, ne risulta penalizzato, perché l’album del 2008 è meglio sferragliato sotto ogni punto di vista (e che vista!) ed è inoltre pure ben organizzato in un confronto con il mitico doppio del 1988 “… And Justice for All”; a tutto ciò siamo felici che “Death Magnetic”rimanga, fortunatamente, responsabile di segnare una vigorosa svolta nella musica ‘Made in Metallica’ degli anni 2000.

Però, a conti fatti, il suono meno compresso di “Hardwired…”, rispetto al precedente album, va comunque a favore della band, facendolo risultare maggiormente granitico e melodico, piuttosto che renderlo simile alla seducente roteante ed ultra-mega accelerata fireball cosmica caduta con devastante potenza sulla Terra, che tutto incendia e arrostisce lungo l’esplosivo ed esuberante slancio metallico.

L’apprezzatissimo omaggio alla scomparsa di Lemmy brilla nella sentita Murder One (il suo amplificatore preferito), tesa a sbattersi come un centauro imbizzarrito e a ricordare l’enorme importanza iconica che il grande Lemmy ha avuto sui natali di milioni di band, nonché il suo carattere delizioso concatenato ad una testa ricca di contenuti.

Altri brani si fanno notare: Moth into Flame, Spit Out the Bone, Here Come Revenge (e un po’ di dispiacere per le bonus track All Nightmare Long e soprattutto Lords of Summer), per quel qualcosa in più di cui si sente sempre e comunque la necessità di avere in un discone eccellente.

Penalizzare del tutto quest’album non è roba pensabile (anche in vista delle 14 bonus track inserite nella versione CD e delle 12 in quella LP), per cui, stando alla somma degli addendi, la band apporta in ogni caso buone soluzioni al suo cospetto, benché operi dei sottraendo significativi al valore complessivo della portata: il risultato viene comunque agguantato, pur non straripando come ci si aspetterebbe da una grandissima band.

Track List
Testi e musiche di James Hetfield e Lars Ulrich, tranne dove indicato.

CD 1
1. Hardwired – 3:09
2. Atlas, Rise! – 6:28
3. Now That We’re Dead – 6:59
4. Moth into Flame – 5:50
5. Dream No More – 6:29
6. Halo on Fire – 8:15
CD 2
7. Confusion – 6:43
8. ManUNkind – 6:55 (James Hetfield, Lars Ulrich, Robert Trujillo)
9. Here Comes Revenge – 7:17
10. Am I Savage? – 6:30
11. Murder One – 5:45
12. Spit Out the Bone – 7:09

 

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