Jex Thoth – Blood Moon Rise

Doom, occult metal, psichedelia, chiamatela come vi pare, ma questa è semplicemente grande musica, quella capace di mettere d’accordo anche chi ascolta generi diametralmente opposti tra di loro.

Jex Thoth – Blood Moon Rise

L’uscita nel 2008 dell’album omonimo aveva posto all’attenzione i Jex Thoth come autori di un doom fortemente intriso di psichedelia e caratterizzato dall’uso di una voce femminile dalla marcata intonazione rituale.

La band statunitense, assieme ai Blood Ceremony, è stata per certi versi l’emblema di questo particolare filone stilistico che ha, talvolta, aperto nuove strade anche a chi inizialmente aveva optato per una più canonica voce maschile (emblematico, al riguardo, il caso dei The Wounded Kings, autori di di un doom di stampo più classico, che hanno trovato ulteriore impulso dall’entrata in formazione di Sharie Neyland).
A cinque anni di distanza l’affascinante Jex si ripresenta alla prova su lunga distanza con una line-up rivoluzionata senza che, per questo, le caratteristiche di fondo risultino particolarmente mutate. Non è certo un male, vista la qualità espressa nel lavoro precedente, ma il vero valore aggiunto in Blood Moon Rise è l’incremento decisivo di una vena maggiormente melodica e il conseguente approdo ad una forma canzone più delineata: il disco ne beneficia ovviamente guadagnandone in dinamicità e risultando così più fruibile.
Chiaramente non è che di punto in bianco i Jex Thoth si siano trasformati in una band convenzionale e adatta a tutte le orecchie: il concetto di melodia in questo disco va preso sempre con le pinze, ma è fuori di dubbio che la cantante si cimenta nell’occasione in passaggi vocali maggiormente suadenti, magari dall’inferiore sentore di arcano, ma ugualmente dotati di un’enorme carica evocativa.
Se i primi due brani scorrono via con melodie senza dubbio lineari quanto affascinanti (in particolare nella splendida The Places You Walk), l’aspetto rituale della loro musica si ripropone prepotentemente con la lunga The Divide, seguita dai vaghi accenni blues di Into A Sleep.
Una breve traccia strumentale funge da ideale spartiacque introducendoci alla seconda parte del disco, dove le sonorità si fanno ingannevolmente più lievi, con l’orecchiabile (per lo standard dei Jex Thoth, ovviamente) Keep Your Weeds, per poi precipitare nelle atmosfere impagabili del capolavoro Ehjä, nell’altrettanto emozionante The Four of Us Are Dying, ed arrivare infine alla conclusione con un altro carico da undici come Psyar, dalle tonalità ammantate di un intimismo che lascia sfogo, in un memorabile finale, a uno splendido lavoro chitarristico.

Il viaggio musicale che si affronta con i Jex Thoth non è mai banale: nonostante i ritmi siano spesso molto rilassati, il sound è costantemente intriso di un’atmosfera ammantata di mistero volta a rafforzare ulteriormente il fascino emanato da una vocalist che, in Blood Moon Rise, sfodera una prestazione da brividi.
Francamente, con questo disco preferirei andare oltre il concetto di catalogazione: doom, occult metal, psichedelia, chiamatela come vi pare, ma questa è semplicemente grande musica, quella capace di mettere d’accordo anche chi ascolta generi diametralmente opposti tra di loro.

Tracklist :
1. To Bury
2. The Places You Walk
3. The Divide
4. Into a Sleep
5. And the River Ran Dry
6. Keep Your Weeds
7. Ehjä
8. The Four of Us Are Dying
9. Psyar

Line-up :
Jex – Vocals, Keyboards
Matt Jacobs – Guitars
Brandon Newhouse – Guitars
Nick Ray Johnson – Drums
Danny Gonzalez – Bass

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