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Recensione : ACUFENI#1 FASTIDI SONORI CONTEMPORANEI

Questa prima puntata presentiamo in ordine alfabetico: 8 Hour Animal, Acid King, Bear, Crushed Curcuma, Dos Cabrones

ACUFENI#1 FASTIDI SONORI CONTEMPORANEI

 

8 Hour Animal - Acufeni#1 Fastidi Sonori Contemporanei

Per questo primo numero partiamo in rigoroso ordine alfabetico, cercando di raggruppare, indipendentemente dai generi, quelle che sono le uscite che, recentemente, hanno lasciato il segno, tra tutte quelle che sono arrivate nel nostro quartier generale. Alcune avrebbero, probabilmente meritato uno spazio singolo, ma sono veramente troppe le sollecitazioni auricolari che ci arrivano, per cui preferiamo dare spazio a tutti, in egual misura.

8 Hour Animal – Kill your Boss (Sentient Ruin)

Difficile che la Sentient Ruin sbagli un disco, e infatti anche questa volta, con “Kill your Boss” ecco arrivare l’ennesima conferma al manifesto “no future” che l’etichetta californiana di stanza ma italianissima all’anagrafe porta avanti da diversi anni. 8 Hour Animal è una one man band statunitense che sublima il chaos che rincorriamo quotidianamente riproponendocelo in salsa industrial/elettronica. L’album per i più nostalgici come il sottoscritto può anche essere visto (e vissuto) come un viaggio a ritroso fino agli anni in cui la Earache riuscì a sdoganare l’industrial in ambito metal, facendo poi decollare il connubio, che negli anni a seguire divenne la colonna sonora ideale di un mondo che già allora mostrava le sue prime crepe, e che oggi è definitivamente crollato. 8 Hour Animal lacera la nostra carne facendoci ingoiare vetro, e lo fa con un album che ci spinge a rivalutare la scadenza temporale che ci siamo dati su questa terra.

Acid King “Beyond Vision” (Blues Funeral Recordings)

Non ho mai particolarmente amato lo stoner, fuggendo dalla maggior parte dei dischi che si presentano come parte del movimento in questione. Faccio volentieri un’eccezione con “Beyond Vision” degli Acid King, album che va decisamente oltre i canoni del genere, album che è soprattutto (e prima di tutto) un gran disco, di quelli con la D maiuscola, indipendentemente dal genere. Settantiano nel profondo, e quindi carichissimo di riferimenti acidissimi, “Beyond Vision” è un disco che ti avvolge, seducendoti con la malizia della voce della chitarrista / cantante Lori, autentica team leader della band. In un ipotetico calderone acid doom psichedelico quello degli Acid King è uno dei progetti più sottovalutati, uno di quelli a cui dover chiedere scusa per non averlo glorificato abbastanza. Da ascoltare sotto mescalina per apprezzarlo al meglio.

Bear “Vanta” (Pelagic Records)

Sono dell’idea che, nonostante gli anni passino, di un certo tipo di approccio non ci si stanchi mai. E un album come “Vanta” dei Bear è forse proprio qui a dimostrarlo. Purtroppo però, man mano che l’ascolto andava avanti ho avuto come la sensazione che tutto fosse troppo “perfetto” per scaldarmi il cuore come un tempo. Non fraintendetemi però, il disco è tutt’altro che pessimo, il difetto è che suona esattamente come dovrebbe suonare un album di questo tipo, senza però mai farti sussultare sulla sedia, spostando l’attenzione e facendoti pensare “ecchecazzo”. Un album che guarda al crossover tra hardcore e metal dei tempi migliori, e che, per tutti quelli nati dopo il 1990 va benissimo, ma per noi anziani ci vuole altro per scaldarci in questa torrida estate.

Crushed Curcuma “Qui” (Kono Dischi)

Partiti come un duo i Crushed Curcuma hanno visto in questo secondo album la necessità di ampliare le collaborazioni esterne per riuscire a realizzare tutto quello che avevano in testa. Mattia Rodighiero e Nicola Tescari (sax il primo, elettronica il secondo) non si sono quindi persi d’animo nel momento in cui hanno deciso di andare “oltre” e provare a rendere concreti i pensieri che popolavano le loro menti. Marziale, etnico, e sognante l’album riesce a disconnetterci con la realtà materiale dei corpi che ci ospitano, permettendoci di osare, facendo quel cambio di passo mentale ormai non più rimandabile. “Qui” è senza ogni dubbio un album dalle mille potenzialità, che non fatichiamo a vedere come rimodellabile soprattutto in fase live, quando potrebbe realmente diventare completamente un’altra cosa rispetto a quanto presente su disco. Un album che fa della libertà sonora il suo punto di forza e che mostra un altra freccia all’arco di Kono Dischi, realtà da seguire con attenzione.

Dos Cabrones “Transumanza” (Grandine Records)

Stando alle note di copertina l’album è stato “concepito durante la pandemia, e tocca temi come l’eutanasia (S’Accabadora), l’indottrinamento e il dogmatismo (La Scimmia di dio), il degrado sociale (Podrido) e il folklore (El Chupacabra)”. Secondo noi, al netto di queste doverose precisazioni si tratta di un gran bell’album. Quello eretto dai Dos Cabrones è un muro di suono invalicabile che travolge senza lasciare speranza. Ideale prosecuzione del discorso intrapreso con il precedente “Accanimento Terapeutico”, “Transumanza” trasuda energia da ogni traccia, con un piglio delirante, ma lucidissimo nel mettere a fuoco la nostra società attuale, sputtanandola e mettendola con le spalle al muro. Un album che non ha senso ascoltare ad un volume che non sia quello massimo possibile, farlo significherebbe perdere tutte quelle sfumature che la registrazione di Enrico Baraldi (Vacuum Studio) e il mastering di Claudio Adamo (Cani dei Portici) sono riusciti a rendere tangibili. Non mutiliamolo, assecondiamo il suo crescendo inarrestabile.

 

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