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Recensione : :: ACUFENI :: FASTIDI AURICOLARI CONTEMPORANEI #36

Cleaning Women vs Gridfailure vs Heathe vs Horror Within vs NosoKoma. Sono questi cinque nomi che si contenderanno la vittoria della battle royal che caratterizza l'episodio numero trentasei di :: acufeni ::

Cleaning Women vs Gridfailure vs Heathe vs Horror Within vs NosoKoma.
Sono questi cinque nomi che si contenderanno la vittoria della battle royal che caratterizza l’episodio numero trentasei di :: acufeni ::

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Cleaning Women :: Washer

“Washer” è il quinto album del trio scandinavo Cleaning Women. La peculiarità della band finlandese è da ricercarsi nel fatto che tutti gli strumenti utilizzati durante la registrazione del disco sono (stati) completamente autorealizzati, attraverso il riciclo di materiali di scarto, ricavati nelle loro abitazioni, come oggetti dismessi o recuperati dai bidoni della spazzatura.

Questo ha permesso loro di costruire un sound che non ha uguali in ambito contemporaneo. Un sound modellato e curato con la massima attenzione nei cinque anni che sono trascorsi dalla loro precedente release.

Sgombriamo il campo da ogni tipo di equivoco. Nonostante si tratti di strumenti, per così dire, “di fortuna”, la resa è tutt’altro che grezza o casuale. Il disco stupisce infatti per la straordinarietà non solo e non soltanto della proposta, ma per il fatto di essere riusciti a creare un sound proprio, credibile e vario, partendo praticamente da zero, senza l’ausilio della moderna tecnologia.

Da un punto di vista strettamente sonoro “Washer (che arriva in occasione del ventennale della loro carriera) rappresenta l’ennesimo salto di qualità per una band che, oltre a mostrare grande personalità e creatività, riesce ad essere credibile più di tante altre realtà che si autoincensano e che, invece, alla resa dei conti, non creano nulla di originale. Il disco, che in più di un’occasione strizza l’occhio ad atmosfere krautrock e progressive di ottima qualità, mostra infatti una maggiore gamma sonora, frutto di una maturazione come musicisti che crediamo possa e debba ancora dare il meglio.

Siamo infatti, a nostro avviso, all’interno di un percorso di crescita, che non potrà che portarli, attraverso un affascinante percorso sperimentale, a ritagliarsi uno spazio di primissimo piano in ambito musicale contemporaneo. In definitiva, Cleaning Women è un nome a cui guardare con attenzione, e a cui tributare i doverosi elogi, per la non comune capacità di creare paradigmi sonori mai banali, attraverso album che come questo “Washer” sono in grado di risultare coerenti, e perfettamente inquadrabili in un viaggio sonoro che centrifuga influenze e idee in una lavatrice di creatività inesauribile.

Gridfailure :: Sixth Mass-Extinction Skulduggery III

Gridfailure è l’incarnazione più radicale di David Brenner. Il progetto, nato una decina di anni fa, cerca di raccontare la distopica esperienza di un mondo che sta andando a schiantarsi.

Quello che racconta Brenner è un collasso costante e inarrestabile che, in un vortice di terrore e inquietudine, sta trascinando l’umanità verso l’estinzione. Con una premessa di questo tenore, è più che ovvio che, da un punto di vista strettamente sonoro, “Sixth Mass-Extinction Skulduggery III” non possa che risultare come un delirante caos organizzato in cui, partendo dal metal, si finisce per viaggiare schizofrenicamente in un continuo rimando tra elettronica, industrial e partiture quasi free jazz.

Da un punto di vista concettuale ci troviamo nel terzo episodio della saga, quello in cui l’ecosistema esistente cade rovinosamente, e il mondo, devastato da disastri e violenze, soffoca sotto la disperazione dilagante e inarrestabile.

Una sorta di suono dell’apocalisse che si fa sempre più imminente. Quello di Gridfailure è un mondo in cui la follia sposa la sperimentazione (e viceversa) dando vita ad un album che descrive e racconta il panico collettivo in modo eccelso e credibile. Oggi Gridfailure è un collettivo artistico che, lasciata da parte la genesi come progetto solista, non può che affascinare tutti coloro che sentono forte in loro la voglia di andare a toccare con mano quel domani che da troppo tempo hanno davanti agli occhi ogni volta che pensano al futuro. Un domani raccapricciante, sapientemente narrato da Brenner e dal suo esercito sonoro.

Attenzione però, “Sixth Mass-Extinction Skulduggery III” va approcciato con intelligenza, e maneggiato con cura. Si tratta infatti di un disco avvincente, che sprigiona una potenza fragorosa in grado di fondere stili distanti in un nuovo grido votato alla libertà espressiva. Per molti, ma non per tutti.

Heathe :: Control Your Soul’s Desire For Freedom

Gli Heathe, duo danese emerso alle cronache oltre un lustro fa, torna a far parlare di sé. E lo fa alla grande, con un doppio album che spazza via, in un colpo solo, tutto il tempo trascorso in attesa del loro ritorno. Sono passati quasi sei anni da “On the Tombstones, the Symbols Engraved”, ma non è cambiata la voglia del duo di andare a sondare l’animo umano attraverso una ricerca sonora quanto mai personale.

“Control Your Soul’s Desire For Freedom” è un disco di quelli da prendere immediatamente in considerazione, e da mettere da parte, in attesa di poterli ascoltare dedicando loro tutta l’attenzione disponibile. Meglio dopo aver spento tutti i device multimediali che ci circondano e silenziato il cellulare per non essere disturbati durante l’ascolto e l’immedesimazione. Il disco (due 12″ in edizione gatefold, per una durata complessiva di circa 74 minuti) si sgancia immediatamente da ogni cliché che possa ricondurlo ad una qualsivoglia forma di metal per come siamo soliti intenderlo.

Dopo una partenza che sposa un approccio decisamente epico, il disco si sposta in territori che sfilano verso una ricerca sperimentale che guarda ad un linguaggio sonoro che cerca di essere in grado di unire profondità e spiritualità. Impresa tutt’altro che facile, ma che, al netto di una durata impegnativa, riesce nel non far perdere l’attenzione di chi ha scelto di sfidare l’ascolto, lasciandosi andare a questo viaggio meditativo in cui il suono assume costantemente aspetti differenti, spesso contrastanti, ma sempre e comunque vivi.

Quello degli Heathe è un immaginario oscuro, in cui la luce filtra pochissimo. Un mondo nascosto alla vista dei più dove la disperazione diventa tangibile, rivelando la necessità di perdersi in un mantra ipnotico contemporaneo depressivamente oppressivo. Più che un album, un’esperienza sonora intrigante e coraggiosa.

Horror Within :: Soul Awakening

I francesi Horror Within arrivano al loro debutto discografico grazie alla Dolorem Records, e lo fanno a tre anni di distanza dall’EP con cui si erano fatti conoscere, vale a dire quel “Awaiting Extinction”, pubblicato nel 2022 dalla spagnola Pathologically Explicit Recordings.

L’album ce li presenta alle prese con una coerenza sonora che riparte proprio dal debutto, e che li porta, oggi, sul finire del 2025, alla realizzazione di un album di grande impatto, magari non eccessivamente illuminante da un punto di vista di creatività e di genio, ma – come detto – improntato ad un’aggressione sonora ragionata inquadrabile in un disegno di fondo costruito intorno all’idea di non avere alcun tipo di compromesso sonoro.

Le capacità della band transalpina non sono assolutamente in discussione. Bastano un paio di brani per rendersi conto che “Soul Awakening” è un disco in grado di ottenere ottimi riscontri in quei contesti in cui le forme di metal più estreme dettano legge. Per noi che da tempo abbiamo smesso di flirtare con queste latitudini sonore, il disco non ha alcun “effetto viagra”, ma, proprio in virtù della nostra esperienza in materia, non fatichiamo a inquadrarlo come un gran bel disco, se circoscritto ad un contesto sonoro liberato dal concetto di tempo.

Quello degli Horror Within è l’esempio calzante di cosa si intende oggi nel momento in cui si parla di death metal. L’evoluzione del genere è evidente, anche se noi continuiamo a preferire i mostri sacri di un tempo. Ma questo non deve minimamente andare ad intaccare il valore di un album meticolosamente costruito da una realtà in grado di mostrare tutto il suo potenziale.

Realtà che riesce ad essere credibile nonostante si cimenti con un genere che – probabilmente – ha già detto tutto alcuni decenni fa, ma che, grazie proprio alla freschezza di riproposizioni e ricontestualizzazioni intelligenti e ricercate come quella degli Horror Within, riesce ancora a mietere vittime a distanza di anni dalla sua massima espressione sonora.

NosoKoma :: Tarantos 20_24

NosoKoma è la più recente incarnazione di Nicola Serra (aka Il Santo Bevitore), sorta durante il periodo più distopico delle nostre esistenze, quello andato in scena cinque anni fa in occasione del lockdown durante la pandemia. Il momento storico irripetibile ha permesso a Nicola di cementare il rapporto con l’artista multimediale José Macabra, da anni attivo in una ricerca, non solo sonora, che guarda all’occultismo come elemento di base per le sue sperimentazioni, che spesso sfociano in una ritualità di stampo tribale che, come abbiamo modo di toccare con mano, grazie a questo “Tarantos 20_24”, risulta perfetta per fondersi con le sonorità di Serra.

La loro è una sperimentazione che guarda all’idea che guarda all’abbattimento dei concetti di tempo e di spazio, in favore di una visione “altra”, differente e difforme, che possa permette all’essere umano di analizzare quello che lo muove dal profondo, e nel profondo. Il sound del duo si orienta verso un’elettronica che, fondendosi con elementi noise e ambient, cerca di creare un suono “nuovo” e alieno.

Le componenti che meglio rendono l’idea del concept alla base della loro liaison son quelle più strettamente legate ad un approccio post industriale contemporaneo, liberato dai dogmatismi imposti dalle regole del genere, indirizzato verso una inquietante ricerca di formule ancestrali.

L’album è accompagnato (ritorna quindi la componente multimediale di cui sopra) da una trilogia video. Tre cortomentraggi che esplorano la sofferenza e la trasformazione interiore, in un trip in grado di regalare momenti di estrema introspezione. Un disco catartico, che se non adatto a chiunque, resta comunque un ottimo esempio di come si possa andare a cercare quei percorsi meno battuti, ma non per questo non in grado di affascinare tutti coloro che sentono (dentro) la necessità di guardare alle cose con una diversa prospettiva.

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