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Recensione : The Wands – The Dawn

The Wands … un volo senza limiti e senza tempo che si ferma solo li dove la percezione e la sensibilità dei singoli è incapace di arrivare.

The Wands – The Dawn

Chissà se Albert Hofmann si sia mai reso conto della portata della sua scoperta e di quanto la stessa abbia influenzato, coscientemente o soprattutto inconsciamente, le migliori band dai 60s in avanti, tanto da avvertirne ancora oggi gli echi in band come i The Wands.

Lungi da me pensare che abbiano gli stessi “usi e costumi” di band del calibro di 13th Floor Elevators e Grateful Dead … ma l’attitudine è sicuramente la stessa … e il viaggio proposto dal loro nuovo album The Dawn conduce allo stesso “non luogo”.
Formatasi a Nørrebro, quartiere di Copenaghen nel 2011, la band ha alle spalle già un Ep,  “Hello I Know The Blow You Grow Is Magic”, e può vantare la partecipazione a festival del calibro del Liverpool Psych Fest e dell’Eindhoven Psych Lab, diventando un riferimento per i contemporanei psyco-cultori.
In questi tre anni hanno messo su dieci brani, registrati nei Black Tornado Studios di Copenaghen. La loro psichedelia prende spunto dalla California fine anni 60 ed è innegabile che il loro cammino sia accompagnato da autorevoli band, oltre a quelle già citate, quali i Pretty Things, Doors e Iron Butterfly.
Come nell’omonimo video si parte capelli al vento, con Sound of The Machine, brano di apertura sia fisica che mentale per questo loro primo full-length. Si tuffano senza il minimo ripensamento in un’epoca, ahimè ormai svanita tra fumi e atmosfere dilatate ma ricche di colori infiammati suggerendo anche precise indicazioni sul tipo di supporto più adatto al loro suono: The music on this compact disc was originally recorded on analog equipment. The Wands recommend vinyl. Personalmente mi ha colpito molto sentire e vedere nei loro video l’uso di strumenti italianissimi come la Eko Barracuda e l’organo Farfisa, tanto per non fare pubblicità a due grandi marchi italiani adorati dal sottoscritto … sintomo che un tempo anche nello stivale si producevano strumenti di un certo livello.
Non mi dilungherò sui singoli brani, l’album merita di essere ascoltato per intero e tutto di un fiato fino a scoprire The Name of The Mountain, abbandonandosi dolcemente in un volo senza limiti e senza tempo che si ferma solo li dove la percezione e la sensibilità dei singoli è incapace di arrivare.

Tracklist:
1. Sound of The Machine
2. And Full of Colours
3. Totem Part II
4. She’s Electric
5. Get It Out of Your System _ Don’t
6. War
7. The Dawn
8. Circles
9. Spell My Name
10. The Name of The Mountain

Line-up:
Christian Skibdal
Mads Gräs

www.thewands.eu

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