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Vittore Baroni

All'interno del prezioso corpo celeste, trovava dimora un'entità aliena molto particolare, che prese le sembianze umanoidi di VITTORE BARONI, con una precisa missione: insinuarsi ed integrarsi tra i terrestri, per studiarne usi e costumi.

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Vittore Baroni

Il 17 gennaio del 1956, un piccolo asteroide cadde nei pressi di Forte dei Marmi …

All’interno del prezioso corpo celeste, trovava dimora un’entità aliena molto particolare, che prese le sembianze umanoidi di VITTORE BARONI, con una precisa missione: insinuarsi ed integrarsi tra i terrestri, per studiarne usi e costumi.

La sua unicità, ed il suo essere al di là dei canoni che definiscono l’ordinario, ha determinato la sua decisione di dedicarsi ad attività del tutto particolari, sviluppandole ed elevandole come solo un’entità superiore avrebbe potuto fare.

Dopo oltre quarant’anni di militanza nel circuito alternativo, oggi ha deciso di svelarci la sua essenza … andiamo, quindi, a svelare il mistero!

*Sei da sempre coinvolto nel mondo musicale, sia come giornalista che come musicista. Puoi raccontarci qualcosa di queste esperienze?

In realtà, mi sono sempre considerato più un grande appassionato di musica che altro, un accumulatore di oggetti sonori d’affezione (o d’ossessione) più che un tradizionale collezionista. Poi,Vittore Baroni - Vittore Baroni proprio per esternare e condividere questa passione per musiche spesso molto particolari e sconosciute, già nei primi anni ’70 ho iniziato quasi per gioco a scrivere articoli sui miei gruppi preferiti per piccole riviste underground come “Carta Stampata” di La Spezia (ancora non si chiamavano fanzine). Dopo l’esplosione del punk e del fenomeno delle autoproduzioni, mi sono trovato nei primi ’80 a dividere il mio tempo tra recensioni e articoli anche per riviste in edicola (come “Rockerilla”), rivistine fatte in casa (da “RockZero” alla mia tape-zine “Area Condizionata”) e i miei primi esperimenti sonori su audiocassetta, con lo pseudonimo/nome multiplo di Lieutenant Murnau. L’incontro con l’universo della mail art e con Piermario Ciani, con cui si è subito consolidata una stretta e continuativa collaborazione, hanno portato a intensificare e diversificare ancor più le attività, ad esempio con le molte produzioni “modulari” di TRAX (vinili, cassette, cofanetti grafici, t-shirt, ecc.). Alla fine, sono riuscito a coronare anche il sogno nascosto – mio come credo di molti giornalisti rock – di far parte di una vera e propria band, prima con l’episodica esperienza del trio assieme a Daniele Ciullini e M.A. Phillips (la nostra unica cassetta “The Cop Killers” è stata perfino ristampata in vinile qualche anno fa) e poi come membro stabile delle Forbici di Manitù, eclettica formazione con cui ho realizzato negli anni una dozzina di album spaziando dal rumorismo alla dark wave, dall’elettronica al folk rivisitato (il nostro più recente lavoro è un doppio album in tributo alla Incredible String Band). Mi piace tenere il piede in più staffe, anche se questa “schizofrenia” operativa non mi ha lasciato molto tempo per fare le ricerche e scrivere tutti i libri che avrei voluto.

*I miei ricordi risalgono alla rivista “Rockerilla”, ma, soprattutto, al periodo di “Rumore”, quando ti occupavi delle recensioni nello spazio “ricerche”. Grazie a te, ho conosciuto e contattato molte bands che ancora oggi seguo. Quali sono i gruppi che, per te, hanno lasciato un segno tra quelli che hai scoperto?

Beh, dire che ho “scoperto” dei gruppi è probabilmente un po’ eccessivo, casomai sono arrivato prima di altri ad occuparmi in Italia di tutta una serie di artisti soprattutto di area industrial-sperimentale, con cui ero in contatto diretto attraverso i canali postali e con cui scambiavo produzioni sonore difficilmente reperibili in altri modi. In era pre-internet, l’uso intensivo di buste e francobolli (ed ordini postali) era l’unica maniera per procurarsi certi materiali indipendenti, ed era naturale per me approfittare delle pagine di “Rockerilla” o “Rumore” per dare maggiore visibilità a gruppi da noi pressoché sconosciuti quali Current 93, Coil, Nurse With Wound, Deficit Des Annees Anterieures, Nocturnal Emissions, Cranioclast, per citare solo i primi che mi vengono in mente (e che a loro modo hanno lasciato il segno nel loro genere di pertinenza).

*Poi, l’incontro con Cavellini, un personaggio fuori dal comune. Cosa ti ha trasmesso?

E’ proprio tramite Guglielmo Achille Cavellini, adocchiato e contattato nel ’77 grazie ad una pubblicità su “Flash Art”, che ho scoperto l’esistenza della mail art, quindi per me è stato un incontro davvero importante, oltre che l’occasione di fare la conoscenza con un geniale “outsider”, capace di dare vita ad un suo personale movimento artistico (l’autostoricizzazione) caratterizzato da una grande ironia e forse per questo mai preso veramente sul serio dalla critica accademica. GAC è stato un vero e proprio guru per i primi praticanti dell’arte postale, un modello e un punto di riferimento, sono felice di averlo potuto incontrare più volte, visitando la sua casa-archivio e intervistandolo per varie riviste, oltre a coinvolgerlo in molteplici progetti e collaborazioni. Il suo caso resta tuttora una sorta di (magnifico) segreto, noto e apprezzato da pochi.

*Hai collaborato con tantissimi grandi dell’Eternal Network, hai conosciuto anche Ray Johnson?

Non di persona, lui è sempre stato un personaggio molto reclusivo e comunque non ho avuto modo di trovarmi a New York nei momenti in cui un incontro sarebbe stato possibile. Però ho avuto il piacere di scambiare saltuariamente con lui messaggi e lavori postali, non più di una ventina di lettere nell’arco di altrettanti anni, che sono però i lavori del mio archivio di mail art a cui sono più affezionato. Ray è stato un vero innovatore, non solo per quanto riguarda le sue attività postali, un personaggio paragonabile a Marcel Duchamp per la novità e la complessità di implicazioni della sua opera (collage, grafiche, performance, operazioni collettive e concettuali), un autore che certamente meriterebbe maggiore spazio e considerazione  nel quadro della storia dell’arte del XX secolo.

*Sei sempre stato molto attivo nell’ambito della mail art, proponendo e partecipando ad un numero incredibile di progetti. Qual è quello che ti ha soddisfatto maggiormente, anche in virtù dell’arrivo di lavori di qualità?

Dopo solo un paio di anni di “rodaggio” in cui ho iniziato a tessere la mia rete di contatti internazionali, aiutandomi con le liste di indirizzi trovati in riviste e cataloghi di mail art, nel 1979 l’esposizione “Political Satire: Post Scriptum” nel programma dell’annuale Premio Satira Politica di Forte dei Marmi è stato il mio primo progetto pubblico di arte postale e forse anche quello di cui serbo un più felice e orgoglioso ricordo, per l’entusiastica partecipazione di alcune centinaia di autori da decine di nazioni e per l’alta qualità delle opere pervenute anche da importanti artisti e poeti visivi, che in seguito avrebbero diradato i loro contributi a mostre di questo tipo (Ben Vautier, Timm Ulrichs, A.M. Fine, Paul De Vree, Ira Cohen, ecc.). La mostra, con catalogo che era pure il n. 23 della rivista a redazione mobile “Commonpress”, era stata allestita all’interno della Biblioteca Comunale su una serie di tavoli disposti a cerchio, di modo che i visitatori potessero sedersi ad ispezionare e toccare con mano i materiali arrivati, trasgredendo le convenzionali norme di “preziosità” delle opere usualmente protette sotto vetro, proprio come la natura di scambio gratuito della mail art ha sempre eluso e scavalcato le problematiche del mercato dell’arte su costi e quotazioni. Fui molto felice di costatare, al termine della mostra, che non era sparita neppure una cartolina!

*La tua fanzine/magazine “Arte Postale!”, è stata per tanti, me compreso, un importante punto di riferimento. Come è nata e, successivamente, si è sviluppata l’idea?

Quando il numero di corrispondenti comincia a crescere e a passare dalle decine alle centinaia, per un artista postale diventa molto difficile riuscire a mantenere un contatto assiduo con così tanti autori tramite messaggi e lettere originali. Diventa quindi un passaggio naturale e quasi obbligato quello di creare una pubblicazione, un bollettino o degli stampati che permettano di comunicare più rapidamente con un gran numero di persone.

Ho dato quindi vita ad “Arte Postale!” (con punto esclamativo per rafforzare il senso di meraviglia prodotto dalle spedizioni creative) che nei primi tempi

usciva addirittura a cadenza mensile, utilizzando il format molto comune della rivista “ad assemblaggio”, ovvero raccogliendo assieme contributi originali inviati in 100 copie dai vari partecipanti. Poi, nel tempo, ho realizzato numeri speciali con caratteristiche e tirature diverse, fino a 500 copie, divertendomi anche con la raccolta di contributi tridimensionali o miniaturizzati (confezionati dentro il guscio di una audiocassetta).

 

*Con il numero 100, hai deciso di chiudere questa esperienza  in modo eclatante, con il progetto “Klang! Suoni contemporanei”. C’è stata l’interessante mostra ed anche le performance dal vivo dei partecipanti. Puoi raccontarci com’è andata?

Essendomi accorto che il centesimo numero della rivista “Arte Postale!” sarebbe andato a cascare esattamente a trent’anni dal primo, ho pensato che quello poteva essere un ottimo momento per concludere questa esperienza. Per l’occasione, il n. 100 era anche il catalogo di un progetto di sound art realizzato in collaborazione con l’associazione BAU, con esposizione negli spazi di Villa Paolina a Viareggio e una serie di performance sonore poetico-musicali a cui hanno partecipato autori storici come Philip Corner e Arrigo Lora Totino, ma anche giovani quali il vocalist enomisossab e la band Cabiria. Il n. 100 contiene un cd audio, un adesivo e altri allegati, per una conclusione adeguatamente “col botto”. Poi non ho perso il vizio e mi è capitato di dar vita ad altre pubblicazioni postali, come i dieci numeri della rivista ad assemblaggio in miniatura “t.a.z. (tiny art zine)”.

 

*Trovo la tua pubblicazione “Arte Postale: Guida al network della corrispondenza creativa”, come la migliore guida per comprendere le varie correnti della mail art partendo dagli albori….

Ho tentato all’epoca, in questo volume per le AAA Edizioni fondate assieme a Ciani a metà anni ’90 (e che non avrei mai scritto se Piermario non mi avesse sollecitato e spinto in tutti i modi a

Intervista Vittore Baroni

Intervista Vittore Baroni

vincere la mia pigrizia!) di realizzare un po’ una sintesi della storia della mail art e delle diverse tipologie di tecniche e discipline che compongono il variegato circuito postale. Abbiamo in seguito dedicato una serie di libri di AAA a specifici aspetti della mail art, come i francobolli d’artista, i timbri, le cartoline. L’impaginazione originale e assai creativa di Ciani ha reso tutti questi volumi, riccamente illustrati, ancora più preziosi e accattivanti. Essendo trascorsi quasi trent’anni, sarebbe il momento ora di preparare una versione aggiornata e corretta della Guida (da tempo esaurita, mi restano solo una manciata di copie), e devo dire di aver avuto diverse proposte da editori in questo senso. Manca solo il tempo per rimaneggiare il testo, o forse qualcuno che mi costringa a mettermi all’opera…

*Hai un archivio immenso. Quali sono le creazioni più stravaganti che hai ricevuto?

Ho sempre riciclato buona parte di quello che ho ricevuto, quindi il mio archivio non è poi così grande come si potrebbe immaginare, tutto è racchiuso in tre stanze nella mansarda della mia abitazione, in scaffali o in decine di scatoloni. Di invii davvero stravaganti non ne arrivano più molti, soprattutto a causa dei prezzi di affrancatura sempre più proibitivi, comunque ricordo un pacco anonimo contenente una finta bomba ad orologeria assai realistica (inviato da Enrico Piva, come scoprii in seguito), una busta maleodorante contenente un pesce secco, cartoline giganti o sagomate (a forma di mani, piedi, animali), dischi in vinile spediti a mo’ di cartolina e altre bizzarrie del genere. Una volta sono stato convocato alla locale sede dei carabinieri, per via di un timbro da me creato che pareva appartenere ad una cellula terroristica (“Futurgappismo”), un’altra volta perché una lettera sembrava intrisa di sangue…

*Oggi prende sempre più campo la digital art, anche per via dei costi di spedizione molto alti, si perdono però il gusto e la sorpresa di scoprire cosa c’e nella cassetta della posta. Tu come ti poni nei confronti di questa nuova tendenza?

Già da diversi anni la mail art ha iniziato a servirsi di internet perlomeno per la diffusione degli inviti o per la pubblicazione di cataloghi online, che certo semplificano il lavoro del mailartista e alleggeriscono notevolmente i costi. Io stesso, ad esempio per lanciare assieme a Claudio Romeo e altri il Congresso Decentralizzato Mail Art Wave 2022, ho fatto uso soprattutto di e-mail e gruppi Facebook, con bollettino-catalogo sfogliabile online. Ritengo però che, se vogliamo continuare a definire “mail art” questa forma di espressione, l’elemento fisico della corrispondenza tradizionale non deve scomparire del tutto, altrimenti si entra in un campo differente (digital art, net.art, e-mail art o come vogliamo definirla) che sinceramente mi attira molto di meno. Continuo ad essere affascinato e motivato soprattutto dalle sorprese che arrivano nella buca delle lettere, fintanto che la cosa sarà praticabile.

*Che progetti hai per il futuro? Cosa dobbiamo aspettarci?

Visti appunto gli alti costi e le complicazioni logistiche, non credo che mi imbarcherò in nuovi grandi progetti di mail art almeno per qualche tempo. In compenso, mi dà molta soddisfazione il lavoro con Le Forbici di Manitù e quindi siamo già alacremente all’opera su un paio di nuovi progetti discografici, un album a tema (che richiederà come nostro solito almeno due o tre anni di preparazione) e la sonorizzazione per un libro sperimentale, una sorta di graphic novel assai bizzarra con miei testi e immagini dell’illustratrice Emanuela Biancuzzi, che spero riusciremo a portare a termine e pubblicare entro il 2023.

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