Gli ambienti dove transitano i Viclarsen, sono ambienti pregni di nevrotiche attese, lancinanti avanti-indietro, profumi ovattati di torpore.Se è vero che deve tanto allo shoegazing britannico, è ancor più vero che questo gruppo è riuscito a generare un mood fresco dove variegati spunti emergono magari dopo alcuni ponderati ascolti, un mood non irritante a dispetto di altre formazioni che racimolano le eredità di tale corrente senza piglio.La matrice compositiva è indipendente ed assembla con emozionalità le suggestioni maggiormente non accostabili.Colpisce la pulizia e la lucidità con le quali il combo amalgama il sound, perché i brani scritti pur essendo compositi e ricercati, esplicano una buona attitudine linguistica che collima tra loro, a prescindere dalle scelte estetiche, non perdendo mai d’ occhio la forma canzone.Troviamo i Viclarsen in momenti trasognanti, mano nella mano coi Cocteau Twins ( Madame P), grazie anche alla splendida voce di Patrizia Oliva, in Kejiko che oltre ad essere il singolo del disco, è il brano che meglio coadiuva rabbia di scuola Sonic Youth ed indie di stampo nostrano( il filone è quello dei Massimo Volume); li troviamo, nell´ undicesima traccia, con l´ omonima Trasporto, che fonde furia chitarristica ed intelligenza formale; troviamo i Viclarsen alle prese con problematiche sostanziali e sostanziose, esistenziali e contemporanee, problematiche che spesso non vengono analizzate e risolte come il quartetto savonese è riuscito.Tuttavia a tratti durante l´ ascolto del disco ho avvertito come una sensazione che mi suggeriva quasi uno «strafare», uno strafare che rischia di compromettere la lettura di questo lavoro.Fortunatamente comunque, tale sensazione non va a mio avviso ad incidere più di tanto nella visione di insieme e non intacca la precisione di esecuzione con la quale il tutto viene sviluppato. Doveroso notare i Viclarsen come una band molto più che interessante.

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