La prima obiezione che potrebbe sorgere spontanea nell’ascoltare questo disco dei Thot è che le somiglianze con i Nine Inch Nails sono talvolta troppo marcate; ma lo stesso Trent Reznor avrebbe potuto dar vita alla sua più nota creatura se, a sua volta, non avesse seguito una strada parzialmente tracciata da qualcun altro prima di lui ?
Quindi, pur non potendo fare a meno di notare l’evidente imprimatur ricevuto dal musicista belga Grégoire Fray nel portare avanti il proprio progetto, giunto al terzo full-length, è altresì doveroso ammettere che qui ci troviamo di fronte ad un lavoro che ben poco ha da invidiare a buona parte della produzione del geniale artista americano.
The City That Disappears è un disco che riesce abilmente a fondere l’elettronica con il rock ed il metal mantenendo sempre una riconoscibile anima melodica, anche nei momenti in cui la componente industrial parrebbe fagocitare tutto il resto: questo consente, per esempio, ad una canzone come Blank Street di conservare una spiccata identità e un’indubbia orecchiabilità nonostante sia saturata da effetti e rumori assortiti.
La bravura di Fray alla fine sta proprio qui: in un genere come questo è sempre elevato il rischio di lasciarsi sopraffare dalla voglia di sperimentare lasciando, quasi inconsapevolmente, che la macchina finisca per prevalere sull’uomo; ebbene, ciò non avviene mai in The City That Disappears perché, alla fine, è la forma canzone ad avere la meglio sebbene sia inserita abilmente in un involucro di strutture aliene e cangianti.
Un brano esaltante come Negative Buildings si rivela una sorta di anthem da cantare a squarciagola, senza dimenticare le altrettanto magniifiche Rhythm.Hope.Answers, Blank Street e Traces, che spiccano soprattutto per le linee melodiche di elevato spessore, nel contesto di brani che vanno via via in crescendo fino ad una sorta di esplosione emotiva nella loro ultima parte.
Thot riesce a colmare almeno parzialmente il vuoto lasciato da Reznor nel nuovo millennio, quando con i suoi NIN non è più riuscito a replicare la magnificenza dei primi lavori, e lo fa spostando il baricentro sul versante meno cervellotico e più fruibile dell’industrial metal.
Detto questo, che non si pensi alla fine che The City That Disappears sia un album commerciale, ci mancherebbe altro, perchè per ascoltarlo ed assaporarlo pienamente è necessario un orecchio ben allenato a questo tipo di sonorità , oltre ad una indispensabile apertura mentale, dote quest’ultima che non si trova in vendita in ogni discount …
Tracklist:
1. HTRZ
2. Rhythm.Hope.Answers
3. Keepers
4. Dédale
5. Blank Street
6. The City That Disappears
7. Negative Buildings
8. Traces
9. Citizen Pain
Line-up :
Grégoire Fray: vocals , Guitars, Keyboards
Guests:
Julien Forthomme – Bass
Gil Chevigné – Drums Programming
Hugues Peeters – Additional Piano.
Arielle Moens – Vocals on 7. 8.
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