L’ omonimo E.P. in questione, a dire la verità, non ha nulla di particolarmente originale e può far pensare che i tre giovanotti provenienti da Minneapolis, che si celano dietro il nome di The Screens, stiano semplicemente tentando di cogliere al volo il revival rock’ n’ roll che sta letteralmente sommergendo il pianeta però i brani proposti funzionano, eccome.Già perché denotano un’ attitudine che perfino ai tanto blasonati Libertines, a parer mio, manca.Per quanto infatti la band libertina ben più famosa dei nostri riesca mostrare il rock’ n’ roll in tutto il suo virile approccio bohemien, a tratti risulta carente nei contenuti.Seppur composto da sole tre tracce, il lavoro preso in considerazione riesce a descrivere e ribadire se fosse ancora necessario, come con tre accordi, batteria quadrata e basso incalzante, si possa assemblare un buon prodotto, godibile e perfino amabile, come nel caso della seconda e terza traccia, dove si posso osservare le caratteristiche più positive del gruppo: spigliatezza, grinta e allo stesso tempo pulizia cromatica nella voce di Matt, che a tratti richiama quella di Robert Turner dei Black Rebel Motorcycle Club, con la peculiarità di essere meno stridente e più accattivante.E poi, senza tanti giri di parole, i pezzi fanno ballare.Anzi, come si può leggere nella biografia a me pervenuta: “. The sound will shake your ass.”.Chi l’ ha scritta aveva ragione.
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