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Recensione : The Queen Is Dead Volume 162 – Warchief, Lorquin Admiral, Black Magnet

Warchief, Lorquin Admiral, Black Magnet: Avanguardia distorta dalla Finlandia, classe e psichedelia con bellissimi ritornelli da membri di gruppi importanti e per chiudere una delle migliori uscite industrial metal dell'anno.

Avanguardia distorta dalla Finlandia, classe e psichedelia con bellissimi ritornelli da membri di gruppi importanti e per chiudere una delle migliori uscite industrial metal dell’anno.

WARCHIEF

Toil & Trouble” su Octopus Rising, sussidiaria sperimentatrice di nuove sfumature della musica pesante in casa Argonauta Records, è la seconda fatica discografica dei finlandesi Warchief. Il suono del gruppo di Jyväskylä è una miscela sperimentale di stoner, doom, sludge ed elementi di post rock, con un punto di vista musicale inedito e assai poco catalogabile e molto interessante.

La musica dei Warchief, nome d’arte che farebbe immaginare di primo acchito un gruppo death metal o comunque molto più bellicoso, è senza fretta, sospesa in un limbo creativo che non conosce confini, senza steccati e pregiudizi di genere.

Nella loro costruzione delle canzoni si sente molto via la traccia del lavoro che fanno in saletta, perché oltre alla composizione si sente molto forte e presente l’influenza della jam session, quel fluttuare libero grazie al talento dei musicisti.

Le ispirazioni musicali del gruppo sono davvero molteplici e si snodano nelle direzioni più disparate, come detto sopra si parte dallo stoner, dal doom meno canonico e dallo sludge con forti influenze grunge, ma possiamo sentire una forte impronta anche del prog e del post rock, e persino qualche sfumatura barocca in quota AOR, per far capire quanto sia ampio lo spettro sonoro di questo gruppo.

In realtà poi il gruppo supera le etichette e sforna un disco tutto da sentire e da capire, composto da movimenti sonori mai fini a loro stessi, ma sempre tesi all’avanti, al futuro e alla soddisfazione di fare bella musica che non è mai derivativa, la dimostrazione sonora la troviamo ad esempio nella penultima traccia del disco, “I can’t sleep at night”, vero e proprio manifesto sono del gruppo che qui mostra gran parte del suo repertorio, e ogni disco è una progressione ulteriore verso un disegno sonoro ancora ben lungi dall’essere definito o indefinito.

LORQUIN’S ADMIRAL

“Lorquin’s Admiral” è il nuovo disco degli americani Lorquin’s Admiral su Argonauta Records. Nei Lorquin’s Admiral suonato membri passati e presenti di gruppi come Afghan Whigs, the Fizz Fuzz, Hermano, Luna Sol, Orquesta del Desierto, Sons of Alpha Centauri e Yawning Sons, giusto per dare un’idea della cosa.

Il progetto nasce continuando una collaborazione compositiva fra  Marlon King, Nick Hannon, e Dandy Brown per il disco “Sky island” degli Yawning Sons, ed è un gran bel sentire. Le coordinate sonore dei Lorquin’s Admiral sono in un ampio territorio fra psichedelia, che è forse la componente più importante, stoner, prog e anche grunge, con un tiro unico, ritornelli che ti entrano in testa e linee di chitarra che sembravano dimenticate dai primi duemila.

Il retroterra musicale dei componenti è sterminato e ciò si riverbera molto bene sulla musica dei nostri, che ha una classe ed un talento difficilmente riscontrabili altrove. La forma delle canzoni è semplice, con un bel ritornello studiato bene e che nella stragrande maggioranza dei casi è davvero azzeccato, ma non sono da meno anche le altre parti delle canzoni. Il gruppo americano rimette a posto molte cose, facendoci di nuovo provare meraviglia per un disco e per musica di grande spessore, proprio quello che manca a tanti dischi contemporanei. Qui c’è un’anima, un modo di fare musica che può anche diventare commerciale perché il disco ha melodie e momenti che possono piacere anche a chi non sia un fan accanito di questi generi, ma è soprattutto un disco elegante, suonato benissimo e con grandi idee sonore.

Psichedelia, stoner, grunge e quel tiro pop che lascia un gusto inconfondibile, ed è presente anche il desert rock. Questo disco possiede tutte le caratteristiche per essere ascoltato più volte e si fa apprezzare per melodia, bellezza e potenza del proprio messaggio. Quando musicisti di questo calibro si incontrano le cose possono andare bene come male, ci si può arrangiare con del manierismo o fare il compitino, qui no, qui si compone e si suona sul serio e maledettamente bene.

BLACK MAGNET 

Da Oklahoma City arriva il terzo disco dei Black Magnet, intitolato “Megamantra” per Federal Prisoner. I Black Magnet sono uno dei maggiori gruppi industrial metal contemporanei, guidando le nuove leve dell’industrial metal americano e questo disco vuole essere quello più incisivo, e ci riesce molto bene. Le influenze musicali del gruppo vanno dai Nine Inch Nails ai Godlflesh, dai primi Alice in Chains ai Deftones, per uno spettro sonoro piuttosto ampio.

Il suono del gruppo di Oklahoma City è magmatico, con una parte elettronica con bassi incessanti, che vanno ad amalgamarsi molo bene con linee di chitarra e di basso distorte e molto cupe, con un cantato molto vicino a quello di Justin K. Broadrick nei Godflesh. Il risultato è qualcosa di molto potente, acido e corrosivo, una nuova visione dell’industrial metal, con una capacità compositiva che si bilancia molto bene fra l’industriale il metal, senza che uno dei due generi prenda il sopravvento, o che sia assente.

Ascoltare “Megamantra” è quel piacere che si aveva quando si ascoltavano i Fear Factory quel misto di metal e futuro che faceva intravedere qualcosa di terribile per la razza umana ma di molto bello per il futuro della musica.

Ora il terribile si sta avverando e per fortuna ci sono dischi come questo che continuano a picchiare duro e a portarci dentro neri vortici. La musica dei Black Magnet è la pioggia acida che ci colpisce mentre siamo per strada, la colonna sonora perfetta per i libri del compianto Alan D. Altieri, specialmente quelli del ciclo di “Terminal war” che si accompagnerebbero molto bene a questo disco. Il suono dei gruppo americano è senza tregua, profondo e abissale, uno dei migliori esemplari di industrial metal in giro.

Il disco è stato registrato e mixato all’Earth Anlaogue Studio da  Sanford Parker (Voivod, Yob, Rwake), per poi essere masterizzato da Vlado Meller (Johnny Cash, Prince, Beastie Boys) con un grande risultato, con copertina di Jesse Draxler (Kendrick Lamar, Emma Ruth Rundle, Full Of Hell), cofondatore con Greg Pulciato dei Dillinger Escape Plan dell’etichetta Federal Prisoner che pubblica il disco.

Dolore, acidità, tanta distruzione che pensavamo distopica e che invece è diventata una delle nostre compagnie di vita quotidiane, e questo disco è la perfetta colonna sonora.

 

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