Black metal sinfonico e poesia, elettronica suonata e tenebre doom stoner.
UNALEI
Ritorno discografico di Unalei alias Karim Federico Sanna deus ex machina del progetto, David Folchitto alla batteria e al basso Federico Pistolesi.
“Fato illacrimata sepoltura” è un’opera totalmente autoprodotta ed è la chiusura del ciclo sul Mar Mediterraneo ed è un ulteriore passo in avanti nella poetica unica di Unalei, un’entità musicale che non ha eguali in Italia e non solo. La miscela musicale è composta da un black death metal fortemente sinfonico, o per meglio dire, musica classica fatta con altri mezzi, ma la concezione è pienamente classica e romantica. Il titolo è rappresenta la reazione alla trasformazione della madrepatria ‘Galatea’ in una “matrigna traditrice leopardiana”, quindi ora ci si allontana dai luoghi natii per andare altrove, ma è un andare doloroso e mai lineare.
“Fato illacrimata sepoltura” riprende l’ultima frase del sonetto di Ugo Foscolo “A Zacinto”, dove Foscolo esprime in maniera sublime ed assoluta l’amarezza per una sepoltura lontana dal suo genius loci, dato che il poeta scelse l’esilio dopo che la Repubblica di Venezia venne ceduta alla Francia di Napoleone, mettendo così fine alla storia millenaria della Serenissima. Questa opera è un viaggio doloroso e potentissimo, tra poesia, romanticismo, sturm and drang, e il perfezionamento musicale e poetico dopo il già ottimo “Galatea”, che venne pesantemente influenzato dall’epidemia di covid, con tutto il corollario che ognuno di noi già conosce.
Unalei è un unicum nel panorama musicale, un qualcosa di antico fatto con mezzi moderni, un adattare in maniera molto adeguata il black metal e la musica sinfonica ad un sentimento che viene direttamente da un cuore antico, proiezione di altri tempi che conoscevano già la risposta ai nostri tormenti. Un’altra tappa di un viaggio unico e bellissimo.
FILARMONICA FLUIDA
“Dream machine” è il nuovo ep di Filarmonica Fluida per Brutture Moderne, ed è un progetto molto interessante di elettronica sperimentale che si interfaccia con trame nuove e mai scontate, per un risultato notevole. Filarmonica Fluida è un progetto nato nel 2022 dalla volontà del polistrumentista Filippo La Marca, durante una residenza artistica presso il Duna Studio di Andrea “Duna” Scardovi, a Russi, in provincia di Ravenna.
Come si evince dal nome il progetto vuole essere uno spazio totalmente libero e scevro da obblighi e steccati musicali, e ci riesce pienamente, cogliendo molti interstizi musicali fra vari generi e creandone di nuovi. “Dream machine” è proprio ciò che dice il titolo, ovvero un macchinario che fabbrica sogni, attraverso un’elettronica usata a trecentosessanta gradi e anche di più, limata con amore e con un grande lavoro dietro, facendosi accompagnare da Rosario Lo Monaco alla chitarra, Emanuele Alosi alla batteria, Marco Rossi al basso e Luca Anello alle percussioni/ drum machine, in modo che l’elettronica diventi sempre altra rispetto alla concezione comune che ne abbiamo.
Ascoltando l’ep ci sono momenti molto moderni, e di converso rimandi ad echi antichi quasi prog, generando melodie validissime e viaggi sonori molto particolari e che non finiscono mai, dato che poi generano sempre cose nuove nel cervello dell’ascoltatore.
Un disco così non è certamente comune di questi tempi, dove l’ovvio e il compitino sono le coordinate principali per fare musica in questi tempi assai difficili, ma lavori come questo riportano la musica al centro, e con essa la sperimentazione come sbocco per cose nuove, nuovi inizi e nuovi sentieri sonori. Dentro l’ep ci sono tantissime cose, e se ne scoprono di nuove ascolto dopo ascolto in un crescendo che monta sempre.
VOID KING
“The Hidden Hymnal – Chapter II” su Argonauta Records è il nuovo lavoro degli americani Void King. Il muovo disco prende le mosse dal precedente ““The Hidden Hymnal” pubblicato nel 2023 sempre sull’italiana Argonauta Records, ed è la continuazione di un viaggio musicale molto profondo fra doom, stoner, qualcosa di sludge, e molte tenebre. La forza del gruppo di Indianapolis è quella di creare composizioni sonore molto elaborate e al contempo minimali e struggenti, dove l’ascoltatore sente quasi fisicamente cosa vuole esprimere il gruppo.
Lo stesso gruppo consiglia giustamente l’ascolto complessivo del disco, dato che la sua interezza riesce a delinearne completamente la forza e la portata. Ogni traccia è un mondo che insieme agli altri mondi si fonde in un universo creativo particolare, tenebroso e potente, dove ognuno può trovare molte cose.
“The Hidden Hymnal – Chapter II” è un disco che tocca molti suoni e generi diversi, prende le mosse da un doom altro per arrivare ad una commistione fra doom e stoner, un punto di arrivo difficile da descrivere a parole, un qualcosa di profondamente loro e che li distingue immediatamente dagli altri gruppi, una narrazione pesante e profonda.
L’unione di voce e strumenti qui assume un aspetto molto importante, tornando ad un aspetto fisico della musica che a volte sembra quasi essere dimenticato in un’epoca di fruizione di musica compressa per essere diffusa più capillarmente. Qui c’è il dolore, gli ampli a manetta, il sudore e la potenza della creazione, uno dei cuori della musica pesante, per un gruppo molto particolare che alza sempre l’asticella ad ogni nuova uscita.