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Recensione : Stench – Venture

Un lavoro ricco di pathos ed atmosfere old school da parte degli svedesi Stench.

Stench – Venture

Agonia Records è una label polacca specializzata in metal estremo che, ultimamente ha rilasciato ottimi lavori tra cui questo Venture, ultimo parto malefico degli svedesi Stench.

Il trio nordico è al secondo full-length dopo “In Putrescence” del 2010 e due EP, l’esordio “Reborn in Morbidity” dello stesso anno e “Stench”, che precede di poco quest’ultimo lavoro.
Il death metal dei nostri è molto scarno e si rifà al ai primi anni novanta, quando era suonato nelle estreme terre del nord europa con non pochi riferimenti al black e con un oscuro fascino old school.
Mai troppo veloce, ma glaciale, il sound nel corso di questa quarantina di minuti rimane ancorato su tali coordinate, lasciando al growl demoniaco di Mikael Pettersson di interpretare il ruolo di Caronte traghettandoci nel mondo oscuro di Venture e dei suoi sette diabolici brani.
Pochi attimi nei quali il sound si fa introspettivo e molte concessioni al black/thrash di scuola europea fanno di Venture un buon lavoro di genere che, partendo dall’ottima Archways, ci consegna un lotto di canzoni oscure, dagli ottimi cambi di tempo, che vagabondano tra il metal estremo dal fascino vintage e richiamano alla mente i lavori di Nifelheim e Bathory.
Il punto più alto di questo lavoro lo si trova nell’accoppiata Small Death / Celebration, brani che ne costituiscono l’anima, la prima con riferimenti al thrash ottantiano, la seconda progressiva nel suo incedere e nei frequenti cambi di atmosfere racchiusi nei suoi nove minuti di durata, nei quali il trio riesce a superarsi con una prova magistrale.
Celebration racchiude il verbo Stench, inglobato nel suo spartito, ottimo esempio del sound particolare del gruppo scandinavo; un death dai rimandi black quindi, dai tratti cupi e dalle iniezioni di thrash, con un’ottima predisposizione ad atmosfere ricche di pathos e repentini cambi di tempo che fa di Venture un album consigliato a quegli amanti dell’estremo che non digeriscono i molti orpelli rinvenibili sui lavori di oggi: in sintesi, un disco di altri tempi, affascinante e assolutamente da non perdere

Tracklist:
1. Archways
2. The Vast
3. Road
4. Small Death
5. Celebration
6. Way
7. Venture

Johannes Andersson – Drums
Jonathan Hultén – Guitars
Mikael Pettersson – Vocals

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